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La propaganda dell’Isis e la vera guerra da combattere

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L’analisi

La propaganda dell’Isis e la vera guerra da combattere

Proviamo a immaginare, dopo l’uccisione ad Aleppo del portavoce del Califfato Al Adnani, che venga aperto un Ufficio propaganda anti-Isis. Perché sarebbe pericolosamente illusorio pensare che la morte di uno dei leader dell’organizzazione ma anche il suo arretramento territoriale e un’eventuale sconfitta possano costituire la fine di un’ideologia jihadista che si è diffusa negli ultimi decenni dall’Afghanistan all’Iraq, dal Medio Oriente all’Asia centrale, all’Africa, fino a entrare mortalmente dentro l’Europa. Gli esempi del contrario sono diversi, a partire da Al Qaida, casa madre in Iraq dell’Isis: l’uccisione di Osama Bin Laden ad Abbottabad in Pakistan nel 2011 non fu la fine del gruppo terroristico come non lo era stata la perdita dei santuari afghani dopo le Torri Gemelle e la guerra del 2001. Al Qaida non solo si è ricostituita in Yemen, ha continuato a operare in Iraq, nel Maghreb e nella fascia sub-saheliana e in Siria ha dato vita al fronte Jabath al Nusra - serbatoio di combattenti per lo stesso Califfato - sostenuto da turchi e sauditi, che adesso si sta riciclando per uscire dalla lista nera dei gruppi terroristi ed essere utilizzato dagli Usa in chiave anti-iraniana e anti-russa.

Quando si parla di propaganda anti-jihadista bisogna sempre ricordare che una delle origini di questa storia è stata proprio la strumentalizzazione dei militanti islamici iniziata nel 1979 quanto l’ex Urss invase l’Afghanistan. Gli eroi di ieri, i mujaheddin afghani che sconfissero allora l’“Impero del male”, sono diventati i “barbari” di oggi, pronti adesso, almeno in parte, a entrare in un nuovo programma di candeggio nella lavatrice della geopolitica come qaidisti “buoni”, quelli che servono e sono alleati dei nostri partner economici. Anche questo significa la battaglia di Aleppo, la “dottrina Erdogan” per far fuori l’Isis ma soprattutto i curdi, le ambigue posture americane e della Russia di Putin. Non meravigliamoci troppo se il jihadismo potrà sopravvivere alla disfatta dell’Isis. Tutto dovrebbe essere materia di comunicazione per un onesto Ufficio propaganda anti-Isis. L’Isis si è autoproclamato Stato Islamico perché afferma di imitare la prima comunità musulmana che propagò la nuova religione fondata dal Profeta Maometto con una serie di straordinari successi militari.

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