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I 5 Stelle e i conti col giustizialismo

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POLITICA 2.0

I 5 Stelle e i conti col giustizialismo

Il Sindaco di Roma, Virginia Raggi. (Imagoeconomica)
Il Sindaco di Roma, Virginia Raggi. (Imagoeconomica)

La corda che stringe la Raggi non è stata preparata da altri ma dai 5 Stelle. Dire, come pure dicevano, che un avviso di garanzia è già condizione per le dimissioni, è ciò che oggi mette in crisi Roma. E che metterà in crisi il Movimento perché se quello sarà il criterio, difficilmente intorno a loro si formerà una classe politica nuova e competente. A meno di reclutare solo ex magistrati.

I fronti ieri erano due. Innanzitutto l’ammissione da parte dell’assessore Paola Muraro di essere a conoscenza, già dal 18 luglio, dell’iscrizione nel registro degli indagati e di aver informato la Raggi. E pure la sindaca dice di averne parlato con i vertici del Movimento ma di essere andata avanti in attesa di conoscere le carte. E qui si torna indietro, esattamente allo stesso punto che ha scatenato le polemiche sul sindaco di Livorno Nogarin. Anche in quel caso la “difesa” dei vertici è stata quella di aspettare di leggere le carte ma non è affatto chiaro con quali criteri dovrebbe maturare la scelta di dimettersi o restare. Per quali reati? A quali condizioni?

Ancora non si capisce come intendano regolarsi i 5 Stelle, sta di fatto che se la strada che sceglieranno è quella di fermarsi all’avviso di garanzia per decidere la sopravvivenza o meno di un sindaco, governare – per loro - diventerà un’impresa. Non ci sono solo le ragioni garantiste ma ci sono quelle pratiche che non dovrebbero sfuggire a chi intenda gestire l’amministrazione pubblica soprattutto se è complessa e melmosa come quella della Capitale. Mettere le mani in settori che per anni sono stati inquinati dal malaffare, come il trasporto o la raccolta dei rifiuti, comporta il rischio di finire nei fascicoli di indagine. E se i 5 Stelle decideranno di adottare il principio che basta l’iscrizione al registro degli indagati per fare un passo indietro, difficilmente intorno a loro si formerà una nuova classe politica all’altezza.

Chi ha competenza e professionalità preferirà metterle a disposizione di altri mestieri piuttosto che rischiare di essere cacciato al primo tornante. E questo aspetto, quello della squadra, non è secondario per un Movimento che ambisce al governo nazionale. A meno che non scelgano di reclutare la classe dirigente prevalentemente tra magistrati o ex magistrati. Ma quale autonomia politica resterà al Movimento? Questa è la prima riflessione che la crisi di Roma consegna ai 5 Stelle, decidere se fare un salto verso la complessità del governare attraendo competenze ma rivedendo uno dei “miti” che li ha generati, quello giustizialista.

Qui si arriva all’altro fronte della crisi. Dopo le dimissioni dell’assessore al Bilancio, la sindaca ha comunicato la nuova nomina: Raffaele De Dominicis ex procuratore della Corte dei Conti del Lazio. Un magistrato contabile ma qui il punto è come è nata la sua nomina. Perché il neo assessore ha fatto sapere di essere stato contattato non dalla Raggi ma da un suo amico, l’avvocato Sammarco che gli ha proposto l’incarico e lui ha accettato. Ecco, l’avvocato in questione è il fratello del difensore di Previti presso il cui studio anche la sindaca fece pratica. E qui che c’è l’altro punto di crisi dentro i 5 Stelle. Un altro “mito” che si appanna, quello di un Movimento nato dal basso fatto di uomini nuovi, senza contaminazioni. È evidente che nella Capitale questo non sta accadendo e che i legami col passato resistono, dallo studio Sammarco al ruolo di Raffaele Marra già a fianco di Gianni Alemanno. Cominciare a chiarirli è meglio che scoprirli grazie alla correttezza del neo assessore.

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