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La lunga crisi di fiducia degli italiani

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dal ’92 a oggi

La lunga crisi di fiducia degli italiani

(Ansa)
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Le difficoltà attuali dei 5 Stelle hanno un significato che va oltre Roma e oltre le sorti del movimento fondato da Beppe Grillo. In un certo senso, la fase attuale rappresenta un evento storico perché chiude un cerchio che si era aperto 25 anni fa con la conclamata crisi di fiducia degli italiani nel loro sistema politico e apre un potente interrogativo su che cosa succederà ora.

L’origine di un cambiamento che ha trasformato il rapporto tra gli italiani e la politica va trovata nel 1992. È l’anno in cui, per la prima volta dalla fine degli anni Sessanta, lo Stato chiede ai cittadini più soldi di quanti ne restituisca. Per la prima volta infatti il bilancio primario dello Stato (al netto degli interessi sul debito) diventa positivo, con la prospettiva di restarlo per tutti gli anni a venire. Si tratta di una condizione di ovvio disagio per i cittadini, chiamati a pagare più tasse e a ricevere meno servizi, proprio quando scoppia lo scandalo della corruzione dei politici. La credibilità della politica precipita proprio quando il suo costo pesa maggiormente. I cittadini italiani capiscono che – a causa del debito pubblico – il costo dello Stato (banalizzato nel costo della politica) è destinato a restare troppo alto in permanenza. Inevitabilmente in Italia comincia a maturare un sentimento anti-establishment che non avrebbe più smesso di rafforzarsi.

La stabilità politica ed economica del Paese diventa precaria. La lira finisce sotto attacco, mentre il grado di estrema sfiducia degli italiani nella vita collettiva del Paese rischia di tradursi in un crollo dell’economia. Sorprendentemente, il crollo non avviene. Il vuoto di fiducia nel Paese viene infatti compensato da una narrazione politica fin lì del tutto inedita: quella della fiducia nel Paese all’interno di un progetto europeo. Sono d’altronde i mesi in cui prende vita la prima fase dell’unione economica e monetaria. L’Italia che ha appena svalutato la moneta ricava un forte impulso economico dal commercio con l’Europa.

Gli italiani, famiglie e imprese, per quanto eccezionalmente critici sul loro Paese, vedono chiaramente la prospettiva che l’Italia trovi salvezza all’interno di una cornice istituzionale salda e ispirata a criteri di ordinata gestione della cosa pubblica.

La leadership di quegli anni viene affidata in gran parte ad economisti (Ciampi, Dini, Prodi) che sono in linea con il progetto europeo di integrazione. Le critiche anti-establishment si attenuano e si risolvono nelle mozioni secessioniste della prima Lega o nel linguaggio ibrido di Forza Italia.

Nonostante una fase politica che resta turbolenta, gli effetti sull’economia sono relativamente contenuti. La svalutazione ha effetti eclatanti ma di breve durata, quanto agli investimenti nel nostro Paese – la base dello sviluppo – il loro tasso di incremento resta modesto ma costante negli anni. La prospettiva europea offre per 15 anni il grado minimo di certezza che giustifica l’impiego di capitale di lungo termine in Italia nonostante le carenze istituzionali e il clima politico degradato del Paese.

Nel 2008 lo speciale meccanismo italiano di compensazione della sfiducia “nazionale” con la fiducia “europea” si interrompe bruscamente. La crisi finanziaria e i brutali riflessi sull’euro-area si scaricano su un Paese che si dimostra più fragile degli altri non per colpa dell’euro, ma per un debito pubblico che torna a essere instabile.

La crisi porta una perdita di reddito del 10% in pochi anni incrinando appunto quella “fiducia nell’Europa” che aveva permesso di compensare la “sfiducia nell’Italia”. Il quadro di certezza nel futuro dell’Italia si rompe e, di colpo, il volume annuo degli investimenti cala del 30%, uno shock che non ha equivalenti nelle economie sviluppate. Un nuovo protagonista politico riflette la nuova combinazione di “sfiducia nell’Italia” più “sfiducia nell’Europa”: il Movimento 5 Stelle che raccoglie l’insoddisfazione maturata nei 25 anni passati e quella più recente causata da una crisi che erode la narrazione compensativa europea, diventando il primo partito del Paese.

Da 25 anni, i grandi cambiamenti di sentimento politico in Italia sono stati dettati da sentimenti di sfiducia. In tale contesto, buono o cattivo, ispirato o disperato, il progetto europeo, cioè la convergenza del Paese verso gli altri Paesi stabili dell’area europea, ha rappresentato una proposta costruttiva. In un certo senso la fragilità dei Cinque Stelle riflette proprio l’incapacità di formulare una proposta alternativa. A loro merito va il riconoscimento di non aver ceduto alla tentazione di una proposta autarchica o esplicitamente fascista. Ma se la crisi dei Cinque Stelle dovesse approfondirsi, si aprirebbe il problema di come far sviluppare in forma costruttiva la sfiducia che è stata radicata nell’opinione pubblica italiana.

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