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politica 2.0

I «no» di Grillo alla Raggi ma ora il punto è chi decide sulla Capitale

Il «no» al neo assessore al Bilancio che deve lasciare, il «no» alle Olimpiadi, le dimissioni del mini direttorio. Grillo prova il rilancio su Roma tornando allo spirito delle origini ma la prima vittima sembra essere la Raggi. Quale credibilità ha la sindaca se solo tre giorni fa presentava De Dominicis come figura di «primo rilievo»? E quali margini di autonomia le restano sulla scelta del nuovo assessore?

Nemmeno ieri Virginia Raggi ha incontrato Grillo ma i “no” del fondatore del Movimento le sono arrivati forti e chiari. Non è stata la sindaca a decidere sul neo assessore De Dominicis, né è stata lei a esprimersi definitivamente sul “no” alle Olimpiadi. I suoi margini decisionali appaiono ridotti, compromessi, conseguenza immediata di quel “vigileremo” che lo stesso Grillo aveva promesso alla piazza di Nettuno mercoledì sera. Le scelte prese ieri sono chiare e imprimono una traiettoria alla Capitale: un ritorno all’ortodossia dei 5 Stelle, al segno identitario che li ha portati fino al Campidoglio e che in questi mesi si è appannato tra bugie e una squadra troppo lontana dai codici etici grillini.

Si torna indietro ma intanto Roma non ha ancora un assessore al Bilancio, come se il Governo non avesse il suo ministro dell’Economia. Perché ieri la tegola che è caduta addosso alla Raggi ha la faccia del neo assessore De Dominicis nominato solo tre giorni fa da una sindaca fiera della scelta. Dopo l’uscita di Minenna aveva annunciato con un video il nuovo responsabile come una figura di primo rilievo, un magistrato che si era occupato di inchieste come parentopoli o affittopoli, insomma, un curriculum del tutto coerente con gli standard dei 5 Stelle. E invece si è scoperto che c’è un’indagine a suo carico per abuso d’ufficio e quindi la nomina è saltata. «L’ho appreso oggi», diceva la sindaca che a qualche mese dal suo insediamento è ancora alle prese con una scelta prioritaria per il Comune che ha 13 miliardi di debiti. E non è finita perché l’altra spada di Damocle che pende sulla giunta è quella dell’assessore all’Ambiente Paola Muraro, anche lei nel registro degli indagati e su cui continua lo stillicidio di indiscrezioni.

A questo punto il tema è chi decide a Roma? Il mini direttorio ha fatto un passo indietro mentre Grillo ha riunito i vertici nazionali cercando di ricompattare la struttura portante del Movimento. Si è accorciata la catena delle decisioni su Roma? Ecco se la strategia del ritorno alle origini è chiara e necessaria, non si capisce a questo punto come si faranno le scelte nella Capitale. Quel “vigileremo” a chi compete? E chi deciderà ora il nuovo assessore al Bilancio? Grillo e Casaleggio junior o il direttorio? Insomma, uno dei nodi di questa vicenda è che il Movimento non riesce ad “affidarsi” ai suoi sindaci: Pizzarotti sembrava un caso isolato ma ora tocca alla Raggi.

Una decisione definitiva intanto è stata presa dal vertice di ieri tra Grillo e il direttorio sulle Olimpiadi: un no necessario dopo questi giorni di bufera che riporta i 5 Stelle sul loro solco dialettico, allontanare il malaffare. «Sarà secco e chiaro, farà tremare il potere», diceva Di Battista che da questa vicenda sembra quello che ha incassato i maggiori dividendi politici. Il punto è che anche senza Olimpiadi, Roma andrà governata.

È vero quello che diceva Roberto Fico l’altra sera in piazza: difficoltà il Movimento ne ha avute e le ha superate ma questa è un’altra storia, è una storia che riguarda la capacità di governare la Capitale avendo i riflettori puntati anche a livello internazionale. Qualche tempo fa Grillo aveva ammesso che il Movimento non era pronto a governare il Paese nel 2013, quando non vinse le elezioni per un soffio. Ora ci sono.

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