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La Babele Europa e i cocci dell’Unione

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dopo il vertice di atene

La Babele Europa e i cocci dell’Unione

Ansa
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Doveva essere il vertice della ricostruzione, della ritrovata unità europea a 27 dopo l’umiliante schiaffo di Brexit: il momento per celebrare l’avvenuta selezione naturale virtuosa tra partner, capace di ricomporre i cocci di coesione e reciproca fiducia perdute, inseguendo la coalizione dei volonterosi alla ricerca di obiettivi e ambizioni comuni.

invece tra una settimana a Bratislava si rischia di vedere lo spettacolo opposto: 27 leader cui è caduta la maschera, certo riuniti senza gli inglesi come da sempre sognano i federalisti, ma inermi intorno al vaso di Pandora scoperchiato di diffidenze e divisioni fuori controllo. Ieri sono uscite allo scoperto con violenza rara e inconsulta. Dal 22 agosto, dalla triplice di Ventotene tra Italia, Francia e Germania in avanti, è stato un florilegio continuo di incontri preparatori nel tentativo di armonizzare le posizioni.

Angela Merkel ha visto in bilaterale ben 13 leader di Paesi del Nord e dell'Est dell'Unione. Si sono riuniti i quattro di Visegrad, Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia per presentare al vertice una linea comune: Europa nuova, rifugiati alla porta. Messaggi tutti quasi sempre dissonanti, Babele delle lingue inevitabile sullo sfondo di interessi troppo spesso divergenti. Senza drammi apparenti.Invece ieri è successo il finimondo quando il primo ministro greco Alexis Tsipras ha convocato ad Atene il vertice dei sette Paesi mediterranei, presenti la Francia con François Hollande, l'Italia con Matteo Renzi, i premier di Portogallo, Malta e Cipro, la Spagna con un sottosegretario.

A Berlino la riunione è stata presa come una provocazione, un atto sovversivo. E giù contumelie senza freni: un «segnale di irresponsabilità, Hollande e Renzi si fanno manipolare da Tsipras» ha tuonato Manfred Weber, il capogruppo del Ppe all'europarlamento. «Quando i leader socialisti si incontrano per lo più non esce niente di intelligente», ha tagliato corto da Bratislava Wolfgang Schäuble, il potente ministro delle Finanze tedesco. «Una coalizione di redistributori che minaccia la stabilità finanziaria dell'Europa» ha sparato Markus Ferber, altro tedesco, eurodeputato della Cdu sottolineando che oggi, dopo l'uscita di Londra, il fronte mediterraneo detiene la minoranza di blocco nell'Ue, cioè è in grado di paralizzarne le decisioni.

Al di là dello sgradevole scambio di insulti, è quest'ultimo il vero problema, la miccia che ieri ha dato fuoco alle polveri. Finora il fronte del Nord, capeggiato dalla Germania, è sempre stato in grado di fare il bello e il cattivo tempo nell'Unione, dal patto di stabilità, alla politica economica a quella migratoria. Il Sud, indisciplinato ma il più provato dalle multi-crisi europee, finora è sempre stato più o meno costretto ad abbozzare.

Poi il Masaniello del gruppo, il pariah che si voleva cacciare insieme alla Grecia, riesce a coagulare lo schieramento mediterraneo sulla Carta di Atene, che auspica meno austerità, più solidarietà e unità in un'Unione più equilibrata e sensibile ai problemi ma anche al valore aggiunto del Sud.

Naturalmente il G-7 mediterraneo è un'alleanza tutta da verificare: Francia e Spagna sono sempre state ambivalenti nelle scelte di campo, più orientate verso Berlino che Atene. Le elezioni dietro l'angolo non aiutano, intorbidano la politica.

Ma l'inattesa irruzione sulla scena di un corpo estraneo, composto da Paesi considerati, chi più chi meno, dei sorvegliati speciali a sovranità limitata, tollerati nell'euro quasi sempre obtorto collo e comunque sempre in bilico, scatena instabilità psicologica prima che politica nei grandi decisori di un'Unione in grave difficoltà. Le frasi scomposte di ieri ne sono la prova evidente, inquinata però del solito elettoralismo populista che impazza anche a Berlino.La frattura Nord-Sud però è reale, ribadita ancora ieri all'Ecofin: Schäuble ha bloccato la riforma del patto di stabilità e dell'euro per evitare derive a suo dire lassiste. Già l'indebolimento di Angela Merkel in casa faceva temere il biennio bianco per Brexit e riforme in Europa in attesa delle verifiche elettorali in Olanda, Francia e Germania. Ora il sussulto mediterraneo con il suo reato organizzato di lesa maestà rischia di scavare un fossato ancora più profondo intorno al muro delle incomprensioni europee. In un club illuminato il gesto potrebbe avere una ricaduta positiva, creando un'occasione di confronto e autocritica costruttiva. Purtroppo l'Unione oggi si arrocca sulla disciplina interna perché insieme ormai non riesce a fare altro. Né ci prova.

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