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Il Banco Napoli, la Sga e i vecchi azionisti

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Il Banco Napoli, la Sga e i vecchi azionisti

Il dibattito aperto dai professori Luigi Zingales e Adriano Giannola sul Sole 24 Ore nel corso del quale sono stato chiamato in causa con riferimento alla mia audizione presso la Commissione V Bilancio e programmazione della Camera dei deputati il 26 luglio 1999, mi induce, dopo anni di silenzio, a ripercorrere quel periodo fornendo qualche ulteriore elemento di valutazione su vicende che coinvolsero la direzione generale della Produzione industriale del ministero dell’Industria commercio e artigianato.

Agli inizi degli anni 90 – certamente per una crisi di identità, per difetto di presenza politica delle regioni meridionali, lo sfinimento delle politiche di programmazione, ma anche per il sorgere di nuove forze partitiche nel Nord del Paese – dopo numerosi decreti di rinnovo, il finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno fu lasciato decadere. Il rallentamento e il completo arresto dell’attività della Cassa, fra l’altro, mise in crisi circa 18.500 aziende, privandole dei contributi previsti per legge: anticipo del 50% del contributo in c/capitale, erogazione delle successive quote in conformità agli stati di avanzamento ed erogazione del contributo in c/interessi sui mutui accordati del sistema bancario.

Il sistema bancario – e in particolare il Banco di Napoli che, nonostante la congiuntura sfavorevole del triennio 92-94 e la non trasparente e rigorosa gestione, aveva consentito la prosecuzione delle azioni e delle iniziative avviate dalle aziende, in attesa che il Parlamento decidesse sulla materia – entrò in profonda crisi, non registrando il rientro dei pre-finanziamenti accordati.

La maggior parte di quelle aziende, in uno Stato che non faceva fronte agli impegni, aveva completato le iniziative finanziandole a tassi di mercato, spesso a due cifre (al 31 marzo 1995 su 12.400 iniziative dichiarate ammissibili 7.500 avevano completato al 100% l’iniziativa, 2.500 certificavano la realizzazione compresa fra il 50% e il 100%).

La ripetuta negazione da parte del Parlamento di risorse attribuibili alla Cassa, come sollecitato anche dalla Commissione della Cee, fu superata dopo l’intesa Pagliarini–Van Miert che previde la trasformazione del provvedimento di rifinanziamento dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno nella legge 488/92 che consentiva l’assegnazione di risorse in precedenza destinate a quelle regioni, in favore di nuove priorità nazionali quali le crisi industriali che colpivano alcune aree del Nord e alcune aree montane delle regioni settentrionali.

La crisi del Banco di Napoli, la dispersione della sua consistenza patrimoniale e la creazione della Sga fu la risposta operativa che si volle dare. Sulla gestione di questa bad bank e sulle risorse rivenienti dalla saggia gestione della Sga desidero solo ricordare che il comma 2 dell’art.2 del Dl 497/46 disponeva un ristoro da riconoscersi a soggetti titolari dei diritti di opzione non esercitati, il diritto al corrispettivo (da determinare anche sulla base del prezzo realizzato a seguito delle dismissioni delle partecipazioni di controllo ridotto del capitale conferito dal Tesoro aumentato degli interessi calcolati al prime-rate Abi con successive correzioni del valore in funzione degli eventuali utili di bilancio realizzati e no, come maliziosamente viene indicato nei cinque anni successivi).

La legge 19.11.1996 n. 588 prevedeva disposizioni in favore dei vecchi azionisti per compensare quanti in buona fede e in relazione alle particolari condizioni della partecipazione agli utili aziendali prevista per questa categoria demandava la disciplina attuativa a provvedimenti del ministero del Tesoro, che sarebbero dovuti essere emessi in virtù dell’art. 2 comma 2.

La mancata emissione del provvedimento atteso, che fra l’altro rendeva obsoleto il termine fissato per l’esercizio del diritto sotto pena di decadenza, introduce nel dibattito elementi di riflessione alla luce delle recenti indicazioni che vorrebbero uno strano impiego di quelle risorse.

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