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Europa, una seduta di autocoscienza collettiva

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Europa, una seduta di autocoscienza collettiva

Secondo l'ultima indagine di Bank of America, nell'opinione dei grandi gestori di fondi globali oggi la disintegrazione dell'Europa è il maggiore dei rischi gravi ma non improbabili per la stabilità mondiale: precede l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca e una nuova svalutazione in Cina.
Dopo aver scorrazzato per anni e con metodo nel magico mondo dell'irrealtà scambiandolo per l'esorcismo risolutivo di una crisi strutturale invece sempre più straripante, oggi anche l'Europa pare aver preso coscienza del suo pessimo stato di salute e finalmente intenzionata a fare i conti con sè stessa. Lo shock Brexit, violento e inatteso, è stata un brusco risveglio che l'ha scaraventa giù dal suo Olimpo illusorio. Terrorismo, marea migratoria inarrestabile, nazionalismi ed euroscetticismo in costante ascesa hanno fatto il resto insieme a crescita debole e troppi disoccupati.

E così oggi a Bratislava i 27 leader dell'Unione, per la prima volta senza la Gran Bretagna, si ritrovano per tentare di invertire il corso della storia e ritrovare un futuro certo insieme. E così, come ai vecchi tempi quando l'Europa andava avanti invece che indietro, la coppia franco-tedesca si è ritrovata ieri all'Eliseo per provare a dare la linea, a rimettere insieme le tessere del grande disordine.
«L'Europa si trova in un momento molto decisivo. Dobbiamo affrontare preoccupazioni, speranze e desideri della gente ma farlo in modo realistico», ha detto Angela Merkel. «Brexit non è una crisi ma la crisi che potrebbe minacciare l'esistenza dell'Unione» ha dichiarato François Hollande. «La storia non ci giudicherà sui nostri errori ma sulla forza della nostra volontà e delle nostre convinzioni», ha avvertito Jean-Claude Juncker davanti all'europarlamento. Non ancora un programma politico comune ma una specie di seduta di autocoscienza collettiva a 27 alla ricerca di reciproca fiducia e concordia perdute, dei minimi comuni denominatori indispensabili per ricominciare e ricostruire.

Tre le priorità da affrontare: sicurezza alle frontiere e difesa con l’attenzione puntata anche sulla lotta al terrorismo, politica migratoria, crescita, investimenti e politiche anti-disoccupazione giovanile. Sono tutti temi che toccano i nervi scoperti di una società disorientata, impaurita, espropriata di un presente sicuro e di futuro certo. Ma sono anche tutti temi scanditi dalla profonda conflittualità di interessi e ambizioni tra Nord e Sud, tra Est e Ovest dell’Unione.
La secessione britannica con tutte le sue incognite, per gli inglesi e per gli europei, può dare una spinta alla ricostruzione a 27 ma non può essere il collante della nuova Europa a 27. Semmai rischia di essere il detonatore che mette ancora più a nudo le divisioni degli altri. Che siamo noi.

Il vertice di Bratislava non promette miracoli, perché sa di non poterli fare. In attesa del nuovo vertice Ue di dicembre e di quello di marzo in Italia nel sessantesimo del Trattato di Roma, proverà però a elaborare una tabella di marcia con tempi e modi per raggiungere per gradi gli obiettivi comuni.
Anche questa ambizione minore non sarà facile da realizzare. Perché non è chiaro quanto sincera oggi sia la volontà di riconciliazione collettiva nonostante tutti, sia pure in modo confuso, avvertano l’esigenza di non affondare l’Europa di cui, nonostante tutto, tutti hanno bisogno.

Lo scontro Est-Ovest farà scintille se il Lussemburgo reitererà l’auspicio dei giorni scorsi di espellere dall’Ue l’Ungheria, colpevole di non rispettare i valori europei per aver indetto un referendum per dire sì o no alle quote di redistribuzione dei rifugiati. D’altra parte il gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia) intende battersi sia per bloccare i flussi migratori in Bulgaria dalla Turchia sia per «rafforzare la legittimità degli Stati nazione», pur aprendo su esercito europeo e Frontex rafforzato.
Le frizioni Nord-Sud sono assicurate dopo gli attacchi tedeschi al recente vertice dei 7 mediterranei promosso dal greco Alexis Tsipras e alla luce degli eterni diverbi su stabilità e crescita, su flessibilità e regole, su investimenti e raddoppio del piano Juncker urgenti per stimolare la crescita troppo lenta e la pace sociale in bilico.

A parte il cantiere dell’euro-difesa che si vedrà come e quando verrà aperto e messo effettivamente al lavoro, tutti gli altri temi sono arci-noti e da sempre arci-divisivi. Non aiutano le prossime elezioni in Olanda, Francia e Germania che riducono tutti i margini di manovra. Per questo, se ci sarà, il calendario di Bratislava sarà comunque una conquista. Da verificare in seguito sul campo, naturalmente ma un primo segnale in controtendenza. Non sarebbe poco in questi tempi europei tanto grami.

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