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L’ostinato autocompiacimento della Federal Reserve

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L'Analisi|Global view

L’ostinato autocompiacimento della Federal Reserve

La Federal Reserve sta davvero ripetendo il grande errore dell’era ante-crisi, liquidando con sufficienza le perplessità sulla sua capacità di reagire alle recessioni? Jared Bernstein del Washington Post la pensa così, e anch’io.
Come sottolinea Bernstein in un recente articolo (lo trovate qui: wapo.st/2cfcqCQ), la linea di pensiero corrente sembra riflettersi in un saggio dell’economista David Reifschneider, che sostiene che nel momento in cui arriverà la prossima recessione il tasso sui federal funds sarà tornato a un livello che lascia margine di manovra sufficiente per tagliarlo. La tesi è esposta in maniera attenta e sistematica. Ma come dice Bernstein, se è sbagliata in uno dei tanti modi plausibili in cui potrebbe esserlo (per esempio il tasso naturale di interesse oggi è molto più basso che in passato), le cose potrebbero mettersi molto male.
E non posso fare a meno di ricordare un saggio del 1999 di Reifschneider e del suo collega John Williams sugli obbiettivi di inflazione e il rischio di arrivare allo zero lower bound (lo potete leggere qui: it.ly/2bCc49z). La conclusione dei due economisti era che un obbiettivo del 2 per cento era sufficiente a rendere questo pericolo trascurabile: probabilmente i tassi a zero sarebbero stati vincolanti solo nel 5 per cento dei casi, e gli episodi di tassi a zero sarebbero durati mediamente solo quattro trimestri.
E invece siamo appena passati per un episodio di tassi a zero lungo 8 anni (32 trimestri), più di un quarto del tempo che è passato dall’inizio della Grande Moderazione. Insomma, quell’interpretazione ottimistica era clamorosamente fuori bersaglio.
Quella cantonata non dovrebbe consigliare alla Fed un po’ di cautela oggi?

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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