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Gli spazi stretti sulla flessibilità

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L'Analisi|Italia

Gli spazi stretti sulla flessibilità

Nella partita sulla flessibilità, il Governo si muove sul doppio binario della trattativa politica e dei margini in sede tecnica da sondare nelle pieghe del Patto di stabilità.

Dopo lo “strappo” di Bratislava, e i rinnovati rilievi critici del presidente del Consiglio, Matteo Renzi all’austerità e alla politica dell’immigrazione, si parte da alcuni punti fermi e da non poche incognite. Tra i punti fermi, Renzi ha incassato la rinnovata disponibilità del numero uno della Commissione europea, Jean Claude Juncker a verificare tutti i margini possibili per avere anche nel 2017 uno spazio di manovra, sotto la forma dell’incremento del deficit dal programmato 1,8% del Pil verso il nuovo obiettivo del 2,3-2,4 per cento. Apertura tutta politica, che ora va verificata sul campo, con l’occhio rivolto soprattutto a Berlino. La palla passa ai tecnici e agli sherpa di Roma e Bruxelles. Preclusa la possibilità di replicare anche nel prossimo anno la strada della flessibilità ricorrendo alle clausole di cui il Governo ha fruito quest’anno (riforme, investimenti, migranti e sicurezza per un totale di circa 14 miliardi, pari allo 0,75% del Pil, il massimo previsto dai più recenti orientamenti sanciti in sede Ecofin), resta da verificare la fattibilità di altre, possibili variabili.

Il Governo è pronto a mettere in campo sia l’effetto sui conti pubblici del marcato rallentamento dell’economia globale, di cui darà conto la stessa Commissione nelle prossime stime autunnali, sia il combinato delle spese straordinarie da sostenere per la ricostruzione nelle zone terremotate e per la messa in sicurezza degli edifici su scala nazionale (il piano “Casa Italia”). Anche la rinnovata enfasi di Renzi sul capitolo della gestione dell’emergenza rifugiati lascia intendere che – come per l’anno in corso – il Governo potrebbe invocare flessibilità per le spese da sostenere nel 2017. La trattativa è in corso e potrebbe anche chiudersi con un margine di deficit aggiuntivo inferiore rispetto agli 8-10 miliardi cui punta Palazzo Chigi.

La sensazione è che, al di la delle prese di posizione ufficiali di due giorni fa a Bratislava (da leggere in chiave di politica interna) gli spazi di manovra non siano del tutto preclusi. La soluzione tecnica per escludere in tutto o in parte le spese strutturali da sostenere per il piano Casa Italia potrebbe rimettere in pista la clausola per investimenti, di cui il Governo ha fruito quest’anno per lo 0,25 (rispetto a un massimo teorico dello 0,5%). Quanto all’impatto della frenata del ciclo economico internazionale su debito e deficit, si tratterebbe di ricorrere (con un’interpretazione “estensiva”), al dispositivo del Patto di stabilità previsto per gli eventi eccezionali, limitato per la verità nell’attuale formulazione a periodi di grave e prolungata recessione. Infine, l’inflazione prossima allo zero, cui il Governo intende attribuire la causa del mancato rispetto dell’impegno a ridurre già da quest’anno il debito. Dal punto di vista tecnico, la soluzione di compromesso è possibile. L’incognita è tutta politica.

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