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Lo spirito di Assisi contro il Dio della guerra

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Il papa :«la guerra non é mai santa»

Lo spirito di Assisi contro il Dio della guerra

Assisi (Ap)
Assisi (Ap)

Venticinque rifugiati, scappati dalle guerre, e arrivati in Italia grazie ai corridoi umanitari. Hanno pranzato accanto a Papa Francesco e agli oltre cinquecento capi religioni affluiti ieri ad Assisi per la cerimonia conclusiva dell’incontro internazionale “Sete di Pace”, a 30 ani dalla prima preghiera voluta da Giovanni Paolo II. Hanno pranzato nel refettorio del Sacro Convento accanto a rabbini, patriarchi, primati, ulema, cardinali e professori, e raccontato le loro storie di sofferenze. La preghiera dello “spirito di Assisi” è ispirata ai milioni di persone che soffrono le violenze dei conflitti. L'incontro, organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, con la diocesi di Assisi e le congregazioni francescane, ha acceso simbolicamente una fiaccola per la fine della «guerra mondiale combattuta a pezzi» come dice Francesco .

«Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa e non la guerra!», ha detto il Papa ad Assisi nel suo discorso conclusivo, pronunciato nella piazza della città umbra, sotto la Basilica di San Francesco, poco prima del calare del sole. Pace vuol dire «perdono, accoglienza, collaborazione e educazione», ha aggiunto: «Siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della diffidenza, dei fondamentalismi e dell’odio. I credenti siano artigiani di pace», ha esortato Francesco auspicando che i leader delle nazioni «non si stanchino di cercare e promuovere vie di pace, guardando al di là degli interessi di parte e del momento».

C’è tutta la forza del messaggio di Bergoglio delle parole pronunciate ieri (in più discorsi, compreso quello della mattina prima di partire): «No al paganesimo dell’indifferenza», dice, la «nostra strada è quella di immergerci nelle situazioni e dare il primo posto a chi soffre, di assumere i conflitti e sanarli dal di dentro... Liberiamoci dai fardelli del fondamentalismo e dell’odio». Come accaduto in passato, attorno al Papa della Chiesa cattolica si stringono i capi delle altre confessioni cristiane (ortodossi e protestanti), di ebraismo, islam, scintoismo, del buddismo e delle religioni indiane. Nell’era dei conflitti combattuti spesso nel falso nome di una religione, il Papa sancisce: «Non esiste il Dio della guerra». E quindi nessuno deve voltarsi dall’altra parte rispetto alla vergogna delle sofferenze causate da guerre combattute in nome di interessi di denaro e potere. «Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi», dice Francesco nella sua meditazione durante la preghiera ecumenica dei cristiani nella basilica inferiore di San Francesco. È uno dei momenti di preghiera che ha visto i credenti delle diverse religioni pregare in gruppi separati, ognuno secondo le proprie tradizioni. Un atto che ha rappresentato la parte pubblica della visita papale nella città di Francesco, dopo il pranzo durante il quale si è festeggiato con una torta il 25° anniversario dell’elezione di Bartolomeo I quale Patriarca ecumenico di Costantinopoli. Bergoglio ha salutato e incontrato tutti i partecipanti – tra cui il filosofo Zygmut Bauman, teorico della “modernità liquida” – prima dell’evento conclusivo, culminato con la firma dell’appello. Nel corso dell’incontro di preghiera sono stati letti i nomi di 27 Paesi in Guerra. Subito dopo il Pontefice, insieme agli altri leader cristiani, ha raggiunto il palco sulla piazza della basilica inferiore dove si sono radunati anche gli altri esponenti delle religioni del mondo per la cerimonia conclusiva. «Abbiamo rivolto la nostra preghiera a Dio, perché doni la pace al mondo. Riconosciamo la necessità di pregare costantemente per la pace, perché la preghiera protegge il mondo e lo illumina. La pace è il nome di Dio», dice l’appello di pace. «Chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra, non cammina nella sua strada: la guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa. Con ferma convinzione, ribadiamo dunque che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso».

L’Appello per la Pace - letto pubblicamente alla fine da una donna buddhista giapponese - è stato poi consegnato dai capi religiosi a un gruppo di bambini (tra cui una bimba siriana arrivata a Roma nel volo del Papa da Lesbo) che a loro volta lo hanno portano ai rappresentanti delle nazioni.

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