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Le sfide cambiano ma l’Europa resta al palo

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L'Editoriale|Editoriali

Le sfide cambiano ma l’Europa resta al palo

Nessuno si illudeva che, dopo decenni di passeggiate nel nulla, a Bratislava l’Europa della difesa si mettesse improvvisamente in marcia a 28 e con convinzione. Pochi però si aspettavano che, dopo Brexit e l’isolazionismo americano che incombe insieme a vecchie e nuove minacce, anche questa volta la riunione informale dei ministri della Difesa celebrasse il trionfo della discordia, il solito paralizzante business as usual.

I problemi cambiano, le sfide si evolvono, l’Europa no.

A parole tutti riconoscono l’urgenza di una seria iniziativa sulla sicurezza tra guerre e instabilità che premono ai confini, le insidie del terrorismo, le pressioni migratorie fuori controllo. Nei fatti niente si muove. Tanto che c’è da interrogarsi sull’utilità dell’annunciato intervento l’11 ottobre a Bruxelles del ministro Roberta Pinotti per presentare all’europarlamento il piano italiano per creare un esercito europeo permanente in grado di rassicurare le pubbliche opinioni. Come sono legittimi i dubbi sul futuro della proposta franco-tedesca per dar vita a un quartier generale, un centro di pianificazione europei per le missioni all’estero nelle aree di crisi, supportati da battaglioni da combattimento temporanei e a geometrie nazionali variabili, da finanziare con fondi Ue.

Certo, l’europeizzazione della difesa è una scommessa ancora più difficile e complessa da realizzare della creazione dell’euro, della cessione della sovranità monetaria. Certo, sull’inconcludenza di Bratislava pesa la tara elettorale, un alibi che ci trascineremo dietro per quasi tutto il 2017 in attesa del responso delle urne in Olanda, Francia e Germania. In attesa di capire che cosa ne sarà di Brexit, con quali conseguenze per l’Unione e le sue tante spinte centrifughe.

Al fondo però c’è la vera malattia dell’Europa di oggi e cioè la convinzione irrazionale ma sempre più prevalente che i problemi, europei o globali, siano più facili da affrontare e risolvere da soli invece che insieme, divisi invece che uniti. E non l’esatto contrario. Lo pensa una parte consistente dell’opinione pubblica ma, quel che è peggio, molti governi si accodano per opportunismo politico.

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