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Un piano per l’alleanza tra cultura e competitività

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Cultura & Società

Un piano per l’alleanza tra cultura e competitività

Governance, trasparenza, un piano strategico per il turismo, e soprattutto investimenti, pubblici e privati. Per raggiungere un obiettivo che appare condiviso: un’alleanza tra cultura e sviluppo, per crescere e aumentare la competitività del paese. Recuperando quella reputazione che manca all’Italia e che si traduce in un danno economico. «Ci sono spazi per un maggiore collaborazione tra pubblico e privato, ma la partita della competitività va giocata immediatamente, abbiamo un gap di decine di anni che va colmato», ha incalzato il presidente della Federazione dei Cavalieri del lavoro, Antonio D’Amato, convinto che «investire in arte e cultura vuol dire dare un valore aggiunto a tutta la filiera produttiva del paese». Investimenti, appunto. Ne occorre un «massiccio piano, pubblici e soprattutto privati»; bisogna «uscire dalla retorica della collaborazione tra cultura e imprese» e far sì che diventi in concreto «un driver di sviluppo», ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Tre sono i principali assi su cui indirizzare le risorse: manifatturiero, turismo e scienze della vita, ha detto il ministro, sottolineando il piano Industria 4.0 di incentivi automatici alle imprese: «Da gennaio sarà il turno degli imprenditori, ognuno faccia la sua parte». Il problema italiano è avere «punte di eccellenza che non diventano però benessere diffuso. È una crescita polarizzata che può portare non solo ad un minore sviluppo, ma ad una crisi politica. Il 2017 sarà un anno molto difficile».

È questa la sfida, nella cultura come nel turismo, due temi che si sono intrecciati ieri nel convegno «Arte, Cultura e Impresa. Vantaggio competitivo del brand Italia e motore di sviluppo del Pil e dell’occupazione», organizzato dalla Federazione dei Cavalieri del Lavoro ieri a Firenze, a Palazzo Vecchio. Pochi giorni fa i Cavalieri del lavoro hanno firmato con il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, un protocollo per favorire maggiore collaborazione tra pubblico e privato, centrato su tre punti: una migliore governance per garantire controllo pubblico e trasparenza degli investimenti; certezza che gli interventi realizzati abbiamo l’adeguata manutenzione; un trattamento fiscale adeguato. «L’art bonus è lo strumento fiscale più forte d’Europa», ha sottolineato il ministro, aggiungendo che «alcune grandi imprese stanno valutando interventi su monumenti simbolo come il Colosseo e la scalinata di Piazza di Spagna». Anche Franceschini concorda che «investire in arte e cultura non è solo investire sul turismo, ma vuol dire aumentare la competitività del nostro paese». La domanda di turismo italiano nel mondo, ha aggiunto, comunque va aumentata con un «turismo alto che porti ricchezza», ed ha annunciato che per fine anno non solo ci sarà un saldo positivo sul 2016, ma sarà anche pronto il piano strategico: manca il parere delle commissioni parlamentari, poi ci sarà l’approvazione definitiva in Consiglio dei ministri.

Anche il presidente di Alitalia, Luca di Montezemolo, ha insistito sulla necessità di un «piano strategico per il turismo». La nostra offerta «è povera», ha detto Montezemolo, citando un esempio: in Germania arrivano 13 milioni di turisti meno che in Italia, che spendono 5,5 miliardi più di quanto si spende da noi. «Se avessimo gli stessi incassi, avremmo 19 miliardi di euro in più, pari all’1,2% di Pil». Più investimenti, quindi, insieme alla necessità di affrontare tre questioni, secondo Montezemolo: governance, con una cabina di regia, un progetto strategico, strumenti di lavoro come un forte tour operator internazionale.

I Cavalieri del lavoro, come hanno detto il presidente del Gruppo Toscano, Cesare Puccioni, che ha aperto i lavori ed ha collaborato all’organizzazione dell’evento, Piero Antinori, Adolfo Guzzini e Maurizio Marchesini, che hanno partecipato alla tavola rotonda, sono pronti a dare il loro contributo: da un’indagine realizzata dalla Federazione il 64% è impegnato in ambito culturale, l’investimento in cultura ammonta al 3% del fatturato aziendale, un 48,8% prevede di aumentare l’investimento, e il 35,4 individua nelle regole l’ostacolo principale.

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