Nei mesi che verranno il sistema fiscale vivrà momenti impegnativi, con scelte importanti da compiere in una fase di grandi cambiamenti. Con gli ultimi interventi normativi, infatti, si è inteso determinare le condizioni di un più proficuo confronto tra fisco e contribuente, con l’obiettivo della minimizzazione degli errori di interpretazione. È questa l’idea alla base della rivisitazione del ruling internazionale e della creazione di nuovi e rilevanti istituti, quali la cooperative compliance e l’interpello sui nuovi investimenti.
Nel contempo, però, si è voluto comunque favorire forme di “regolarizzazione semplificata”, da realizzarsi, ad esempio, attraverso la voluntary disclosure e l’introduzione del cosiddetto ravvedimento lungo. L’obiettivo perseguito, più in generale, è quello di creare un fisco più “a misura di contribuente”, in cui il dialogo sia la strada maestra da seguire e la lite diventi, sempre di più, un’eventualità da considerare ma da non privilegiare.
Sul fatto che la strada intrapresa sia quella giusta ci sono pochi dubbi, perché la sempre crescente complessità del sistema economico e dell’ordinamento tributario impone un nuovo approccio alle questioni fiscali. Che il risultato sia a portata di mano, però, è tutto da verificare. Il successo di un progetto così ambizioso passa, infatti, anche e soprattutto da un salto di qualità, per così dire, culturale. L’amministrazione deve svestire i panni, ormai obsoleti, del “controllore” per assumere il più moderno ruolo di “consulente istituzionale” dei contribuenti. In questo percorso, già di per se stesso accidentato, non mancano gli ostacoli, come le difficoltà della macchina fiscale a ricostituire definitivamente la propria classe dirigente dopo la sentenza 37/15 della Corte Costituzionale e i conseguenti strascichi sul versante della giustizia amministrativa. In ogni caso, non può tacersi della positiva evoluzione degli ultimi tempi, con una istituzione che, sempre più spesso, si dimostra aperta e dialogante. Si pensi ai road show fiscali organizzati all’estero o alle posizioni assunte in tema di contraddittorio preventivo, che vanno ben oltre le prese di posizione della giurisprudenza di legittimità.
Certo è che una generalizzata applicazione del nuovo approccio è un risultato che ancora non può dirsi raggiunto. In questa stessa prospettiva anche il ruolo rivestito dai professionisti deve evolversi, passando da difensori “a prescindere” dei contribuenti ad autorevoli punti di riferimento e affidabili controparti del fisco. Le prove generali si sono fatte con la voluntary disclosure 1.0, un’esperienza di successo sia per i risultati conseguiti in termini di gettito che per il corretto articolarsi dei rapporti tra amministrazione e contribuenti.
Ciò detto, è chiaro che anche nel nuovo quadro di riferimento, un trasparente rapporto tributario dipende anche e soprattutto dalla capacità di raggiungere un giusto equilibrio tra i poteri da attribuire necessariamente alla amministrazione finanziaria - che devono essere incidenti, ma mai eccessivi - e il diritto di difesa del contribuente - che deve essere effettivo senza poter sfociare in comportamenti inutilmente dilatori.
Da questo punto di vista, ulteriori interventi si rendono necessari. Si pensi alla revisione delle norme sull’accertamento esecutivo, palesemente lesive del divieto del solve et repete, o alla mancata riforma del contenzioso fiscale, destinatario, a oggi, di interventi di mero dettaglio. Tutto ciò, senza considerare la opportunità di una complessiva rivisitazione del “modello Equitalia”, le cui performance, per stessa ammissione dei vertici aziendali e indipendentemente da specifiche responsabilità della società di riscossione, sono tutt’altro che lusinghiere (solo il 5% dello stock dei ruoli 2000-2015 è “lavorabile”).
Ecco, qualche tassello per completare il mosaico della riforma fiscale manca ancora. L’effettiva realizzazione di un nuovo rapporto tra fisco e contribuente passa, infatti, anche dalla capacità di riscrivere, in senso equilibrato e coerente, le norme sulla riscossione, spontanea e coattiva, e sul processo tributario.
È chiaro che il legislatore, fino a ora, è intervenuto sul metodo più che sul merito del rapporto tributario, sugli strumenti a disposizione di Fisco e contribuenti più che sull’entità del prelievo. Ma una riflessione seria non può prescindere dalla constatazione di un livello di tassazione oggettivamente eccessivo. L’auspicio, però, è che la tematica venga affrontata con la giusta visione d’insieme, ma senza proposte che strizzino l’occhio all’elettore e non tengano conto di basilari considerazioni di fattibilità tecnica. Insomma, la strada intrapresa è quella giusta, il percorso da fare è, però, ancora molto lungo.
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