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Ohsumi vince grazie agli studi sull’autofagia delle cellule

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Cultura & Società

Ohsumi vince grazie agli studi sull’autofagia delle cellule

Contro ogni aspettativa, il Nobel per la medicina 2016 non è stato assegnato a Crispr-Cas9 – la rivoluzionaria forbice genetica sulla quale i laboratori di tutto il mondo e le big pharma puntano e investono –, ma ha premiato una ricerca di base che riguarda il meccanismo attraverso cui le cellule eliminano le scorie, noto come autofagia (dal greco “auto-mangiare”). Questo sistema fisiologico di autopulizia continua prevede la formazione di “sacche” che inglobano, isolano e separano dal resto della cellula il materiale da degradare per poi trasportarlo al “compartimento di riciclaggio”.

«Volevo fare qualcosa di diverso dagli altri e ho pensato che l’autofagia fosse un tema interessante», ha detto Yoshinori Ohsumi, il 71enne biologo giapponese quando ieri ha ricevuto la telefonata da Thomas Perlmann, segretario del comitato del Karolinska Institutet di Stoccolma. Ohsumi, che lavora al Tokyo institute of technology, era tra l’altro stupito di essere l’unico a ricevere il premio.

Il campo delle ricerche sull’autofagia è infatti diventato enorme, proprio dopo i suoi studi, un “effetto cascata”. Un’esplosione. «È così – conferma lo scienziato che riceverà 8 milioni di corone svedesi (pari a 834mila euro) – e questo filone si è sviluppato velocemente. Quando ho cominciato il mio lavoro, probabilmente ogni anno sull’autofagia comparivano 20 studi o meno. Ora sono più di 5mila. È un enorme cambiamento che è avvenuto negli ultimi 15 anni».

I suoi studi hanno infatti portato a un cambio di paradigma nella comprensione di come le cellule riutilizzano il loro contenuto. E ora le mutazioni nei geni di questo sistema possono portare alla comprensione di patologie molto diffuse, tra cui il cancro, il diabete e le malattie neurologiche, come il Parkinson e portare allo sviluppo di nuove terapie.

Ohsumi di autofagia ha cominciato a occuparsi ormai più di 27 anni fa e ora è il 23esimo Nobel nato in Giappone (il sesto per la Medicina), premio che rappresenta una grande rivincita e riconoscimento per la ricerca di base, oggi poco finanziata in Italia. «Purtroppo la scarsità di finanziamenti alla ricerca di base che c’è in Italia – ha commentato Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), – la paghiamo anche in termini di premi Nobel. Speriamo che i fondi ricomincino a crescere, perché al momento sono Paesi come Stati Uniti, Giappone e anche Cina a ottenere questo tipo di risultato. Dobbiamo tornare a essere competitivi, le intenzioni ci sono, e ad esempio il progetto Human Technopole va in questa direzione».

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