Il sistema bancario italiano (e non solo) è chiaramente sovrappeso: troppe filiali, troppi bancari ma soprattutto troppi crediti deterioriati, che - come ha giustamente ricordato ieri Salvatore Rossi - sono «il problema dei problemi». Peccato che per smaltirlo ci vorrà tempo, e non poco: la fatica con cui si sta mettendo in moto la cartolarizzazione di Mps e la velocità ancora bassa a cui viaggia il mercato degli Npl in Italia dimostrano che per aggredire significativamente i 90 miliardi di sofferenze nette serviranno anni.
Ma il mercato è impaziente, scalpita. Non ha nè la voglia nè l’abitudine di investire su processi di medio-lungo periodo, peraltro appesi alle numerose incertezze di un sistema dai molti bizantinismi. È per questo che, in attesa di perdere peso, alle banche servono interventi urgenti, facilmente percepibili dagli investitori e capaci di impattare sui punti nevralgici: una gestione più celere delle uscite anticipate, la razionalizzazione delle reti, come ha ricordato ieri Rossi, ma anche - per esempio - la pulizia dei rischi legali. Un’altra incognita, pesantissima, che grava sul settore e in particolare sulle sue parti ritenute più deboli.
«A tenere i titoli delle banche italiane fuori dal radar degli investitori sono le incertezze politiche, gli elevati stock di Npl e la percezione di un rischio sistemico», ha messo in guardia Credit Suisse in un report dedicato al settore pubblicato in settimana, che ribadisce l’attesa del mercato per l’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre. Già, ma contro i rischi sistemici le banche possono fare ben poco: cavalcano l’onda, o ne sono sommerse.
Diverso è il discorso per le azioni di efficientamento interno, di ottimizzazione dei ricavi e di aggressione dei costi. Delle quali , invece, i manager e i board sono pienamente padroni. Vale per tutti: banche sane, banche malate, banche in ripresa. Non a caso azioni di questo tipo le sta studiando, ad esempio, Marco Morelli in Mps, o ci ha lavorato Victor Massiah in Ubi, che a giugno ha presentato un piano “basic” concentrato sulla razionalizzazione del gruppo. Sulla stessa direttrice si muovono le due venete, Popolare Vicenza e Veneto Banca, dove i board sono alle prese con piani di lunga gittata ma intanto stanno studiando anche azioni sul breve periodo - in primis Npl -, le uniche in grado di attirare quegli investitori che potrebbero rendersi necessari accanto all’azionista Atlante per eventuali nuovi rinforzi a livello di capitale.
Come in ogni cura dimagrante, però, servono le idee chiare e molta determinazione. Tradotto: un nuovo modello di business capace di sopravvivere al nuovo contesto competitivo e regolamentare, nonché il coraggio di prendere decisioni forti. E qui, spesso, casca l’asino.
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