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La sfida del progresso al servizio dell’uomo

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L'Analisi|IL DIBATTITO E LE IDEE

La sfida del progresso al servizio dell’uomo

La crisi economica continua a ridurre, sia pure con alcune eccezioni, il benessere delle popolazioni del Vecchio Continente e risulta, almeno ad oggi, sostanzialmente insensibile alle politiche con cui i Governi e l’Unione Europea hanno provato a invertire la tendenza, creando invece crescente e diffusa povertà, profonde diseguaglianze sociali ed economiche, tensioni politiche e spinte al recupero di politiche protezionistiche su base nazionalistica.
Fra le cause di questa situazione viene spesso sottolineato il ruolo devastante e destrutturante della finanza che ha assunto ruoli, componenti e regole di funzionamento mondiali e che, sotto l’egida di pochi e potenti gruppi di potere, piaccia o non piaccia, almeno per ora sfugge sostanzialmente non solo al controllo ma al ben più blando potere di indirizzo delle classi politiche e dei Governi dei vari Paesi, compreso quello degli Stati Uniti d’America.
Accanto alla finanza vengono spesso indicate, e con buon fondamento, altre ragioni, altre cause che contribuiscono ad aumentare la confusione e il disordine economico, sociale e politico che caratterizzano l’attuale fase della storia umana, provocando anche conflitti armati sempre più numerosi e pericolosi.
La prima e principale fra queste tuttavia sembra sfuggire, almeno finora e almeno nella sua reale portata, all’analisi di politici, intellettuali, studiosi di economia e scienze giuridiche e sociali. Il vero fattore di cambiamento rivoluzionario che sta operando nella storia del genere umano è, oggi come in passato, l’innovazione tecnologica.
Con l’invenzione della rete Internet e la crescita esponenziale delle nuove tecnologie e modalità di comunicazione, con il moltiplicarsi ed il potenziarsi dei mezzi di trasporto, negli ultimi trent’anni si sono di fatto modificati, sia pure con le differenze dovute alla diversa presenza e possibilità di accesso alle innovazioni tecnologiche, le due dimensioni di base di ogni persona umana: lo spazio e il tempo.
Lo spazio ha cessato di costituire un limite insuperabile.
Il tempo si è accelerato portando le durate dei processi da anni, mesi, giorni, ore a ricollocarsi nell’ambito di minuti se non di secondi.
A questa prima trasformazione epocale, che ha unificato tutte le persone viventi sul pianeta in un’unica comunità in cui, sia pure nel contesto di forme politiche, culturali, sociali, religiose ereditate dalla storia delle generazioni precedenti, ciascun individuo, lo voglia o no, è in contatto con tutti gli altri, l’evoluzione sempre più accelerata delle macchine e della tecnologia sta aggiungendo un’ulteriore trasformazione delle condizioni di vita reale di cui ancora pochi colgono gli effetti attuali e potenziali.
Macchine sempre più evolute ed “intelligenti” sostituiscono gli esseri umani nella produzione dei beni e nella fornitura di servizi ed in molti centri di ricerca, soprattutto negli Usa ed in Cina ma un po’ ovunque, si stanno studiando macchine e robot che riproducono sempre meglio il comportamento umano “imparando” dall’esperienza maturata nel fare le cose o nel rendere il servizio.
Un numero crescente di attività umane vengono svolte on line.
Gli effetti positivi di questo processo sono evidenti: gli esseri umani vengono affrancati dalla “fatica” e dai rischi della produzione, i processi sono continuativi e (almeno in potenza) con ridotti rischi di errore (le macchine ben costruite e programmate sbagliano molto meno o per nulla rispetto all’uomo) ed aumentano quindi sia l’efficienza che la produttività.
I tempi necessari per sviluppare le diverse attività si riducono e, una volta acquisita una sufficiente abitudine ed abilità a usare e dialogare con le macchine e la “Rete”, tutto diventa più semplice, meno faticoso, più rapido e affidabile.
Il mutamento in corso, a fronte di notevoli vantaggi comporta tuttavia, certo per ora ancora in prospettiva (ma una prospettiva non di secoli ma forse di qualche decennio), un vero e proprio stravolgimento degli elementi su cui si è retta finora la convivenza umana.
Nella storia del genere umano, infatti, la ricchezza, intesa come creazione di quei beni e di quei servizi che corrispondono ai bisogni, è sempre stata prodotta dagli uomini e dalle donne, certo con l’ausilio crescente delle macchine ma comunque con un ruolo determinante del loro lavoro.
Già oggi, invece, e ancor più con un crescendo esponenziale nei prossimi anni la ricchezza è e sarà prodotta in gran parte, se non esclusivamente, dalle macchine.
La conseguenza inevitabile è il superamento di quello che, con l’unica eccezione dell’utopia comunista, è sempre stato un paradigma della storia umana, applicato in modi spesso ingiusti e contraddittori con i principi di un’etica umana razionale, ma comunque di fatto sempre praticato: la partecipazione alla distribuzione della ricchezza ed il ruolo sociale delle persone erano profondamente ed indissolubilmente legati al contributo che individui e gruppi sociali o intere popolazioni davano alla creazione della ricchezza.
In questo momento storico, almeno in quella parte del mondo in cui le innovazioni tecnologiche trovano più immediato e diffuso utilizzo, questo principio non può più trovare applicazione, o almeno non nei modi e nelle forme conosciute; questo perché se la ricchezza viene prodotta dalle macchine le persone perdono la loro utilità produttiva e se applichiamo questo criterio nei modi fin qui sperimentati le persone non hanno più alcun titolo per condividere la ricchezza e dunque sono destinate all’esclusione economica e, inevitabilmente, all’indigenza e alla povertà assolute.
I primi cambiamenti del sistema produttivo distributivo e dei servizi sono già in atto e sono sintomi evidenti di questa evoluzione, ma non sembrano essere colti o, almeno, non sembra ne venga avvertito il significato generale e tendenziale.
Le industrie stanno automatizzando in modo sempre più massiccio ed accelerato i cicli produttivi potendo installare macchine sempre più efficienti ed affidabili con un utilizzo crescente di robot in grado di sostituire l’uomo in attività e fasi nelle quali fino a non molto tempo fa era ritenuto imprescindibile il lavoro umano. Ne risultano aziende molto più efficienti in grado di abbattere i costi e di aumentare i volumi produttivi ma l’effetto è la riduzione dei posti di lavoro nelle industrie.
Nella distribuzione si diffonde il commercio on line, apprendo spazi di relazione diretta fra chi produce e il consumatore, aumentando, almeno nel breve, i margini per il primo e la possibilità di scelta per il secondo.
Ma il commercio on line ha creato nuovi soggetti della distribuzione che gestiscono la funzione commerciale senza bisogno di luoghi fisici come i negozi e i centri commerciali, attuando anche nuove modalità di consegna a domicilio che incidono e incideranno fortemente sulle attività logistiche.
Aumenta la comodità e possibilità di scelta del consumatore ma l’impatto concorrenziale sulle catene distributive tradizionali, non solo sui piccoli negozi ma anche della grande distribuzione organizzata, inizia a farsi sentire se è vero, come è vero, che alcune grandi catene statunitensi hanno chiuso molti punti vendita perché divenuti improduttivi; anche in quest’ambito, quindi, si perde e si perderà occupazione.
Le operazioni bancarie si fanno on line, le agenzie delle banche vengono fortemente automatizzate, il sistema creditizio ovviamente si ristruttura, molte funzioni spariscono e l’occupazione si riduce.
Nei centri commerciali possiamo pagare alle casse automatiche, servono meno persone alle casse tradizionali e fra non molto forse ci saranno solo le casse automatiche.
Le autostrade si pagano anche con carte o col Telepass, alle uscite gli operatori sono ormai ridotti di numero e in alcuni casi l’uscita è completamente automatizzata.
I biglietti aerei, quelli ferroviari, i viaggi e i soggiorni si acquistano e si prenotano on line, le agenzie di viaggio si riducono e presto saranno del tutto superate.
La Pubblica Amministrazione si informatizza e i vantaggi per l’utente dovrebbero essere notevoli sotto molti profili, ma sono altre funzioni che, assolte dalla Rete, riducono la necessità di avere persone che ricevano i cittadini, rilascino certificati e così via, quindi altri posti di lavoro in meno per le persone.
Senza ricorrere ad altri esempi credo si possa dire che l’evoluzione dei sistemi produttivi e dei servizi si delinea in modo chiaro, soprattutto se si considerano anche gli studi e le realizzazioni già esistenti nel settore della robotica.
Già oggi, infatti, esistono robot in grado di muoversi ed eseguire funzioni anche complesse, esistono robot che dialogano con le persone riconoscendone atteggiamenti, sensibilità e reazioni e che adeguano il loro comportamento all’interlocutore, imparando dall’esperienza relazionale, esistono robot che duplicano nell’aspetto i loro creatori e sono in grado di sostituirli a distanza, ad esempio tenendo, sotto il loro controllo ed input, conversazioni o addirittura conferenze.
Già oggi si può dire, senza tema di smentita, che la capacità di costruire “macchine intelligenti”, in grado di aiutare e sostituire l’essere umano in un modo impensabile fino a soli 10 anni or sono, è una realtà come è una realtà il fatto che, secondo le dinamiche proprie dell’innovazione tecnologica, la costruzione di umanoidi è molto più vicina di quanto possiamo e ci piace pensare.
Si tratta di cambiamenti profondi e spesso sconvolgenti delle condizioni di vita, che nascono dalla costante ricerca degli esseri umani di migliorare e cambiare la propria esistenza e si tratta di mutamenti che aprono prospettive finora impensabili per realizzare una qualità di vita affrancata dalla fatica fisica e per molti versi persino da quella mentale e che daranno agli esseri umani possibilità finora sconosciute per soddisfare i propri bisogni ed i propri desideri.
Come tutti i cambiamenti radicali della condizione umana, tuttavia, occorre comprenderne a fondo gli effetti e le implicazioni.
Si tratta in altre parole di prevederne e gestirne l’impatto per evitare insostenibili “costi sociali” che, data la disponibilità di mezzi di distruzione di massa, se non gestiti con razionalità e lungimiranza, in caso si aprissero conflitti economici, sociali e politici provocati dal rigetto o dal non adattamento consensuale al mutamento, farebbero correre rischi imprevedibili alla sopravvivenza stessa del genere umano.
Ovviamente e realisticamente è estremamente difficile, anzi impossibile, indicare ora quali dovranno e potranno essere le soluzioni da dare ai problemi provocati da un processo che certamente è nella natura dell’uomo e delle cose e pertanto inarrestabile, ma che altrettanto certamente è solo agli inizi.
Tuttavia non possiamo e non dobbiamo sottrarci alla necessità e possibilità di cominciare a interrogarci su alcuni aspetti dell’assetto economico, sociale, culturale, civile e politico della società umana nel nuovo contesto determinato dalle innovazioni tecnologiche.
La prima questione è individuare con quali nuovi criteri distribuire la ricchezza.
Acquisito come dato, almeno tendenziale, il fatto che la produzione, i servizi, le altre attività oggi affidate al lavoro delle donne e degli uomini saranno progressivamente svolti da macchine, software o robot e che quindi muterà profondamente la necessità e l’utilità del lavoro salariato, professionale, imprenditoriale occorre iniziare a porsi la domanda: con quali parametri verrà distribuito il reddito, verrà consentito l’accumulo del capitale?
In questa fase storica (con eccezione di quella parte del mondo più povera e arretrata in cui il processo di industrializzazione è in corso e si fonda ancora sul lavoro umano che, per quanto poco pagato, comunque ne sta migliorando le condizioni di vita) nel mondo del capitalismo storico e consolidato, che gode ancora di un benessere relativamente alto e diffuso, si assiste a una concentrazione delle leve dell’economia nelle mani di pochi, sempre meno numerosi, e a un impoverimento crescente di larghe fasce di popolazione.
Questo processo di concentrazione, oltre a provocare evidenti sperequazioni difficilmente giustificabili e sostenibili sotto il profilo etico alla luce del superamento del principio dell’“ homo homini lupus” e della pari dignità e diritti fondamentali della persona, sta determinando evidenti problemi al funzionamento dell’economia di mercato.
Mentre pochi accumulano ricchezze inimmaginabili molte persone cadono in povertà o vedono pesantemente ridursi la loro capacità d’acquisto, con il risultato che l’economia ristagna nonostante tutto perché la riduzione dei redditi per larghe fasce di popolazione riduce la domanda con l’effetto di annullare, anche per chi innova e investe in tecnologie, i benefici della maggior efficienza e riduzione di costi.
Se si vuole superare la fase di stagnazione dell’economia mondiale, unitamente all’individuazione di nuove forme di controllo, tassazione e indirizzo strategico della finanza, il problema cui occorrerà dedicare un’approfondita riflessione e dare una soluzione è a quali nuovi parametri agganciare la distribuzione della ricchezza.
Se il postulato da cui muove questa riflessione è corretto, vale a dire che il lavoro umano, nella sua accezione più ampia è sempre meno necessario per produrre ricchezza, occorre interrogarsi su come organizzare la sua distribuzione per trovare parametri equi e condivisi che evitino di far dipendere questa ripartizione (che è la base del diritto ad una vita libera e dignitosa di ogni persona umana) dall’arbitrio di pochi cui sia stato permesso di accumulare la gran parte della ricchezza mondiale o di esercitare su di essa un ruolo di gestione svincolato da meccanismi effettivi ed efficaci di legittimazione e controllo democratici.
Senza la pretesa di precostituire soluzioni, nel farlo occorrerà, dunque, trovare nuovi fattori distributivi probabilmente legati alla creatività e all’impegno e capacità individuali nel contribuire a tener vive le relazioni sociali e la conservazione dell’identità personale e collettiva, principali e forse unici antidoti al prevalere della cultura delle macchine.
Si tratta di un compito riservato in ultima definitiva e decisiva istanza alle scelte e alla responsabilità delle classi dirigenti, in primis politiche ma anche culturali, economiche e delle diverse componenti della società globalizzata.
Per quanto possa apparire un’affermazione retorica bisogna favorire il diffondersi presso il maggior numero possibile di persone della consapevolezza che occorre adeguare e rifondare i fondamenti stessi della civiltà umana e, per far questo, è imprescindibile iniziare a pensare in modo totalmente nuovo e sganciato dalle certezze di tutte le generazioni passate perché, piaccia o non piaccia, niente è più come prima e niente tornerà come prima.
L’impegno e la sfida di questi anni è quindi quella di elaborare con la partecipazione e l’impegno più ampi possibili un nuovo modo di concepire e organizzare la società e l’economia, consapevoli che l’economia è al servizio degli esseri umani e non sono gli esseri umani che sono al servizio dell’economia.
Dimenticare o semplicemente trascurare, sottovalutare questa considerazione, banale ma non per questo meno vera, potrebbe rivelarsi un errore fatale per tutti.

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