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Dalla Grecia alla Spagna, l’amara medicina dei salvataggi

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oggi eurogruppo decisivo

Dalla Grecia alla Spagna, l’amara medicina dei salvataggi

 Protesta dei pensionati contro  i tagli alle pensioni ad Atene (Afp)
Protesta dei pensionati contro i tagli alle pensioni ad Atene (Afp)

La Grecia torna sotto i riflettori. Nella riunione di oggi in Lussemburgo l’Eurogruppo valuterà i progressi compiuti da Atene per staccare un nuovo assegno da 2,8 miliardi (1,1 a ottobre e 1,7 a novembre) nell’ambito del terzo piano di salvataggio da 86 miliardi. Il focus dei 19 ministri delle Finanze sarà sull’attuazione delle cosiddette “tappe fondamentali”: la liberalizzazione del mercato dell’energia, la lotta alla corruzione, la riforma delle pensioni, la governance delle banche e la privatizzazione dell’agenzia per le entrate fiscali.

Ma al di là del negoziato in corso qual è oggi la situazione nel Paese ancora sotto salvataggio rispetto ai momenti più bui della crisi e in quali condizioni versano Irlanda, Portogallo e Spagna, che hanno già detto addio al programma di aiuti?

Il malato ellenico

Il paziente greco, ancora sotto terapia, presenta la cartella clinica più preoccupante. L’unico timido segnale di miglioramento proviene dal Pil, che nel 2015 ha segnato -0,2% rispetto al tonfo del 5,5% del 2010. Un’inversione di rotta, secondo la Commissione Ue, arriverà solo l’anno prossimo con una crescita stimata al 2,7%, tra numerose incognite. La situazione è però ancora ben lontata dai livelli pre-crisi, se si pensa che in cinque anni sono stati “bruciati” ben 25 punti di Pil. Gli effetti della cura shock imposta dalla troika a partire dal 2010 si sono fatti sentire sulla popolazione: la ricchezza pro capite è crollata in cinque anni del 16%, il tasso di disoccupazione è raddoppiato e ora veleggia intorno al 25%, il più alto della Ue, mentre una persona su tre è a rischio povertà. Intanto il debito pubblico ha superato il 170% del Pil.

GRECIA: IL VERDETTO DEGLI INDICATORI MACROECONOMICI
I dati macro e micro economici in % del 2010 confrontati con quelli del 2015. Nota: rischio di povertà sul totale della popolazione (Fonte: Eurostat)

«La terapia - spiega Vincenzo Scarpetta, senior policy analist di Open Europe - non si è dimostrata corretta. Fino almeno al 2050 il debito si situerà oltre il 100% del Pil ed è irrealistico continuare a pretendere un avanzo primario al 3,5% al 2018. Per farlo il Paese sarà costretto a varare misure ulteriormente restrittive». Se poi rispetto allo scorso anno, fa notare Scarpetta, la Grexit (ovvero l’uscita del Paese dall’area euro) è più lontana e fa meno paura rispetto a un anno fa, «è chiaro che ormai occorre una soluzione strutturale, come la ristrutturazione del debito». Un’ipotesi più volte avanzata dal Fmi, che ha partecipato ai primi due programmi di salvataggio, ma non a quello in corso, e che vede nella Germania il principale oppositore.

La «tigre celtica»

In Irlanda il programma di salvataggio da 85 miliardi si è concluso nel 2013 e Dublino, a differenza degli altri Paesi, ha seguito alla lettera le prescrizioni. La tigre celtica ha ricominciato a ruggire? Scorrendo i dati macroeconomici a prima vista sembrerebbe di sì. Nel 2015 il Pil ha registrato un balzo del 26%: un ritmo degno della Cina dei tempi d’oro, che l’ufficio di statistica di Dublino ha motivato con una serie di voci una tantum, tra cui il trasferimento di alcune multinazionali attratte dalla tassazione al 12,5 per cento. Quest’anno, secondo Bruxelles, il Paese dovrebbe comunque correre del 4,9 per cento. Il deficit, balzato nel 2010 al livello record del 32% del Pil a causa dei costi legati al salvataggio delle principali banche, nel 2015 si è attestato al 2,3%, ben al di sotto della soglia del 3% prevista dal patto di Stabilità Ue. La disoccupazione a livello generale è scesa, ma un giovane su cinque non ha un lavoro.

IRLANDA: IL VERDETTO DEGLI INDICATORI MACROECONOMICI
I dati macro e micro economici in % del 2010 confrontati con quelli del 2015. Nota: rischio di povertà sul totale della popolazione. Per l'Irlanda il dato più aggiornato è del 2014 (Fonte: Eurostat)

«La ripresa del Paese - spiega Carlo Milani, direttore di Bem Research - si trova a portare sulle spalle un grosso fardello e la situazione finanziaria è tutt’altro che ristabilita». Il debito pubblico sfiora infatti il 100% del Pil, in aumento rispetto al 2010, e sommato a quello privato si situa al 250 per cento. Anche l’indebitamento con l’estero, parametro chiave ai fini della procedura Ue per gli squilibri macroeonomici, supera il 100%, ben oltre la soglia del 35% identificata da Bruxelles.

Gli squilibri di Lisbona

In Portogallo il paracadute da 78 miliardi di Ue e Fmi è rimasto aperto dal 2011 a metà del 2014. Oggi l’economia sta risollevando la testa a passo lento (+1,5% nel 2015 rispetto al +1,9% del 2010) e la ricchezza pro capite è ancora in calo. «Le prospettive di bilancio - hanno scritto la Commissione Ue e la Bce dopo la missione sul campo del giugno scorso - presentano rischi in aumento», mentre «l’alto indebitamento di tutti i settori dell’economia e la rigidità del mercato del lavoro frenano la ripresa». Qualche esempio? Il debito pubblico sfiora il 130% del Pil, in aumento rispetto al 2010, mentre l’indebitamento con l’estero supera il 100 per cento. E se il tasso di disoccupazione è rimasto stabile (al 12%), più di un giovane su quattro è senza lavoro.

PORTOGALLO: IL VERDETTO DEGLI INDICATORI MACROECONOMICI
I programmi di aiuti e i dati macro e micro economici in % del 2010 confrontati con quelli del 2015. Nota: rischio di povertà sul totale della popolazione (Fonte: Eurostat)

Luci e ombre spagnole

Un discorso a parte merita la Spagna, dove il programma di aiuti concluso nel 2014 è stato circoscritto al settore finanziario, senza il monitoraggio della troika. Oggi il Paese è tornato a crescere a un ritmo del 3%, ma la stessa Commissione Ue punta il dito contro le vulnerabilità ancora esistenti: la disoccupazione al 25% (con quella giovanile oltre il 40%), il deficit ancora fuori rotta al 5,1% del Pil e l’alto livello di debito. «Questi piani di salvataggio - aggiunge Milani - hanno dimostrato che l’austerity non ha portato i risultati attesi, perché la ripresa di questi Paesi si sta rivelando ancora fragile e permangono criticità».

L’unica strada da seguire, conclude Scarpetta, «è rivedere le regole del Patto di stabilità e di crescita, interpretandole con un maggiore pragmatismo per dare la priorità a misure per il rilancio e uscire al più presto dalla crisi».

SPAGNA: IL VERDETTO DEGLI INDICATORI MACROECONOMICI
I programmi di aiuti e i dati macro e micro economici in % del 2010 confrontati con quelli del 2015. Nota: rischio di povertà sul totale della popolazione (Fonte: Eurostat)

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