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La linea rossa di Mosca in Siria

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l’analisi

La linea rossa di Mosca in Siria

Il fatto evidente è uno: né il presidente francese François Hollande né quello russo Vladimir Putin potevano permettersi il lusso di un incontro in questo momento delicato.
La posizione francese (alla quale gli altri Paesi dell'Unione non dovrebbero far mancare il proprio sostegno) è semplice e coerente: l'azione di sostegno di Putin al regime di Assad non può arrivare al punto di fornire assistenza militare e copertura politica al deliberato massacro della popolazione civile di Aleppo est. Qui non è più in discussione la legittima divergenza di interessi e di posizioni circa il futuro del presidente siriano e del suo regime nella Siria post guerra civile. Si tratta piuttosto di ribadire che quei comportamenti che si configurano come veri e propri crimini contro l'umanità hanno inevitabilmente un impatto devastante sulle relazioni tra la Francia (e l'Europa) e la Russia. Putin ci ha abituato all'esibizione del cinismo fin dai tempi della distruzione di Grozny, che segnò il suo esordio sulla scena politica mondiale quando era ancora il primo ministro dell'allora presidente Boris Eltsin. Non diversamente ha agito, in tempi più recenti, con l'occupazione e la successiva annessione della Crimea, quando ha mentito senza alcun pudore, negando l'attivo coinvolgimento di truppe della Federazione nei combattimenti contro le forze ucraine. I moventi che lo spingono sono estremamente evidenti: riaffermare il ruolo di grande potenza della Russia, modificare, dove possibile, gli esiti più mortificanti della fine della Guerra Fredda, occupare lo spazio lasciato libero in Medio Oriente dai fallimenti della politica degli ultimi tre presidenti americani (Clinton, Bush jr. e Obama). Per raggiungere i suoi scopi, Putin si muove a 360°. Tutela il proprio cliente siriano, sfrutta il rientro dell'Iran nella comunità internazionale dopo il raggiungimento dell'intesa sul nucleare, corteggia i sauditi sempre più indispettiti dalla politica americana nella regione (arrivando a mediare l'accordo tra Teheran e Riad sulle quote di produzione petrolifere), asseconda le ambizioni e le ossessioni securitarie della Turchia di Erdogan. Dal suo punto di vista, si muove con innegabile successo e coerentemente rispetto agli interessi della sua Russia. La divergenza di interessi, e persino il contrasto o il conflitto di interessi, fa parte della politica internazionale ed è, di per sé, accettabile e non tale da provocare l'impossibilità del dialogo. Ciò che invece deve essere chiaro è che i modi in cui vengono serviti devono conoscere dei limiti, pena l'inevitabile raffreddamento delle relazioni bilaterali. Per cui, mentre è pericoloso ma legittimo che i bombardieri russi organizzino i propri “show” in prossimità dello spazio aereo dei Paesi della Nato (come avviene ciclicamente da oltre un anno) è inammissibile che la Russia collabori allo sterminio della popolazione civile di una città. Un comportamento simile non può non avere conseguenze e le relazioni con l'Occidente non possono continuare come se nulla fosse. E, per quanto Hollande sia il presidente meno amato dai francesi che la storia della V Repubblica ricordi (e, di converso, Putin sia popolarissimo tra i suoi concittadini), bene ha fatto a ribadire che le modalità con cui la Russia si muove in Siria (e non solo) sono totalmente inaccettabili. E guai se dal resto dell'Europa si levassero opportunistici distinguo.

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