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Koum (Whatsapp): «La tecnologia migliora la vita»

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Koum (Whatsapp): «La tecnologia migliora la vita»

Il 24 febbraio 2009, giorno del suo 33esimo compleanno, Jan Koum, ebreo nato a Kiev ed emigrato adolescente in California, andò a registrare la società Whatsapp Inc., fondata con l’amico Brian Acton. Pagò dieci dollari e impiegò dieci minuti di tempo, oltre all’ora necessaria per far ritorno nel traffico a casa, a Mountain View. «Negli Usa è molto facile registrare una società, abbiamo l’ambiente economico giusto che incoraggia gli imprenditori», ha raccontato Jan ieri pomeriggio, al teatro Odeon di Firenze, agli 800 studenti delle scuole superiori che aderiscono al progetto “Quotidiano in classe” dell’Osservatorio Giovani-editori guidato da Andrea Ceccherini. Abiti casual e low profile, il fondatore di Whatsapp si è scaldato solo per esaltare il ruolo della tecnologia: «La tecnologia crea molte cose buone, e siamo ancora all’inizio – ha detto – tutti i governi, non solo quelli democratici, dovrebbero abbracciare la tecnologia per migliorare la vita dei cittadini». Magari usando un servizio di messaggistica istantanea come Whatsapp per contrastare razzismo o bullismo? «Quelli sono fenomeni che devono essere gestiti dalla società o dai genitori», ha precisato Jan.

Lui, dopo cinque anni dalla nascita di Whatsapp e una crescita sorprendente degli utenti mondiali (oggi arrivati a 1 miliardo), si è trovato a gestire lo sviluppo aziendale: «Quando cresci hai davanti tre strade – ha raccontato -: o cedi l’azienda, o vai in Borsa, o resti una società privata, anche se, in quest’ultimo caso, diventa molto difficile trovare liquidità per remunerare gli investitori e i dipendenti». Whatsapp ha scartato anche la seconda strada («Eravamo piccoli, appena 16 persone, per andare in Borsa avremmo dovuto strutturarci e il percorso sarebbe stato lungo»), e nel febbraio 2014 ha scelto la prima opzione: tra l’incredulità di molti, ha venduto una società che fatturava 50 milioni di dollari a Facebook per 19 miliardi di dollari.

Una società che fa della privacy il proprio faro. «La privacy per me resta molto importante – ha ripetuto ieri Jan ricordando i timori di intercettazioni della polizia sovietica nelle telefonate da bambino – e il sistema criptato di Whatsapp fa sì che nessuno, né governi né aziende, possa leggere il contenuto dei messaggi scambiati dagli utenti». «Forse non sono imparziale quando lo dico – ha aggiunto - ma abbiamo costruito una delle reti end to end più grandi al mondo: nessun altro ha un prodotto che usa un sistema criptato senza fare nulla». E se la domanda su come guadagna Whatsapp offrendo un servizio gratuito resta appesa al filo, Koum è più disponibile a raccontare come la sua vita non sia cambiata affatto dopo i miliardi intascati dalla vendita della società: stessa casa, stessi amici, stesso lavoro, anzi con qualche vantaggio in più: «Facebook ci ha aiutato con i sistemi informatici, con le risorse umane e con le assunzioni, io e Brian possiamo concentrarci sull’aspetto ingegneristico». Un aspetto che in futuro potrebbe aprire la porta alle videochiamate via Whatsapp: «Forse: posso solo dirvi di stare alla finestra», risponde Jan aggiungendo che Whatsapp cerca persone istruite («Anche se io non mi sono laureato, ma prima o poi lo farò»), con esperienze di lavoro, curiosità e capacità di fare.

Per Andrea Ceccherini l’incontro con Koum, che ha inaugurato la 17esima edizione del progetto diretto agli studenti e fondato sulla lettura settimanale in classe di tre quotidiani, è «una lezione di resistenza e di conquista che deve servire d’esempio, per cercare di far coincidere la passione con la professione».

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