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Il no belga all’intesa Ceta e la democrazia come alibi

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editoriale

Il no belga all’intesa Ceta e la democrazia come alibi

Forse il Ceta non è morto ma ormai si aggira come uno zombie tra le macerie della politica commerciale europea.

Il gran rifiuto della Vallonia impedisce al Belgio di ratificare l’accordo di libero scambio tra Unione e Canada, quindi di raggiungere la necessaria approvazione unanime a 28. Quindi di tenere il previsto summit bilaterale che dopodomani a Bruxelles avrebbe dovuto apporre il sigillo conclusivo a 7 anni di negoziati difficili ma alla fine soddisfacenti per tutti.

Se non scaturisse dalle libere dinamiche delle regole europee e democratiche, sarebbe raccapricciante la fronda di un mini-parlamento regionale, rappresenta 3,5 milioni di persone, che impedisce a oltre mezzo miliardo di europei e a 35 milioni di canadesi di beneficiare dell’aumento del libero scambio.

Potrebbe perfino apparire una vicenda marginale, da non drammatizzare troppo perché prima o poi troverà una soluzione, magari entro l’anno, se non rischiasse di affondare, con la credibilità negoziale dell’Unione, un’intesa che ne accoglie quasi tutte le rivendicazioni e promette di potenziare del 20% l’interscambio e la crescita dell’economia di 12 miliardi di euro all’anno, 9 miliardi di dollari per il Canada. Numeri magici in questi tempi grami.

Potrebbe, se non fosse che è l’ultima espressione della “politica dei no” che sta sfiancando l’Unione senza pietà. La bocciatura della Vallonia arriva infatti dopo il no della Danimarca a una maggiore integrazione nella politica Ue degli Interni e della Giustizia. Dopo il no dell’Olanda, per referendum consultivo (votanti, 30% del totale), alla ratifica dell’accordo di associazione Ue-Ucraina già provvisoriamente in vigore. Dopo il no all’Unione degli inglesi, il più devastante.

«È in atto una rivoluzione democratica trainata da Internet che cambia la società, come a suo tempo la stampa. La politica deve cambiare, soprattutto quella europea, la più antiquata con le sue soluzioni anni ’70 per problemi anni ’50», commenta brutale un osservatore olandese.

Nella nuova metafisica del no, all'assalto di ogni ordine costituito, nazionale, europeo, globale, c'è dentro di tutto: insicurezze crescenti dei cittadini, paure del nuovo, del diverso, del più forte, del più competitivo, del futuro. C'è furore emotivo e trionfo dell'irrazionalità, spesso frutto di scarsa conoscenza o di abili manipolazioni esterne. In democrazia il consenso è ineludibile, non importa se spesso le società o loro agguerrite minoranze non sanno quel che si fanno quando votano contro il libero commercio e l'Europa, grandi motori di sviluppo e lavoro. O per i muri e l'arroccamento nazional-identitario.

«È un testo-marmellata, 300 pagine di Trattato, 3000 di annessi, 2 dichiarazioni interpretative e varie bilaterali» taglia corto il portavoce del parlamento vallone. Del Ceta non piace soprattutto l'ISDS, la clausola che crea un tribunale arbitrale permanente per risolvere le vertenze tra multinazionali e governi. L'ISDS oggi compare in 1.400 accordi commerciali bilaterali sottoscritti dai paesi Ue e in circa 3.000 nel mondo. In questo modo salterebbero gli standard sociali e ambientali europei, denuncia Paul Magnette, presidente della Vallonia e nuovo eroe anti-sistema che sogna, pare, di diventare premier del Belgio. In realtà il Ceta, si dice, ha la colpa di essere il fratello minore del Ttip, l'accordo con gli Usa in stand-by. Accusa pretestuosa. Il Ceta accetta tutto quello che il Ttip rifiuta: dazi industriali quasi tutti azzerati, mercato aperto per servizi e appalti pubblici a tutti i livelli di Governo, mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali, forte protezione per investimenti e ben 143 indicazioni geografiche Ue. Tutela dei diritti del lavoro e dell'ambiente. Evidentemente nelle democrazie europee in transizione più degli interessi concreti oggi conta il governo delle emozioni no global, che esprimono il disagio di società spesso abbandonate a se stesse o alle risposte sempliciste dei populismi di varia matrice. Magnette l'ha capito, cavalca l'onda perché sa di esprimere gli stessi malumori che agitano le società tedesche, francesi, austriache, italiane, etc. Se non riuscirà a tranquillizzare gli elettori risolvendo presto il trinomio impazzito democrazia-commercio-politiche comuni, difficilmente l'Europa potrà resistere al popolo dei suoi sempre più numerosi Signor No.

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