I due volti di Obamacare – la grande eredità domestica di otto anni di presidenza democratica – entrano di prepotenza nella battaglia elettorale americana. Oltre 20 milioni di americani hanno conquistato l’accesso all’assistenza sanitaria, con i non assicurati scesi al 10% della popolazione, la percentuale più bassa di sempre. Barack Obama ha attraversato la Florida per perorare la causa della riforma della sanità, cui è legata a doppio filo anche la candidata democratica alla sua successione Hillary Clinton. Ma l’altro volto della riforma, negativo, è quello che i repubblicani e Donald Trump stanno attaccando senza tregua: forti rincari dei premi assicurativi all’orizzonte e l’uscita da intere aree del Paese di compagnie che rinunciano a offrire polizze per le troppe perdite. Una crisi che fa scattare l’allarme: i premi, per i piani di riferimento di Obamacare chiamati “Argento”, l’anno prossimo aumenteranno in media del 25%, il triplo rispetto all’anno scorso e con forti picchi in alcune città.
«I premi salgono al cielo», ha tuonato Trump nella cittadina di Sanford tra una denuncia di Hillary per corruzione e un’altra per il rischio che provochi la Terza guerra mondiale con l’aggressività in Siria contro i russi. «Cancellare Obamacare e fermare il takeover della sanità da parte di Clinton è una della principali ragioni per vincere le elezioni l’8 novembre». Clinton, da Miami, ha replicato che la legge va difesa e che farà i «cambiamenti necessari», aumentando sussidi e aiuti federali e affrontando «costi saliti troppo».
La sanità e le sue sfide sono cruciali ragioni di voto per sei elettori su dieci, stando a studi della Kaiser Foundation. E che le due campagne abbiano scelto la Florida per scontrarsi su Obamacare non è casuale: stando ai sondaggi, lo Stato sarà tra i più combattuti, con una manciata di punti percentuali che dividono i due candidati. E in più ospita una corsa per il controllo del Senato, il repubblicano Marco Rubio contro il democratico Patrick Murphy, e quattro seggi incerti alla Camera. Una posta in gioco che giustifica sfoderare le armi migliori. Per Clinton, la critica al governatore repubblicano dello Stato di non applicare Obamacare a dovere, rifiutando i fondi federali per ampliare il programma Medicaid per i più poveri. Per Trump l’accusa di razionamento della sanità e fallimento economico, la necessità di rescindere la riforma e sostituirla con soluzioni interamente di mercato, quali stimolare la concorrenza tra assicuratori eliminando barriere statali alle polizze e riducendo regolamentazioni e costosi obblighi minimi di copertura.
Ma che Obamacare sia difficile da difendere per i democratici lo confermano le articolate prese di posizioni della stessa Clinton di suo marito Bill. L’ex presidente, in una battuta poi ritrattata, l’ha definita «una follia» per chi, famiglie o piccole aziende, non riceve sussidi e viene colpito da rincari e franchigie. Hillary propone di riformare la riforma: vorrebbe inserire un piano pubblico negli Exchange, i borsini locali dove comprare polizze standard e ottenere aiuti, per garantire concorrenza e calmierare i prezzi. Tra le sfide, accanto ai costi, ci sono i ritiri dagli Exchange di colossi quali UnitedHealth e Aetna, con cinque Stati che avranno un solo provider dopo che nel 2015 il settore ha perso 2,7 miliardi su polizze individuali che hanno coperto molti più americani malati che sani.
I democratici sottolineano che l’80% dei cittadini riceve assistenza dal datore di lavoro o da programmi federali per anziani (Medicare) e poveri (Medicaid). Solo la restante fetta è interessata dall’Affordable care act, vero nome di Obamacare. Oltre il 70% di loro ha diritto a sussidi – sui redditi fino a tre volte la soglia di povertà, 97mila dollari l’anno per quattro persone – che consentono di pagare in media 75 dollari al mese per un dignitoso piano negli Exchange. Alcune misure hanno rafforzato l’intera assistenza sanitaria e sono popolari nonostante le polemiche: l’obbligo per ogni polizza a offrire assistenza preventiva, a non escludere o discriminare contro donne e condizioni mediche pre-esistenti, a permettere ai giovani di rimanere sul piano dei genitori fino al 26esimo anno di età.
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