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Il caso Libor scuote la Bank of England

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L'Analisi|VALUTE

Il caso Libor scuote la Bank of England

Come nelle migliori serie televisive, il seguito promette di essere molto più entusiasmante del prologo. L’affaire Libor-atto secondo è cominciato in sordina, con un’indagine che torna a scuotere Barclays e lambisce la Bank of England, svelando una nuova trama potenzialmente in grado di riscrivere la storia giudiziaria della più vasta truffa, o presunta tale, della finanza mondiale. Si tratta, lo ricordiamo, della denunciata collusione fra trader di primari istituti bancari mondiali per presentare condizioni di prestito interbancario più basse del reale, influenzando in tal modo il fixing del Libor (London inter bank offered rate), ovvero il tasso che regola le transazioni di prodotti finanziari per 350mila miliardi di dollari.

Fino a ora hanno pagato solo junior trader che in una serie di e-mail svelavano la volontà di dirottare il Libor, dichiarando tassi interbancari nella parte più bassa della forchetta, deragliando il corso del mercato. E, quel che più conta, falsando la percezione dell’istituto presso il quale operavano che maneggiando il Libor creava attorno a sé un’aura di inesistente solidità.

Se la prima parte si è conclusa con la condanna di Tom Hayes, ex Ubs ed ex di molte altre banche, a 11 anni di carcere e un manipolo di altri junior trader a pene variabili – con l’assoluzione di altri sei imputati – la seconda serie del caso Libor punta più in alto. È di qualche giorno fa la notizia che senior manager passati e presenti di Barclays sono stati interrogati dal Serious fraud office in una svolta capace di gettare una luce del tutto diversa sul caso. Anche perché, pochi giorni più tardi, è toccato a Paul Tucker, già vice governatore della Banca d’Inghilterra, rendere la sua testimonianza ad investigatori. Il nuovo ramo d’indagine non solo guarda al vertice del sistema bancario britannico, ma anche a un meccanismo di truffa potenziale diverso da quello indagato prima.

A denunciarlo ci ha pensato uno che se ne intende. Lo stesso Tom Hayes in una lettera inviata nei giorni scorsi al Financial Times e successivamente giunta anche al Sole 24 Ore differenzia fra dirottare il corso del Libor, spingendo per tassi reali seppure nella parte bassa della forchetta e il cosiddetto “lowballing”, dichiarare, cioè, tassi bassi e del tutto irrealistici rispetto alle condizioni di mercato. «Il lowballing va oltre la discrezionalità – ha sostenuto Tom Hayes – perché presenta opzioni false. Una pratica che non era avviata su sollecitazioni dei trader, ma del management più importante della banca con il coinvolgimento della Banca d’Inghilterra». Julie Pabon, moglie di Alex Pabon, un altro trader di Barclays condannato a due anni, in una risposta scritta al Sole 24 Ore accusa ex top executive dell’istituto di credito britannico. «Senior manager, incluso Jerry del Missier e Mark Dearlove hanno ammesso davanti alla Commissione Tesoro della Camera di essere a conoscenza e di aver preso parte al lowballing. Inoltre – sostiene Pabon – confermo di ritenere che la Banca d’Inghilterra abbia avuto un ruolo in tutto ciò. Ci risulta che il Serious fraud office abbia elementi per stabilire che la Bank of England era a conoscenza delle manipolazioni sul Libor».

La Banca centrale britannica è, in realtà, parte attiva nel nuovo filone d’inchiesta. Le risultanze di un’indagine interna alla BoE sarebbero state, infatti, passate al Serious fraud office per le eventuali valutazioni penali del caso. Ora gli investigatori devono stabilire se si siano verificati davvero comportamenti tali da giustificare un nuovo processo. L’interrogatorio di Paul Tucker, seppure reso spontaneamente e senza che esista alcuna accusa nei confronti dell’ex banchiere centrale, conferma che l’indagine procede a pieno regime. Il nome di Tucker è importante non solo perché era responsabile dell’area mercati per la Banca d’Inghilterra nel 2008 e candidato numero uno a succedere a Mervyn King nella posizione di governatore poi assegnata a Mark Carney, ma anche perché il suo nome era già comparso in una liaison con Barclays.

Nell’audizione del luglio 2012 alla Commissione Tesoro dei Comuni citata da Julie Pabon, Jerry del Missier già chief operating officer di Barclays sostenne «di aver avuto istruzioni e di averle passate» lungo la catena di comando al fine di abbassare il tasso interbancario da indicare per la fissazione del Libor. A dargliele sarebbe stato Bob Diamond, ex ceo di Barclays, che nella stessa audizione smentì, tracciando il profilo di un grande equivoco lungo la direttrice interna della stessa banca. Al centro del raggiro – o, se si vuole, dell’equivoco – c’è una comunicazione in cui Diamond, reduce da un colloquio con Paul Tucker, fa sapere a del Missier che secondo il vice governatore le indicazioni sui tassi (submission) non necessariamente dovevano essere «sempre così alte come avvenuto di recente». Un incoraggiamento a sfruttare al massimo la discrezionalità mirando alla parte bassa della forchetta, dinamica che pure è costata anni di galera ai junior trader, oppure al vero e proprio lowballing, inventando condizioni di credito inesistenti ? L’ex ceo, come detto, ha sostenuto di non aver mai dato indicazioni simili. Il contesto in cui tutto sarebbe avvenuto è quello del 2008 fra i crolli di Lehman e la fragilità di Barclays, oggetto in quei giorni di un discusso investimento da 7,3 miliardi di sterline da parte di fondi di Abu Dhabi e Qatar.

È presumibile, sul filo della logica, che Bob Diamond, Jerry del Missier e altri ex top manager della banca siano chiamati a dare spiegazioni al Serious fraud office. Il caso torna quindi a montare, portando fra le carte degli investigatori i sussurri ascoltati alla Commissione Tesoro e arricchiti dei mille particolari usciti dai due processi che si sono già celebrati sul caso Libor. Un caso, lo ricordiamo costato già migliaia di miliardi di dollari di penali comminate dai regolatori alle banche coinvolte senza considerare quelli spesi per risolvere cause civili intentate da chi si è sentito danneggiato da tassi taroccati.

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