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Acciaio e concorrenza, le proposte di Bruxelles

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Acciaio e concorrenza, le proposte di Bruxelles

La Commissione europea ha presentato ieri la nuova attesa metodologia con cui valutare la concorrenza sleale a livello internazionale e quindi calcolare eventuali dazi anti-dumping. L’obiettivo è di rafforzare le difese commerciali dell’Unione in un momento di crescente protezionismo, in particolare cinese. L’esecutivo comunitario ha spiegato che le misure sono pienamente in linea con le regole dell’Organizzazione mondiale del Commercio.

«Il commercio – ha detto in una conferenza stampa qui a Bruxelles il vice presidente della Commissione europea Jyrki Katainen – è la migliore leva economica. Ma il commercio deve essere equo, e solo un commercio equo può essere libero. Oggi (ieri per chi legge, ndr) presentiamo una proposta per adattare i nostri strumenti di difesa commerciale e meglio affrontare le nuove realtà segnate da sovracapacità e da un quadro legale in grande cambiamento».

Le nuove proposte devono essere approvate dal Consiglio e dal Parlamento. La commissaria al Commercio, Cecilia Malmström, ha assicurato che la nuova metodologia sarà neutrale rispetto al Paese: «Non si tratta di concedere lo status di economia di mercato ad alcun Paese», ha aggiunto. Il riferimento è alla Cina. Alla fine dell’anno, secondo il Protocollo d’ingresso del Paese nell’Omc, il Paese asiatico può sperare di ottenere questo status. Il tema è fonte di incertezze e divisioni in Europa.

Alcuni Paesi sono favorevoli a concedere lo status a Pechino. Altri contrari, per paura di una invasione di prodotti a basso costo costruiti nel gigante asiatico. La concessione dello status, infatti, modifica d’emblée il modo in cui il Paese importatore calcola i dazi commerciali, riducendo le difese commerciali. Per superare le tensioni nazionali dinanzi a una scelta controversa, la Commissione europea vuole andare oltre la dicotomia tra economia di mercato ed economia non di mercato.

Attualmente, in circostanze normali, il dazio viene calcolato mettendo a confronto il prezzo di esportazione con il prezzo di produzione o il prezzo di vendita nel Paese esportatore. Il principio rimarrà valido, ha spiegato la Commissione, ma altri criteri verranno utilizzati. Per esempio: l’influenza della mano pubblica, la presenza di imprese statali, l’indipendenza del settore finanziario nel Paese produttore. Il mirino di Bruxelles sarà puntato contro specifici settori, non più Paesi nel loro insieme.

La decisione dell’esecutivo comunitario giunge dopo una lunga trafila politica. Non tutti sono contenti della scelta. Ancora ieri vi sono state proteste da parte del mondo imprenditoriale europeo, convinto che la decisione equivalga a concedere alla Cina lo status di economia di mercato. La nuova proposta «mina la certezza legale nella politica di difesa commerciale dell’Unione», ha spiegato Aegis, l’associazione che rappresenta gli interessi dell’industria manifatturiera europea. Sempre ieri qui a Bruxelles circa 10mila persone hanno manifestato nelle vie della città a favore dell’acciao europeo, in grave crisi a causa della concorrenza cinese.

La Commissione ha comunque assicurato che le misure proposte ieri non sostituiscono le proposte di modernizzazione delle difese commerciali europee presentate nel 2013, con la possibilità di aumentare i dazi in particolari circostanze. Proprio questa proposta sarà discussa domani dai ministri responsabili del commercio.

La riunione sarà anche l’occasione per toccare con mano la reazione dei governi dinanzi alle nuove proposte comunitarie. Il tema del commercio è diventato controverso. Secondo i Trattati, è competenza esclusiva della Commissione, ma le grandi preoccupazioni provocate dal libero commercio stanno provocando una rinazionalizzazione della politica commerciale. Il recente accordo con il Canada (il Ceta) è stato firmato dai Ventotto in ottobre solo dopo che la Vallonia ha dato un sofferto via libera.

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