
Si conosceranno domani i nomi delle dieci città che si contenderanno il titolo di capitale della cultura per il 2018 su oltre venti aspiranti, titolo che quest’anno è nelle mani di Mantova, il prossimo passerà a Pistoia e nel 2019 sarà di Matera, designata nel 2014 capitale europea (dunque, anche italiana) della cultura. In quell’occasione il ministero dei Beni culturali decise di istituire anche la capitale italiana della cultura, che nel 2015 venne assegnata alle altre cinque città - Cagliari, Ravenna, Perugia-Assisi, Siena e Lecce - che contesero il titolo europeo a Matera.
Domani la commissione del ministero dei Beni culturali si riunirà per valutare i dossier proposti dalle città candidate, sulla base dei quali saranno selezionati i dieci concorrenti al titolo per il 2018. Per le amministrazioni che non ce la faranno, si tratterà comunque di un lavoro di progettualità che non andrà perduto. Infatti, se si è operato bene e con lungimiranza, il dossier permetterà alle città di avere le idee chiare sugli interventi culturali da realizzare e sugli effetti a cui si tende.
Una prospettiva che potrebbe diventare comune a tutti i centri se passasse la proposta uscita dal Lubec, l’incontro sulle politiche culturali organizzato da PromoPa, giunto alla dodicesima edizione e che si è tenuto a Lucca a metà ottobre. L’idea - contenuta in un vademecum di cinque proposte - è di prevedere nel documento unico di programmazione degli enti locali una sezione riservata al piano strategico della cultura. «Si tratta - spiega Gaetano Scognamiglio, presidente di PromoPa - di un lavoro simile a quello di preparazione del dossier per candidarsi a capitale della cultura e che, dunque, può tornare utile anche sotto tale versante. L’obiettivo finale è sempre lo stesso: coniugare le attività culturali con lo sviluppo del territorio». In questo modo si riuscirebbe anche a salvaguardare il genius loci di ogni realtà del Belpaese. «Quella diversità data da tradizioni, paesaggio, artigianato, enogastronomia che connota - aggiunge Scognamiglio - l’identità dei grandi e piccoli centri della Penisola si sta perdendo sotto i colpi dell’omologazione: si aprono gli stessi negozi, si avviano le medesime attività e così facendo si snaturano i centri storici. La proposta è di difendere il genius loci e di considerare questo come premiante per altri fini. Per esempio, per il riconoscimento di capitale italiana della cultura».
In questo senso vanno anche le altre proposte: si prevede di attivare un gruppo di lavoro presso il Focus capitali europee della cultura (ufficio dei Beni culturali che si occupa di istruire i dossier delle città candidate) in modo da favorire lo scambio di informazioni e progetti. Prospettiva da perseguire anche attraverso un coordinamento a livello regionale dei siti Unesco, in modo da definire a livello territoriale azioni comuni sul fronte culturale ed economico, in particolare turistico.
L’ultima proposta riguarda, invece, l’art bonus, il credito d’imposta per chi finanzia la cultura e che al Lubec si è proposto di estendere ai beni ecclesiastici vincolati e aperti al pubblico, sulla falsariga di quanto già fatto dal decreto legge 189 per le zone colpite dal sisma, dove si è previsto di utilizzare lo sconto fiscale anche per restaurare i beni culturali di interesse religioso.
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