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La sfida della sicurezza «social»

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Scenari

La sfida della sicurezza «social»

  • –Susanna Sandulli

Una delle tematiche più ricorrenti degli ultimi anni riguarda la tutela della sicurezza nello svolgimento delle attività online; se tale questione, da una parte, concerne indubbiamente la lotta al terrorismo internazionale e la repressione di altri reati come la pedopornografia, notevoli problemi si pongono a causa dello sviluppo dei social networks, in quanto la sicurezza pubblica può essere minacciata da diverse forme di cybercrime.

Il fulcro della questione è ravvisabile nelle ripercussioni economiche che tali fattispecie di reato possono produrre, poiché nella Rete sono presenti molti dati riguardanti imprese o patrimoni individuali e, pertanto, la cosiddetta business continuity è sottoposta a un forte rischio.

La necessità di una maggior implementazione dei sistemi di sicurezza è stata sottolineata anche dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la quale, tramite la raccomandazione sulla sicurezza digitale e la gestione del rischio del 1° ottobre 2015, ha evidenziato che essa si pone come un problema non solamente di ordine tecnologico, ma anche economico.

Come rimarcato dal presidente del Garante per la tutela dei dati personali, Antonello Soro, non è pensabile eliminare del tutto i rischi derivanti dal digitale e, in un certo senso, questi devono essere accettati in ragione dei plurimi obiettivi che l’Italia e l’Unione europea si sono poste; tuttavia, ciò non può esonerare i governi dei singoli Stati dall’adottare una serie di strategie che assicurino la tutela della privacy dei cittadini, conferendo a quest’ultima il ruolo di obiettivo primario dei piani di sviluppo.

L’innovazione, infatti, a parere dell’Ocse, deve essere considerata un aspetto fondamentale nell’attività di gestione della sicurezza digitale, la quale, per essere efficiente, deve garantire una piena collaborazione non solo tra soggetti pubblici e privati, ma anche fra i diversi Stati, dando vita a una compenetrazione fra diritto nazionale e sovranazionale.

Infine, sebbene la digital security influenzi profondamente il raggiungimento dei diversi obiettivi economici e sociali, essa deve andare sempre di pari passo con la salvaguardia dei diritti fondamentali, affinché la tutela di questi non risulti, in alcun modo, diminuita.

A partire dagli eventi dell’11 settembre 2001 e a seguito dei, purtroppo, numerosi attentati terroristici che sono stati realizzati in Europa negli ultimi anni, la necessità di una maggior sicurezza ha comportato un’ingerenza notevole di dati personali che potrebbe ledere quel sistema di protezione così difficilmente realizzato; pertanto, la Corte di giustizia ha sottolineato la necessità che il controllo sui dati personali degli utenti per ragioni di sicurezza incontri limiti ben precisi.

Proprio per questo, il 6 luglio 2016 sono state approvate dal Parlamento europeo le norme relative alla strategia sulla sicurezza informatica («Cyber security») e fra queste anche la direttiva Nis (Network and Information Security), applicabile a tutti i soggetti che svolgono attività ascrivibili ai cosiddetti servizi essenziali; essa nasce dalla consapevolezza che il sistema moderno si caratterizza per una logica di interoperabilità dei servizi, la quale aumenta in maniera esponenziale i rischi e, infatti, la direttiva, oltre a imporre agli Stati membri di riferire a un’apposita Autorità nazionale i vari incidenti che si verificano, obbliga questi ultimi a istituire il Cert (Computer emergency response team), ossia un network che si occupi delle reti più critiche, monitorando gli eventuali incidenti verificatisi a livello nazionale.

Sebbene, dunque, la sicurezza e la privacy degli internauti costituiscano uno dei più importanti obiettivi che l’Ocse si è prefissata di raggiungere mediante l’instaurazione di un clima di maggior fiducia, è innegabile che, in realtà, giungere alla creazione di un diverso e migliore mosaico giuridico, comunitario e internazionale, sia un risultato estremamente ambizioso; infatti, oltre che delle indubbie difficoltà applicative, è necessario tener conto anche dei diversi valori che caratterizzano gli Stati, europei e non.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’articolo è un estratto dal capitolo «Privacy e sistema social» contenuto nel rapporto «Consumerism 2016» (giunto alla nona edizione) realizzato da Consumers’ Forum, in collaborazione con l’Università degli studi di Roma Tre e coordinato da Liliana Rossi Carleo e Fabio Bassan, rispettivamente professore emerito di Diritto privato e professore ordinario di Diritto internazionale presso lo stesso ateneo