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La Cina e il dilemma di WeChat

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L'Analisi|Scenari

La Cina e il dilemma di WeChat

«L’Impero di Tencent” – è il titolo del libro di Lin Jun e Zhang Yuzhou sullo schivo e geniale tycoon Ma Huateng (detto Pony Ma, una sorta di anti Jack Ma ) – è al bivio di svolte cruciali. Come una sequoia, il colosso di Shenzhen sta crescendo a dismisura e le stesse radici finissime conficcate nella società cinese potrebbero metterne a rischio lo sviluppo, piuttosto che garantirne l’evoluzione. Questo impero da 200 miliardi di dollari, quanto Oracle più Intel e 30mila dipendenti, viaggia a velocità talmente supersonica che Pechino è costretta a imbrigliarlo, correndo ai ripari contro uno strapotere decretato dagli stessi consumatori cinesi che, grazie al suo core, il social network WeChat in auge da circa quattro anni, ormai fanno (e vogliono continuare a fare) di tutto e di più, per giunta, gratis.

Non solo. I competitors di Pony Ma, in testa Alibaba, hanno ben compreso che la svolta e-commerce di Tencent potrebbe essere letale grazie alle potenzialità del social network che viaggia, sin dai primi vagiti, sulla rete mobile. E ne sorvegliano le mosse.

Mezza Cina ha un account WeChat, ben 762 milioni di utilizzatori attivi a maggio 2016 e controllarli, anche per la security, è molto impegnativo: gli utenti spaziano dagli arricchiti tuhao agli immigrati inurbati dalle campagne, scarpe sfondate e vestiti laceri.

Un tool che più comunista di così non potrebbe essere, questo social network è ormai il più diffuso al mondo e – a differenza di Alibaba – corre sugli smartphone, grazie a un prodigioso mix di funzioni simili a Facebook, WhatsApp, Skype & co, tutti in un’unica applicazione, un punto di non ritorno per la facilità con cui è possibile scambiarsi informazioni, ormai anche per il lavoro, per qualsiasi lavoro, WeChat è imprescindibile. Ha fatto impallidire QQ, il social di Tencent che usavano, alle medie, i cinesi che oggi frequentano l’università e per i quali WeChat è, in pratica, un’estensione del sistema nervoso centrale. La Cina brulica di zombi che non riescono a staccarsi dallo smartphone, praticamente mai, e WeChat è la calamita di tanta affezione.

Poi vai al ristorante e puoi dare la mancia al cameriere scannerizzando il QR appuntato in petto, incontri qualcuno e non scambi più il nome, il telefono o l’email o il biglietto da visita, ma l’account WeChat: tutt’al più è solo questione di QR, facciamo prima con il tuo o con il mio? Una bibita in metro? La macchinetta accetta solo WeChat. Compri il nuovo Samsung e ti accorgi che ha la funzione Hongbao WeChat (la busta rossa per inviare online somme in regalo) incorporata. Poi giochi, giochi e ancora giochi, senza fine, tutti ipnotizzati a videogiocare i download di WeChat, scarichi gratis poi paghi quando arrivi a un certo livello e non puoi fermarti più.

Tencent è assurta agli onori della cronaca mondiale qualche mese fa proprio quando ha comprato per 8,6 miliardi di dollari la finlandese Supercell, developer di popolarissimi giochi online, tra cui Clash of clans e Clash royale. I giochi sono la fonte di guadagno per il 60%, il 10% è l’informazione. Nel 2015 Tencent ha ricavato 8,5 miliardi di dollari dai giochi, avviandosi a conquistare il 13% della “torta” mondiale da 100 miliardi. Nel 2016 i ricavi dai giochi cresceranno del 21% a 37 miliardi di dollari, eclissando i profitti di console e pc. L’acquisizione di Supercell aiuterà Tencent a diventare globale, ma in Cina, rispetto ai competitor Sina, Alibaba, Baidu già ha vinto con la sua sterminata rete di account.

La possibilità di permettere pagamenti in denaro a costo zero in maniera rapidissima attraverso la piattaforma Tencent è un vantaggio enorme per il cinese comune. Spostare i soldi dal conto corrente a WeChat è come bere un bicchier d’acqua, e non sarà facile digerire i cambiamenti in arrivo. Le banche tradizionali hanno i nervi tesi, pressati dalla competizione, la Banca centrale ha deciso, dal 1° dicembre, apparentemente a causa di una serie di frodi telematiche, che WeChat (ma anche Alipay & co.) dovranno sottostare a una serie di complesse regole sui limiti, le modalità e costi del pagamento, sull’apertura di un certo numero di conti, firma elettronica obbligatoria nel caso in cui si superino determinati importi. E, ancora, obbligo di fornire identità e altro, minori e anziani tutelati di diritto.

Bengodi sta per chiudere i battenti?

Difficile pensare che tutto ciò possa demoralizzare Tencent, WeChat si avvia a diventare una rete sterminata di negozi online con tanto di istruzioni per potenziarsi ancora. Un monitoraggio di 800 casi eccellenti rivela le differenze con Jingdong e Taobao, perché su WeChat è il contenuto messo in rete che porta all’acquisto e non viceversa, insomma non si va su WeChat solo per comprare come su Alibaba & co. Ci si ritrova, si scambiano contenuti, se qualcuno vende c’è chi compra.

Un sondaggio del top dei 5.268 negozi WeChat ha dimostrato che il 14% di chi ha un account ha aperto un negozio ci guadagna, vanno fortissimo i contenuti legati alla cultura e ai bambini, da soli occupano il 71% del volume delle vendite, libri e prodotti per l’infanzia sono le categorie avvantaggiate. Oltre il 25% degli account WeChat che parlano di bambini, di bellezza e di viaggi hanno negozi WeChat. I seguaci di queste categorie di contenuti, di solito, hanno un potere d’acquisto più elevato, e hanno quindi più probabilità di essere convertiti in clienti. Wu Xiaobo Channel, un account focalizzato sull’economia e gli investimenti, ha lanciato un negozio WeChat per vendere vino, in un anno ha fatturato 10 milioni di yuan. Rice-Cake Mama si occupa di cura dei bambini, ha raggiunto 40 milioni in un solo mese.

Il contenuto fa da appoggio e converte i follower in clienti. Sorprendentemente i libri sono il prodotto più acquistato, leggere un articolo su WeChat spinge a comprare il libro. Acquisto mirato e influenzato, è la naturale prosecuzione del consumo di contenuti. I clienti sono, poco a poco, a volte inconsciamente, convertiti in acquirenti. Come Pechino possa controllare anche queste sirene è davvero un mistero.

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