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I rischi del «Trumpolino»

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L'Analisi|l’analisi

I rischi del «Trumpolino»

In questi tempi di neologismi, da «Trumpflation» a «Trumponomics», ne manca uno che descriva l’esuberanza di Wall Street. Lo creiamo noi: «Trumpolino».
Perché il nuovo presidente Usa, che fino a poco tempo fa sembrava il più grande incubo per i mercati, è in realtà diventato un vero trampolino di lancio per Wall Street: è di ieri il nuovo, l’ennesimo, record storico della Borsa Usa. A questo punto non resta che porsi una domanda: il mercato sta esagerando oppure no? Esistono rischi che la festa finisca?

“Il nuovo presidente Usa, che fino a poco tempo fa sembrava il più grande incubo per i mercati, è in realtà diventato un vero trampolino di lancio per Wall Street”

 

Per rispondere bisogna prima capire come il rally sia nato. Trump rappresenta una speranza per il mercato perché promette una politica fiscale iper-espansiva: cioè spesa pubblica e tagli consistenti alle tasse. Questo ha cambiato l’orizzonte di chi investe a Wall Street: dopo aver visto le aziende quotate in Borsa registrare profitti in calo per cinque trimestri di fila, la prospettiva di una politica fiscale così espansiva si è tradotta nella speranza che presto o tardi gli utili aziendali possano ripartire. Calcola JP Morgan che l’utile per azione delle aziende di Wall Street potrebbe crescere di 15 dollari se solo Trump abbassasse davvero la pressione fiscale sulle imprese al 15%. Del resto è accaduto anche in passato: negli anni ’80, ai tempi di Reagan e delle «Reaganomics», mentre il deficit federale saliva dal 2,4% del 1981 al 5% dell’83 Wall Street correva di oltre il 25%. Ecco perché il mercato ci spera.

“Se il motivo del rally è chiaro, resta da rispondere alla domanda: quello visto fino ad ora è eccessivo? Wall Street non ha un po’ esagerato nell’anticipare eventi ancora ignoti?”

 

Se il motivo del rally è chiaro, resta da rispondere alla domanda: quello visto fino ad ora è eccessivo? Wall Street non ha un po’ esagerato nell’anticipare eventi ancora ignoti? In fondo la futura politica fiscale di Trump è solo una speranza, ancora tutta da verificare. Sebbene una risposta a questa domanda non esista (i mercati hanno dimostrato più volte imprevedibilità), alcuni indicatori possono aiutare a intuirla. Partiamo dal più classico: il rapporto tra prezzo delle azioni utili delle imprese. Ebbene: a Wall Street questo indicatore è abbastanza elevato (attualmente sulla media dei ricavi 2016-2017 sta a 17,5 secondo i calcoli di Citigroup), anche se sotto i massimi di bolle precedenti. Quello che fa più impressione è però la forbice degli ultimi tempi: utili in frenata e prezzi di Borsa in forte rialzo. Morale: o la politica di Trump fa davvero decollare i profitti (tenendo conto del freno derivante dal rincaro del dollaro), oppure il mercato sta prendendo un abbaglio e le valutazioni di Borsa sono troppo elevate.

Un altro indicatore mostra che l’esuberanza è alta. È un indice elaborato da Pictet Am sull’umore degli investitori. Quando questo indicatore supera quota 2, significa che Wall Street è troppo esuberante e che - almeno storicamente è accaduto così - potrebbe presto ridimensionare le quotazioni. Ebbene: oggi è a 2,0. Cioè esattamente al limite dell’euforia. E se si prendono altri indicatori analoghi, come il Bull-Bear spread, si scopre che il mercato è ben sopra i limiti. Per quanto questi indicatori possano essere predittivi, un messaggio lo lanciano: o Trump realizza una svolta vera, oppure la Borsa di Wall Street si sta eccitando troppo e per niente.

“Ci sono poi altri fenomeni che potrebbero incidere su Wall Street, come l’effetto del protezionismo promesso da Trump, l’impatto del rialzo dei tassi da parte della Fed”

 

Terzo punto: l’incertezza globale. Questa grande corsa della Borsa americana avviene alla vigilia di una tornata elettorale molto particolare in Europa, dal referendum italiano alle elezioni in Germania, Francia e Olanda. L’indice dell’incertezza politica globale ha toccato i record storici ultimamente, soprattutto guardando all’Europa. Questa situazione potrebbe avvantaggiare i mercati Usa, qualora si verificasse una fuoriuscita di capitali dall’Europa. Ma potrebbe anche creare volatilità globale, qualora l’Europa venisse percepita come un’area sempre più instabile. Ci sono poi altri fenomeni che potrebbero incidere su Wall Street, come l’effetto del protezionismo promesso da Trump, l’impatto del rialzo dei tassi da parte della Fed. Le incognite sono tante.

Ecco perché il mondo degli analisti è diviso in due: molti ritengono che Wall Street abbia corso troppo, che abbia valutazioni troppo elevate e che non sconti i rischi globali, mentre molti altri ritengono che sapendo scegliere le azioni buone (quelle bancarie ad esempio) la Borsa americana (e non solo) possa ancora dare soddisfazioni. Molti investitori iniziano a guardare il crescente populismo come un’opportunità, altri come un rischio invalutabile. C’è insomma chi guarda il bicchiere mezzo pieno, e chi teme di affogarci dentro.

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