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Al Piccolo le «Chiavi d’Europa»

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intervista a sergio escobar

Al Piccolo le «Chiavi d’Europa»

Al sesto piano del Teatro Strehler, nel cuore di Milano, gli allievi della Scuola del Piccolo Teatro di Milano “Luca Ronconi” (fondata da Giorgio Strehler e diretta da Carmelo Rifici) stanno provando Chiavi d’Europa, lo spettacolo dedicato all’Unione europea che andrà in scena domani sera. «Un omaggio alla figura di Altiero Spinelli, che moriva trent’anni fa, e al progetto Erasmus, che nasceva poche settimane dopo», spiega Sergio Escobar, da 18 anni alla direttore del Piccolo Teatro. E attraverso di loro, un omaggio ai valori fondativi dell’Unione Europea, istituzione di questi tempi assai poco popolare.

«Coinvolgere i giovani e renderli protagonisti in uno spettacolo che affronta la nostra storia è un progetto che esprime bene la missione di un teatro come il Piccolo», spiega il direttore: primo in Italia, nel 1991 (e poi nel 2014) è stato riconosciuto “Teatro d’Europa” e, all’inizio di quest’anno, ha ricevuto dal governo l’autonomia di gestione. Riconoscimenti non solo giuridici o di facciata, ma che comportano effetti concreti, onori e oneri: maggiore libertà dai vincoli burocratici e maggiori finanziamenti statali, a fronte di maggiore impegno e produttività, oltre che equilibrio nella gestione economica.

Un nuovo pubblico

In questi anni il Piccolo ha saputo creare un nuovo pubblico utilizzando abilmente gli strumenti digitali, da internet ai social network, alla web tv. Il primo biglietto online emesso risale al 28 marzo del 2000: oggi gli acquisti via web superano il 50% del totale. I profili social del Piccolo hanno oltre 170mila iscritti e, con 150mila fan, la sua pagina Facebook è la seconda più seguita fra i teatri di prosa nel mondo, alle spalle del Globe Theater di Londra.

Anche questo ha contribuito alla crescita costante delle presenze nelle ultime cinque stagioni, con il record atteso per quella in corso di oltre 293mila spettatori, il 37% in più rispetto al 1999. E abbonamenti in aumento, nello stesso periodo, di quasi il 50%, a quota 25.527 quest’anno. «Ma il dato che ci rende più orgogliosi – dice il direttore – è quello sui giovani: nella stagione in corso la presenza di spettatori con meno di 25 anni ha raggiunto il 47% del totale». Solo dieci anni fa il pubblico under 34 rappresentava il 18%. Del resto, dice Escobar, «fare teatro significa anche fare formazione teatrale».

Ripartire a 70 anni

Mantenere l’equilibrio fra tradizione e innovazione, facendo tornare i conti senza intaccare qualità e ruolo sociale è la battaglia quotidiana del teatro fondato da Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi, che si prepara a festeggiare, nel 2017, i settant’anni. Nessuna celebrazione autoincensatoria, promette Escobar, ma un’analisi del rapporto con la città, a partire da una recente indagine sul pubblico del Piccolo. Il legame con Milano, le sue istituzioni e i suoi abitanti ha infatti caratterizzato sin dalle origini la storia di questo teatro e ne ha fatto la forza e la fortuna.

Fondi pubblici e ricavi

Oggi, grazie all’autonomia, il Piccolo vede aumentare gli stanziamenti statali, con 4,3 milioni di euro nel 2016 contro i 3,2 dell’anno scorso, invertendo la parabola discendente dei fondi avviata (con l’eccezione del 2011) dopo il 2006, quando il governo stanziò 5,2 milioni. Ma se lo Stato aumenta le risorse – e Comune e Regione mantengono i loro impegni (rispettivamente con 4,5 e 1,5 milioni l’anno) – sono invece venuti meno circa 850mila euro in passato garantiti tra Provincia (oggi abolita, come socio fondatore portava 450mila euro l’anno) e Camera di Commercio (che ha dovuto tagliare 400mila euro al suo tradizionale contributo di 950mila euro). L’aumento di spettatori e abbonati ha garantito tuttavia al teatro un incremento degli incassi, aumentati nell’anno solare 2016 dell’11%, da 4,9 a 5,5 milioni di euro. Una cifra che, aggiunta a quella degli sponsor e dei partner privati, porta la voce “altri ricavi propri” nel bilancio del Piccolo al 45,2% del totale (circa 19 milioni), una delle quote più alte fra i teatri europei di prosa.

«L’incremento dei valori dimostra che a pagare non è la politica degli sconti, ma quella della coerenza e della qualità», precisa Escobar. Coerenza con una storia di 70 anni che affonda le radici nell’idea di «teatro d’arte per tutti» teorizzata da Strehler, dove il patto di solidarietà fra il teatro stabile cittadino e la sua comunità è fondamentale.

«Abbiamo fatto scelte artistiche anche difficili, il cui successo era tutt’altro che scontato - spiega il direttore del teatro –. Ma i risultati ci danno ragione». Come portare in scena “lunghe teniture” (ovvero produzioni che rimangono in cartellone fino a due-tre mesi) quali Odyssey, Lehman Trilogy, L’Opera da tre soldi o Elvira; oppure opere in lingua originale. O ancora aumentare lo spazio, accanto ai “classici”, della drammaturgia contemporanea, che rappresenta il 75% delle produzioni complessive in sede realizzate negli ultimi quattro anni.

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