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Una nuova educazione per essere informati

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lo sviluppo dei media

Una nuova educazione per essere informati

«Abbiamo abisogno di voi. Dovete diventare proattivi, controllare le fonti. Non condividere notizie false è la prima vera necessità per far sì che nel mondo circolino notizie vere, importanti e precise. Quelle che voi per primi avete il diritto di leggere». Ha il sapore di un ribaltamento di prospettiva importante, anche radicale per certi versi, l’invito che Vivian Schiller, consulente media e con un passato come capo delle news di Twitter, ha rivolto ai mille studenti intervenuti al Teatro Civico di La Spezia. L’occasione era la prima delle due giornate di “Cittadinanza inFormazione”, iniziativa promossa dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, guidato da Andrea Ceccherini e da Fondazione Carispezia, presieduta da Matteo Melley.

L’iniziativa, sperimentale, è inserita nel contesto de “Il Quotidiano in classe”, progetto di punta dell’Osservatorio Giovani Editori, e si chiama “Civico 2.0” con l’idea appunto di formare cittadini sempre più attivi responsabili, informati e quindi padroni delle proprie scelte. Insomma, la mission che da più di tre lustri si è data l’Osservatorio e che porta ciclicamente gli studenti delle scuole superiori italiane aderenti al progetto a confrontarsi con personaggi del mondo dei media, ma anche della cultura e dell’economia e finanza per discutere dell’approccio di questa generazione alle tematiche sempre più spinose che attengono all’universo delle news e alla cittadinanza attiva.

Ieri di questo si è parlato, esaminando il contesto scivoloso delle “bufale”, che il web è capace di ingrossare a dismisura come valanghe, ma anche il contesto stesso in cui oggi vivono giovani e meno giovani. E così, nel pomeriggio di discussione al Teatro Civico di La Spezia ruolo del web e in particolare dei social e ruolo dell’informazione “professionale” hanno rappresentato il fil rouge di tutti gli interventi. Ma, come è nella tradizione della casa, gli studenti sono intervenuti senza reticenze, hanno preso la parola, fatto domande in cui concetti come “alterazione della realtà”, piuttosto che “alto costo delle notizie” sono stati posti all’attenzione dei relatori.

Senz’altro, chi fosse intervenuto ieri al Teatro Civico di La Spezia avrebbe visto innegabilmente una distanza fra i giovani e l’informazione professionale. Ma sarebbe sbagliato pensare a universi inconciliabili. C’era un religioso silenzio in sala quando Vivian Schiller parlava delle bufale in rete che hanno avuto un ruolo – e mai come in questa occasione – sulle elezioni americane. C’era un religioso silenzio quando l’ex head of news di Twitter ripercorreva con le sue slide i numeri delle ricerche internazionali in cui i social appaiono sempre più come determinanti nella dieta mediatica della fascia di popolazione che rappresenta i lettori di oggi e di domani. Qualcosa vorrà pur dire se il 51% del campione dichiara di utilizzaare i social come fonte di notizie (e per il 12% è la fonte principale). Qualcosa vorrà pur dire se la fiducia nei giornalisti non è certo al top. Solo un terzo degli intervistati nel mondo (e meno di un quarto in Italia), secondo i dati mostrati ieri dice di avere fiducia nei media tradizional. Il che poi vuol dire impatto sulle scelte di acquisto.

Se le notizie “girano” sui social, allora il ragionamento sulle notizie che non lo sono ma che lo diventano diventa prioritario. Gemma, una ragazza di un liceo di La Spezia, si chiede: «Chi può scegliere? Chi può essere l’arbitro: un algoritmo?». Schiller ricorda come recentemente, e proprio sulla scorta delle elezioni Usa, Facebook e Google hanno iniziato a prendere le contromisure (o quantomeno a tentarci), negando la pubblicità ai siti che si “nutrono” di bufale. Ma alla fine il ragionamento approda lì: alla capacità dei giovani, dei lettori e “utenti” delle notizie, di saper discernere, in modo consapevole, per non cedere a una deriva che nel web trova, inevitabilmente, un grande acceleratore.

Una sponda la si deve certamente trovare nel giornalismo fatto da professionisti, in cui la qualità dell’informazione fa pendant con la fatica quotidiana della verifica delle fonti e dell’equilibrio con cui si fa notizia. Un punto di vista, questo, condiviso da i tre direttori che si sono alternati sul palco: Roberto Napoletano (Il Sole 24 Ore), Luciano Fontana (Corriere della Sera) e Ferruccio de Bortoli (ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore e ora presidente Longanesi e Vidas). «Per me – ha spiegato Luciano Fontana – leggere il giornale di carta era un’esperienza unica. Ora è chiaro che la fruizione delle notizie avviene per voi soprattutto altrove». Ma di notizie si parla e, alla fine, la professionalità non può che fare premio.

Il tutto però necessità di un’educazione a certi concetti. Qui il ragionamento si è innestato con tutta la parte del convegno in cui si è discusso di un convitato di pietra al quale si pensa poco ma che inevitabilmente determina le scelte e il futuro delle generazioni. Povertà e disegualianza sono concetti che nell’iniziativa dell’Osservatorio Giovani-Editori e di Fondazione Carispezia hanno trovato spazio e la dignità quale «priorità che deve porsi il governo in termini di politiche da mettere in campo», ha precisato Giuseppe Guzzetti, presidente Acri (l’organizzazione che rappresenta le Casse di Risparmio e le Fondazioni di origine bancaria). «Ci sono circa 2 milioni di bambini che vivono in uno stato di povertà assoluta» e «il 36% dei giovani interrompe gli studi per problemi di risorse», ha detto il presidente Acri ricordando poi l’impegno delle fondazioni con i bandi bandi nazionali dedicati alla prima infanzia (0-6 anni) e all’adolescenza (11-17 anni), nati da un accordo tra le Acri e Governo. Ferruccio de Bortoli ha ricordato la necessità di ridare slancio alla «solidarietà. Siamo in una società sempre più diseguale che si impoverisce a vista. Chi non ce la fa deve essere messo nelle condizioni di rialzarsi». Il secondo panel di discussione sul tema ha visto poi gli interventi di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei e di Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 Ore. E qui si è affrontata la parte successiva del discorso: quali prospettive ci sono per i giovani? «Come ha detto il presidente Guzzetti – ha spiegato monsignor Galantino – siamo noi adulti a frenare il ricambio che i giovani possono offrire. Come afferma Papa Francesco, nei giovani c’è disponibilità, voglia di protagonismo. Ma quando le condizioni non permettono il giusto riconoscimento, la voglia e la forza si trasformano in ribellione o comunque in voglia di tirare i remi in barca».

La crisi intanto, morde. Ed è un fattore che pervade la realtà di tutti i giorni. «Dobbiamo partire dalla considerazione – ha affermato Napoletano – che oggi si è superata per qualità e quantità la crisi del 29. Viviamo una sorta di rivoluzione francese diffusa, con sanculotti, da una parte, ed élite, che cadono di Paese in Paese e con un indebolimento del ceto medio. Parliamo di problemi la cui dimensione è tale da richiedere tempo per la risoluzione. Non esistono soluzioni immediate né bacchette magiche». La strada da seguire però, è quella che passa attraverso la valorizzazione di «scuola, ricerca, innovazione. E tutto questo deve passare attraverso il riconoscimento di quello che siamo noi, l’economia italiana. In tutta la Brianza non c’era nemmeno una scuola tecnica. Il rischio è di perdere le eccellenze laddove le abbiamo».

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