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La stabilità che serve al Paese

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Il direttore

La stabilità che serve al Paese

Il governo di scopo Gentiloni nato per fare la nuova legge elettorale e portarci al voto deve sapere che ogni giorno che lo separerà dalle urne dovrà fare i conti con un fortissimo disagio sociale che renderà difficile la vita del suo esecutivo ed è frutto di tre emergenze irrisolte: il lavoro che non c'è, la bassa crescita, la questione bancaria. Si è diviso il Paese su un referendum costituzionale che si proponeva di dare efficienza a un Paese bipolare e si è scoperto che il sistema è diventato tripolare e che l'area cosiddetta populista, a sua volta molto differenziata all'interno, ha raggiunto nei sondaggi il 45/50% dei consensi trovando linfa e alimento proprio nel terreno di coltura diffuso di un crescente disagio sociale.

Non sappiamo quanti saranno i mesi di vita del governo Gentiloni che ancora nemmeno è nato, ma anche per questo ci permettiamo di chiedere di prestare grande attenzione alla composizione della sua squadra ministeriale. La gestione dei ministeri viene prima della semplificazione burocratica che, a sua volta, viene prima della riforma istituzionale. Questo vuol dire occuparsi, con intelligenza e pragmatismo, dell'emergenza sociale del Paese e, per questo motivo, le scelte dei ministri vanno ben ponderate. Senza gioco di squadra (vero) i problemi si possono di certo aggredire, ma difficilmente si risolvono.

La prima questione con la quale si dovrà sporcare le mani il nascituro governo Gentiloni è quella bancaria. Ci permettiamo anche qui di suggerire di fare sul Monte dei Paschi quello che si doveva fare sei mesi fa mettendo a frutto il buon lavoro specifico del ministro Padoan a Bruxelles e liberando finalmente il campo da calcoli elettorali, legati sempre al referendum costituzionale, che si sono peraltro rivelati sbagliati.

Si tratta di usare risorse pubbliche con strumenti europei (burden sharing) previsti dai trattati, non per salvare le banche e i banchieri, ma il risparmio degli italiani, trovando il modo di uscire dal circolo vizioso (bail in) con cui l'Europa ha fatto in modo stupido una cosa corretta. Questo, non altri, è il primo, vero banco di prova di un governo nella pienezza dei suoi poteri. Il secondo riguarda non la manovra, approvata in tempi record grazie all'efficace moral suasion del Capo dello Stato, ma i sessanta procedimenti di attuazione ad essa collegati, guai se non si onoreranno gli impegni per la ricostruzione post terremoto e se non si intensificherà l'azione esecutiva e di cambiamento sui terreni della semplificazione e della giustizia. Lo shock positivo di Industria 4.0 si deve nutrire di atti coerenti e di scelte gestionali conseguenti, bisognerà misurarsi con le osservazioni di finanza pubblica della Commissione europea e con la grana delicatissima delle cosiddette clausole di salvaguardia. La stabilità è un valore se si traduce in un'azione di governo effettiva e se, come tale, viene vissuta in casa e percepita fuori. Solo se ciò avverrà, si finirà di guardare all'Italia come al malato d'Europa, giudizio doppiamente beffardo perché non corrispondente al vero, e si potranno onorare adeguatamente impegni e scadenze europei. Altrimenti, sarà bene prendere atto delle difficoltà insuperabili, sbrigare la pratica della legge elettorale, e ridare la parola agli elettori.

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