Commenti

La «via di mezzo» tra Renzi e il Colle

  • Abbonati
  • Accedi
L'Editoriale|politica 2.0

La «via di mezzo» tra Renzi e il Colle

La personalità poco ingombrante di Gentiloni diventa un esperimento, un tentativo di far marciare l’accordo sulla legge elettorale senza sfide, con più neutralità. L’inverso di ciò che accadde sull’Italicum quando Renzi mise sul tavolo la fiducia al Governo forzando il voto parlamentare. In questo senso il neo-premier è una via di mezzo tra il leader Pd e Mattarella, la continuità di una linea politica ma la discontinuità nello stile.

Si discute se e quanto il prossimo Governo possa essere una fotocopia di quello Renzi ma su un punto ci sarà completa discontinuità: lo stile del nuovo premier. Raccontano che Paolo Gentiloni sia stato scelto proprio per il suo grigiore, per il suo talento nel non fare ombra a chi lascia, ma al di là delle ragioni vere o presunte che hanno portato il leader Pd a indicarlo, la sua presenza a Palazzo Chigi sarà una novità dopo più di due anni vissuti pericolosamente tra una sfida e la successiva fino alla sconfitta. Con Gentiloni non c’è un cambio di linea politica e, del resto, lui è stato tra i primi a schierarsi con Renzi sin dalle primarie contro Bersani. Ma è vero che rappresenta la versione meno ingombrante del renzismo come si è sentito dalle sue prime dichiarazioni all’uscita del colloquio con Sergio Mattarella. Ha confermato che si muoverà sul solco del precedente Governo ma senza i toni e il linguaggio di prima. E senza le stesse ambizioni. Ha usato parole come «accompagnare», «facilitare» e non guidare o gestire verso l’obiettivo della legge elettorale.

Un cambio di forma che può essere anche di sostanza nel momento in cui non sarà più Palazzo Chigi a produrre conflitti e ostilità. In questo senso, Gentiloni rappresenta un esperimento. La via di mezzo tra Renzi e Mattarella che pensa sia necessario mettere un “di più” di neutralità nei rapporti con il Parlamento per aiutare un’intesa sulle regole. L’inverso di ciò che accadde per l’Italicum quando Renzi mise sul tavolo un voto di fiducia sul suo Esecutivo.

Oggi, lo stile del “passo indietro” di Gentiloni, rappresenta un indole ma raccoglie anche un’indicazione del Quirinale, diventa il tentativo di far marciare i dossier più caldi senza più l’obiettivo di spaccare il fronte politico e lanciare corse in velocità che poi rischiano di fermarsi di nuovo.

Il campo sarà sgombrato dal rito del “o con me o contro di me”, spariscono i gufi e i musi lunghi, l’esercizio del potere mai dissimulato e perfino enfatizzato dai renziani traslocherà in altra sede. Non sarà più il Governo ma il Nazareno, sede del partito dove il leader Pd prepara la sua riscossa al congresso e alle primarie.

Cosa davvero porterà questo cambio è da vedere. Il timore di alcuni che quella spinta propulsiva del renzismo che tante cose ha realizzato – al netto degli errori fatali – si possa arenare nel tratto pacato del nuovo premier è un argomento. Ma è stato anche il suo principale inciampo. Quell’aver costruito asticelle sempre più alte, alla fine, gli ha tagliato gambe e fiato. E l’aver affollato la scena di tanti nemici, di tanti slogan guerreschi, ha fatto perdere di vista la sostanza di quello che aveva realizzato. Troppo rumore, troppi decibel hanno inquinato la scena con un tasso eccessivo di emotività che ha oscurato le ragioni di buon senso su cui si orienta la maggioranza silenziosa da cui Renzi si aspettava la vittoria.

Dal rosso acceso si passa ai toni pastello e la ribalta politica che prima era affollata dell’«accozzaglia» dei nemici ora si svuota. Forse si vedrà meglio quello che abbiamo intorno. La crisi bancaria, un tavolo aperto con l'Europa sui conti e immigrazione, la legge elettorale da riscrivere. Problemi più che duelli. Gli obiettivi diventano tali, il Parlamento riprende il suo ruolo e le sue responsabilità senza il carico di una sfida contro la palude, senza il racconto della rottamazione. Questo è l’azzardo contemplato tra Gentiloni e Mattarella, far decantare lo spirito di rivalsa di chi ha perso il 4 dicembre e attenuare la carica di chi vuole imporre una vittoria a ogni costo. Quanto saprà resistere a queste due spinte il nuovo premier è la scommessa. E il grigio sembra il colore che si intona meglio con questo azzardo.

© Riproduzione riservata