Vi sono città che vivono beandosi con la cultura e altre che la cultura la utilizzano per vivere. Milano fa parte di queste ultime. Le prime amano crogiolarsi nel passato, nei rimpianti, indicando il “tempo che fu” quale modello per l'avvenire; le seconde trasformano in rendite le ricchezze culturali per non essere sorprese dal futuro. La milanesità, termine astratto che spiega più di molti altri – anglismi compresi – i continui miracoli del capoluogo lombardo, nasce appunto da questo continuo investimento.
Pensieri astratti, dirà qualcuno; eppure vengono alla mente nel giorno di Santa Lucia (il più corto dell'anno per l'antico calendario giuliano), dopo l'inaugurazione della nuova sede della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, a Milano. È uno spazio per la cittadinanza che si propone di alimentare «una storia da scrivere assieme». Cinque giornate, dal 13 al 17 dicembre, di letture, proiezioni, incontri, spettacoli aperti a tutti (l'ingresso è gratuito) dedicati alle sfide che la contemporaneità presenta.
Si tratta di un valore in più, di qualcosa che si aggiunge a una città che dopo Expo ha ritrovato il suo ruolo guida in Italia, e non soltanto. Milano è la capitale economica e finanziaria, ma è anche quella dell'editoria, giornali o libri che dir si voglia; è la città della Borsa e della Scala, della moda e del Cenacolo di Leonardo o di Brera. Sono realtà che si abbracciano e la prova si aveva già negli anni seguenti l'ultima guerra: Luchino Visconti, impegnato per le regie alla Scala dava sovente, prima di cominciare prove e lavori, appuntamento al Cenacolo. Lo considerava un ristoro estetico.
I fondatori di Mondadori o Rizzoli, Bompiani o Feltrinelli hanno potuto trovare soltanto a Milano lo spazio e le coordinate per diventare editori internazionali. Del resto, questa non è stata soltanto la patria dei Verri o di Beccaria, di Manzoni o la città idolatrata da Stendhal, è il luogo dove è sorto il primo Beaubourg dell'Occidente con pinacoteca, accademia, biblioteca, osservatorio astronomico, orto botanico. Correva il Settecento ma a Milano la cultura era in moto. Come a Parigi, Londra, San Pietroburgo.
Dalle Gallerie d'Italia di piazza della Scala all'Ambrosiana con le tele di Caravaggio o Tiziano, dal Museo del Novecento al Padiglione di Arte Contemporanea, via via passando dalle mostre e dagli eventi della Fondazione Prada sino al Mudec, il museo delle culture, Milano sembra avere tutto quanto necessita ai nostri giorni. Non lo ostenta con iattanza o superbia, lo conserva e lo offre ai turisti (aumentati, tanto da competere con Roma) con discrezione meneghina. Tesori ce ne sono a iosa ma la città non se ne vanta. Occorre scoprirli. Come, per fare un esempio clamoroso, il fonte battesimale in cui Ambrogio cambiò la vita di Agostino, facendone un cristiano. Si trova sotto il sagrato del Duomo e lo visitano più stranieri che italiani.
Milano è cucina, è moda, è Navigli da conoscere passeggiando dopo il rilancio della Darsena è, per usare un'espressione di Gottfried Benn contenuta in “Doppia vita”, «la City dove s'esaltano e gemono le muse». Le vendite di libri in questa città superano le somme che si hanno addizionando quelle di alcune regioni del Sud: è un dato che non ha bisogno di spiegazioni.
I pregi di Milano sono indipendenti dalle amministrazioni che ne hanno cadenzato la vita: la milanesità non si presenta con colori politici. Caso mai, ha migliorato i suoi maggiorenti, dagli austriaci a Napoleone, dai primi cittadini eletti dopo l'unità d'Italia alle giunte che si sono succedute nel secondo dopoguerra. Giorgio Pasquali ha scritto nelle sue “Stravaganze quarte e supreme” che «cultura significa spirito e attributo essenziale dello spirito è la mobilità»: è una frase che riassume quel che Milano ha fatto e sta facendo.
La nuova Fondazione Feltrinelli è l'ultimo tassello di un mosaico che si sta ampliando ancora. E guarda al futuro. Con la cultura.
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