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Il «realismo di Dio» che ispira Bergoglio

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Il «realismo di Dio» che ispira Bergoglio

I giorni dei nostri anni arrivano a settant'anni; / o, per i più forti, a ottant'anni…», così secondo il Salmo 90,10 lontano dalle odierne statistiche. A questa tappa è giunto Jorge Bergoglio, come del resto quasi tutti gli ultimi dieci pontefici dall'alba del '900 ad oggi, ad eccezione di Benedetto XV e Giovanni Paolo I (Pio X l'aveva sfiorata).

Ottant'anni di vita e, fra poco, quattro di pontificato: forse sufficienti a tracciare un bilancio o, almeno, a verificare quel che scrivevamo alla vigilia del conclave riferendo quanto si sussurrava su di lui all'ombra del Cupolone: «Gli basterebbero quattro anni per cambiare le cose». E qui le «cose» hanno nomi precisi.

Si chiamano riforma della Curia (si veda l'articolo sopra), sinodalità e collegialità, risanamento finanziario e sobrietà, ecumenismo e purificazione della memoria, relazioni interreligiose e dialogo con il mondo contemporaneo, rifiuto della teologia politica e di usi impropri della religione, difesa dei diritti dei migranti e delle periferie del mondo, pastorale della famiglia, ricerca della pace e condanna del commercio di armi, rispetto del creato e critica ai paradigmi tecnocratici dominanti.

Temi sui quali Francesco è intervenuto con parole ferme e fatti dirimenti, affidandosi alla preghiera, cogliendo il senso trascendente che pulsa nella vita dei poveri, attirandosi l'appellativo di papa «rivoluzionario». Sino ad essere acclamato da molti e criticato da altri che gli rinfacciano la responsabilità delle tensioni legate a qualsiasi cambiamento, il suo privilegiare l'avvio di processi invece che l'occupazione di spazi. Non accettando la sua «teologia del popolo» ritenuta antidoto superato, respingendone il ridimensionamento dell'attenzione ai temi bioetici o l'accentuato attaccamento a quelli sociali, come pure il disicanto sui «valori non negoziabili» da lui collocati da papa Bergoglio su un piano subordinato al mistero centrale del cristianesimo: l'annuncio - senza esclusioni - dell'amore misericordioso di Dio.

In questo quadro il profilo di Francesco spicca con nitidezza. E il primo papa gesuita con la sua idea di riforma della chiesa alquanto ignaziana, come pure il primo vescovo di Roma a non aver partecipato al Vaticano II, mostra di rileggere ogni giorno pagine del Vangelo, dialogando con la storia nella luce sprigionata da quell'assise, indicandoci l'unica rivoluzione possibile, ben spiegata da Péguy nel suo Avertissement: quella di chi torna ad attingere alla sorgente pura all'origine dell'esperienza cristiana. È questa l'acqua che con lui ha travolto porte chiuse da tempo, distrutto muri, lavato piaghe spirituali e materiali, in uno spirito di servizio come cifra del ministero petrino, richiesto del resto a vescovi e cardinali da lui scelti secondo questi criteri.

Nella consapevolezza del non poco che resta da fare «in casa» e «fuori», Francesco inanella un altro anno. Ancor timide le aperture sul ruolo della donna nella Chiesa, ancor attesi i chiarimenti richiesti sull'applicazione concreta di passaggi cruciali di documenti come Amoris laetitia o Laudato si'. Almeno quattro le questioni che aspettano i suoi sforzi di «leader credibile»: il processo di pace in Siria e Medio Oriente (per tutelare ormai non solo i cristiani da ciò che islam non è); quello di distensione tra Russia e Occidente (ripartito con l'abbraccio a Kirill); la libertà per i cattolici cinesi (che solo piene relazioni diplomatiche potranno garantire); l'accompagnamento nel dopo Obama dei Paesi dell'America Latina (e di Cuba fuori dall'isolamento).

Punto di riferimento di ogni orientamento pastorale o scelta diplomatica resta in ogni caso, per lui, la dimensione dell'incontro tra Dio e uomo, e tra uomini di ogni cultura. Francesco coglie anche qui quel «realismo di Dio» vera risposta a chi fa del cristianesimo una proposta astratta, a chi lo riduce ad un'etica, o ad uno specchio autoreferenziale, dimenticando che il compito essenziale della Chiesa ieri come oggi è ripresentare Cristo nel mondo, cercando l'unità nella diversità. Bergoglio continua a farlo pronto a sopportare le conseguenze dalle scintille provocate saldando dottrina e pastorale, misericordia e giustizia, legge e coscienza, non più ignorando «la vita reale» delle persone più deboli. Ancora a loro, è facile immaginare, riserverà gesti di attenzione, pur sommerso da messaggi augurali che facciamo anche nostri.

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