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Strappo per forzare l’intesa

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Strappo per forzare l’intesa

Bolloré non lancia offerte ostili sul mercato. «Scala» dall'interno le aziende che mette nel mirino conquistando le posizioni di comando. Quando avrà raggiunto il 20% di Mediaset, si presenterà in casa Berlusconi, tentando di forzare un accordo nella direzione che aveva anticipato a luglio.

Bollorè non lancia offerte ostili sul mercato. Le aziende che mette nel mirino le “scala” dall'interno, entrando nel capitale con un assaggio e arrotondando rapidamente la quota fino a farla pesare, conquistando poi le posizioni di comando. “Mai dire mai” è il motto del suo braccio destro in Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, e si vedrà se su Mediaset la prassi sarà disattesa. Ma chi conosce il finanziere bretone è pronto a scommettere che, «in un primo tempo», come dichiarato dalla stessa Vivendi, si fermerà al 20%. Quando avrà raggiunto la quota, si presenterà in casa Berlusconi, contando di poter riaprire un dialogo col capostipite, Silvio, se non con i figli Marina e PierSilvio che paiono ragionevolmente irritati dal «voltafaccia» francese. In pratica, tenterà - anche se non è detto che ci riesca - di forzare un accordo nella direzione che aveva anticipato a luglio.

Bollorè tenterà quindi di forzare un accordo nella direzione che aveva anticipato a luglio, costruendo un'alleanza nei contenuti, ma non più al piano sotto della travagliata pay-tv, bensì in quello superiore dell'ammiraglia Mediaset. A luglio Bollorè con Vivendi aveva avanzato una proposta che prevedeva interventi sul capitale, con la progressiva ascesa della media company transalpina fino al 15% di Mediaset e la diluizione di Fininvest al 30%, mentre Premium sarebbe stata gestita in condominio, almeno nella fase iniziale. Quella proposta, come noto, suscitò la reazione della famiglia Berlusconi e fu all'origine della causa avviata dalle aziende del gruppo.

Ora, Bollorè potrà dire che il “danno” fatto al valore di Mediaset è stato compensato dall'ultima mossa, pur giudicata ostile dalla controparte, dato che di botto il titolo ha recuperato tutto quanto perso dall'estate. E potrà dire che, entrando nel capitale di Mediaset con acquisti sul mercato, non ha diluito la quota di riferimento della holding di casa Berlusconi. Dopodichè dirà che da azionista al 20% della controllante Mediaset, avrà tutto l'interesse a risolvere l'impasse su Premium. Lasciando quindi ai Berlusconi di decidere se è meglio avere per “amico” o per “nemico” un azionista di peso che oltretutto è anche azionista di riferimento di Telecom Italia, vale a dire il canale del futuro per la diffusione dei contenuti televisivi.

Uno scenario che ritaglia un ruolo sufficientemente “spregiudicato” per il finanziere bretone che, del resto, anche in Francia si è mosso - finora con successo - con metodi non proprio da educanda. Non è passato inosservato il timing dell'affondo su Mediaset, proprio nel momento in cui un interlocutore istituzionale, nel passaggio di consegne tra un Governo e l'altro, a Roma non c'era, neppure per un'informativa di “cortesia”. Bollorè questa volta, a differenza che nel caso Telecom, non avrebbe avvisato proprio nessuno, nè a Roma, nè a Milano, nè a Cologno Monzese.

Funzionerà? Difficilmente potrà essere restaurato un rapporto di fiducia in questo modo. Forse potrà prevalere la ragione degli affari, della convenienza a uscire dall'angolo in cui il contestato accordo su Premium ha costretto la pay-tv e, in fin dei conti, la stessa Mediaset, impossibilitata in queste condizioni a esplorare una strada alternativa a quella francese, che si è rivelata più che insidiosa.

Però Berlusconi gioca in casa. E Mediaset può contare sull'appoggio delle prime due banche del Paese, Intesa e UniCredit, che ha arruolato come advisor per difendere i propri interessi, ma necessariamente, come società, anche quelli di tutti i suoi azionisti. Arrotondare la quota fino al consentito senza dover lanciare un'Opa per Fininvest è il primo passo. Trovare azionisti “amici” disposti ad appoggiarne la posizione, se ritenuta negli interessi dell'azienda, è il secondo. Ma se la convivenza tra soci italiani e francesi dovesse rivelarsi impossibile e risolversi nella paralisi decisionale, l'unica via d'uscita sarebbe l'Opa. Sapendo che se a lanciarla è l'azionista di riferimento, lo sfidante potrebbe provare a batterla, forte della liquidità che ha ancora in pancia. Mai dire mai, come dicono a Parigi.

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