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La democrazia è bella ma va esercitata in modo responsabile

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La democrazia è bella ma va esercitata in modo responsabile

Gentile dottor. Carrubba,

Alla luce di ciò che abbiamo vissuto in questi giorni, mi sono permesso di disturbarla con queste poche righe. Vedere il personale del Senato correre dietro a senatori così vivaci ma ha impressionato!

Democrazia, grandissimo concetto, “Governo del Popolo”, ma Winston Churcill la definì la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre. La democrazia, di per se stessa, non tutela nessuno a priori. Esempio: se due sono la maggioranza il povero “uno”, se non tutelato può subire solo abusi.

Qui sta la grandezza degli uomini che ci hanno preceduto: hanno lottato per dare pari dignità sia alla maggioranza che alla minoranza; con le nostre leggi, con la nostra costituzione la maggioranza non ha un potere assoluto. Non dobbiamo dimenticare che vincere o perdere le elezioni è un grande segno di democrazia, possiamo scegliere di non essere d’accordo.

Vorrei ricordare che Socrate seppur perseguitato dal governo dei trenta tiranni, è stato condannato a morte da un governo ateniese altamente democratico, almeno per quei tempi. Cosa voglio sostenere? Che non bastano le parole, la retorica, ci vuole l’esempio e la speranza di essere governati da persone intelligenti capaci e magari anche oneste!

Marco Nagni

Per questo, a proposito del modello che aveva in mente Churchill, si specifica: democrazia “liberale”. Altrimenti, la democrazia si risolverebbe nel dominio dei (pochi) più forti ai danni dei (tanti) cittadini, com’è successo nei modelli democratici sedicenti popolari, che al popolo hanno inflitto le peggiori vessazioni. Quindi, perché la democrazia funzioni la stoffa dei politici è fondamentale, ma la qualità delle istituzioni è altrettanto importante. Nell’ulteriore consapevolezza che è quest’ultima che contribuisce a garantire il funzionamento complessivo di una grande comunità, compresa la sfera economica.

Se i poteri sono opachi, lo stato invadente, la burocrazia asfissiante, l’assedio delle consorterie ferreo, il sistema va in tilt, e perde terreno rispetto alle altre democrazie. Mi pare il rischio che sta correndo la democrazia italiana: i cittadini pretendono (ma non solo qui) scelte sempre più immediate e risolutrici dei propri specifici problemi, ma (come hanno confermato in Italia pochi giorni fa, per la seconda volta dopo il referendum del 2001) si tengono strette regole e istituzioni che sembrano fatte apposta per perpetuare le attuali condizioni, che frenano ogni possibilità di cambiamento.

È un bel paradosso: protestare contro la politica, ma non darle gli strumenti perché possa affrontare i problemi. Perciò, curiosamente, soprattutto a sinistra qualcuno comincia a chiedersi se, insomma, tutta questa democrazia sia proprio necessaria, e se non si possano cercare formule che, secondo l’ideale platonico, assicurino lo scettro ai sapienti, strappandolo dalle mani del popolo, che quando decide sbaglia (come successe con Socrate).

Sono elucubrazioni estreme, che però la dicono lunga sulla crisi, innanzi tutto di fiducia, che le nostre democrazie devono prepararsi ad affrontare: una crisi alimentata da troppa irresponsabilità dei media (vecchi e nuovi) e di molti cittadini; a essi, a tutti noi, andrebbe ricordato, parafrasando il politologo britannico Matthew Flinders, che la democrazia «non è uno sport per spettatori» e che il risultato finale, dunque, dipende da ciascuno di noi.

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