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Investimenti urgenti per rafforzare l’Europa

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L'Editoriale|industria e difesa

Investimenti urgenti per rafforzare l’Europa

Il consiglio europeo di giovedi scorso, l’ultimo del 2017, ha affrontato temi cruciali sia all’esterno che all’interno della Ue. Si tratta della sicurezza e della difesa, delle relazioni esterne (Siria, Ucraina), dello sviluppo economico. Tutti problemi che mettono a dura prova la resilienza europea minacciata esternamente da atroci conflitti che, insieme al sottosviluppo africano, generano movimenti migratori incontrollati e colpita internamente dal terrorismo Jihadista. Per questo alcuni si aspettavano dal Consiglio decisioni forti che non sono venute perchè non ci si rende conto che le traiettorie lunghe della Ue oggi non bastano più. Infatti se la Ue non accelera nella sua messa in comune di sicurezza e difesa da un lato e di fattori per la crescita socio-economica dall’altro, il riflusso neo-protezionsta e nazional-populista potrebbe prevalere magari incosapevolmente assecondato da europeisti incapaci di resistere da soli mentre la solidarietà intraeuropea darebbe loro forza.

Anche di questi problemi ha trattato in un incontro a Roma, in modo del tutto indipendente dal vertice europeo, Herman Van Rompuy. Dalla sua prospettiva di Presidente del Consiglio Europeo dal 2009 al 2014 ha affermato che l’Europa nei suoi 60 anni di convergenza verso l’unificazione è una straordinaria realizzazione che poggia su basi solide ma che va rilanciata nella concretezza per superare le sfide interne ed esterne. Tra queste ha posto, come il Consiglio, quelle della difesa e delle migrazioni. Sono due problemi su cui riflettiamo dal punto di vista economico con specifica attenzione alle posizioni del Presidente della Commissione Juncker che spesso non trovano adeguato sostegno nel Consiglio europeo dei capi di Stato o di Governo.

La ragione è che Juncker ha un programma politico e strategico presentato nel luglio 2014 al Parlamento europeo che lo ha eletto mentre il Consiglio europeo è molto condizionato dall’opinione degli elettori dei singoli stati. Juncker è più proattivo e il Consiglio è più frenante.

Difesa e industria. Il tema della difesa e dalla sicurezza è stato trattato dal Consiglio anche con riferimento agli investimenti industriali e in ricerca e sviluppo. ♠ Qui è importante la Comunicazione della Commissione indirizzata a fine novembre a tutte le altre istituzioni europee con un “Piano d’azione per la difesa europea”. Sul tema Juncker si era spesso espresso chiarendo il principio che la Ue, pur essendo principalmente un “soft power”, non potrà svolgere a lungo questo ruolo senza capacità integrate di difesa.

Quindi nel suo discorso sullo “Stato dell’unione del 2016” ha annunciato il varo di un Fondo europeo per la difesa per supportare l’innovazione nell’industria europea. Non si tratta di un generico intendimento perché il Fondo prefigura due “finestre di opportunità” complementari per l’industria della difesa. La prima riguarda le collaborazioni nella ricerca per sviluppare tecnologie innovative nella elettronica, nei metamateriali, nei software criptati, nella robotica ecc. Molte di queste ricerche sono utili anche alle applicazioni civili. Nel budget europeo 2017 sono previsti 25 milioni per il fondo con la previsione di salire a 90 fino al 2020 e a 500 milioni annui nel quadro finanziario poliennale successivo. La seconda “finestra” è l’utilizzo del fondo per incentivare gli Stati membri ad acquisti e investimenti in pool. I Paesi membri della Ue sommati sono i secondi al mondo per spese in difesa, ma si stima che la mancanza di cooperazione tra di loro costi da 25 e 100 miliardi annui. Un enorme risparmio sarebbe quindi possibile con l’effetto di spostare risorse altrove con aumenti di efficienza. Gli statual-nazionalismi frenano questa messa in comune, in tal modo aumentando le spese e riducendo l’efficacia delle stesse. Tutto ciò ha trovato positiva ma cauta accoglienza nel Consiglio europeo che ha chiesto alla Commissione di presentare un Programma dettagliato per la costituzione del fondo e alla Bei di sostenere gli investimenti in ricerca per la difesa.

Migrazioni e investimenti. Il Consiglio ha trattato della dimensione interna (riallocazione e integrazione) e della dimensione esterna con riferimento sia alla guardia di frontiera e costiera sia a varie tipologie di partenariato con Paesi di origine e di transito delle migrazioni. Interessiamoci qui dei partenariati per lo sviluppo sostenibile nei Paesi di provenienza dei migranti considerando due eventi: il “migration compact” italiano e il piano europeo per gli investimenti esterni. Il “migration compact” del Governo italiano, inoltrato alla commissione europea in aprile, mantiene una chiara proposta per la quale la Ue offre ai principali Paesi di provenienza supporti economici e operativi chiedendo loro controllo delle frontiere, cooperazione in materia di rimpatri, contrasto al traffico di esseri umani. L’Alto Rappresentante per la politica estera e per la sicurezza europea, Federica Mogherini, ha presentato al Consiglio alcuni risultati conseguiti nelle iniziative già intraprese. Il “Piano investimenti esterni” della Commissione europea supera precedenti iniziative di aiuti allo sviluppo e punta con forza su precisi partenariati finanziari, tecnici e di governance. Due sono i pilastri principali: finanziamenti e investimenti. Il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (Efsd) con un potenziale di 88 miliardi di euro di cui 44 mobilitabili da investitori pubblici e privati garantiti da 3,35 miliardi del bilancio europeo e i rimanenti mobilitabili se analoga garanzia sarà data dagli Stati membri.

La destinazione degli investimenti privilegia le infrastrutture e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese, con particolare attenzione alla creazione di posti di lavoro. I rapporti tra Ue e l’Africa sono attualmente fondati sull’accordo di Cotonou del 2000 e spaziano teoricamente a 360 gradi ma sulla loro incisività si possono nutrire vari dubbi. Ben vengano dunque nuove iniziative di investimenti europei “a fronte” dei quali stanno aumentando molto quelli cinesi. Per noi sarebbe utile una collaborazione con la Cina perché il problema africano è troppo grande per la Ue da sola anche per il crescente squilibrio demografico tra Africa ed Europa.

L’Europa in Italia nel 2017. L’anno prossimo si celebrano i 60 anni dei Trattati di Roma sulla cui prospettiva storica va incardinata una rinnovata Europa forte e concreta nella solidarietà per lo sviluppo interno e per nuove cooperazioni esterne: due politiche di pace inscindibili.

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