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Mattarellum, maggioranza da costruire dopo il voto

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L'Analisi|legge elettorale

Mattarellum, maggioranza da costruire dopo il voto

La settimana scorsa abbiamo pubblicato su questo giornale (si veda Il Sole del 22 dicembre) una simulazione del risultato delle elezioni politiche del 2013 come se si fosse votato allora con il Mattarellum e tenendo conto della offerta politica e delle percentuali di voto di quelle elezioni. Il risultato era che il centro-destra avrebbe conquistato la maggioranza relativa dei collegi uninominali (212), davanti al centro-sinistra (188), con il M5s fermo a quota 74. Dal 2013 il quadro è cambiato, anche se non del tutto. Pd e M5s sono ancora i due maggiori partiti del sistema. Anzi, il loro predominio si è ulteriormente rafforzato rispetto ad allora. La coalizione di Monti si è dissolta e Scelta Civica esiste solo sulla carta. A destra Forza Italia e Lega Nord si sono divise. Né si sa se si rimetteranno insieme. Dipenderà dalla futura legge elettorale. In ogni caso il centro-destra nel suo complesso è più debole di allora. A sinistra non c’è più la Sel di Vendola, ma non si sa ancora con cosa verrà sostituita.

In questo quadro quale impatto potrebbe avere l’uso di un sistema elettorale basato sui collegi uninominali come quelli della legge Mattarella? La simulazione che proponiamo qui combina i dati reali delle elezioni del 2013 con i dati virtuali delle intenzioni di voto rilevati nell'ultimo sondaggio Cise-Sole 24 Ore del novembre scorso. È il risultato di una procedura sofisticata messa a punto dal Cise. Prima di tutto, si sono ricostruiti con i dati di sezione i voti ottenuti nel 2013 dalle due coalizioni e dal M5s, come se si fosse votato nei 475 collegi della Mattarella. Poi, visto che nel sondaggio agli intervistati sono stati chiesti sia l’intenzione di voto più recente che il voto espresso nel 2013, si è utilizzato questo dato per calcolare una matrice di flussi. Tali flussi sono stati stimati separatamente per il Nord, l’ex zona rossa e il Centro-sud. Con questi coefficienti di flusso per zona si sono trasformati i voti nei collegi nel 2013 nelle intenzioni di voto negli stessi collegi nel 2016, moltiplicando in ciascun collegio i voti di ciascun partito del 2013 per i coefficienti di zona stimati. Così si sono calcolati i voti 2016. Sommando infine nei vari collegi i voti dei candidati comuni dei partiti in coalizione e tenendo conto dei voti dei candidati del M5s si è arrivati a stimare il vincente in ciascun collegio e il risultato complessivo della parte maggioritaria. Per stimare la distribuzione dei 155 seggi proporzionali non si è fatto altro che sommare i voti stimati in tutti i collegi per i partiti e assegnarli proporzionalmente a chi ha superato la soglia del 4%. Nella simulazione si è ipotizzata questa offerta politica: una coalizione di centrosinistra formata da Pd e Ncd-Udc, una coalizione di centrodestra formata da Fi, Lega e Fdi, il M5s che corre da solo, e una coalizione di sinistra formata da una lista unitaria di Sel e Si.

Quali sono le analogie e quali le differenze tra la mappa di oggi e quella della scorsa settimana che riproduciamo qui per comodità del lettore? L’analogia più rilevante è la assenza di una maggioranza. Il sistema elettorale non è decisivo nemmeno con questi dati. La maggioranza di governo va costruita dopo il voto. Le differenze più importanti riguardano il M5s e il centro-destra. Nel 2013 la coalizione di Berlusconi risultava la più forte in termini di seggi maggioritari e di seggi totali. Come si vede nelle due mappe in pagina, prevaleva nettamente nei collegi del Nord e in molti collegi del Sud, grazie alla sua competitività sia nei confronti del Pd che del M5s. Tre anni dopo le cose sono nettamente cambiate. Da una parte il declino di Berlusconi e le divisioni del centro-destra, dall’altra la crescita del M5s nelle regioni meridionali penalizzano il centro-destra sia al Nord che al Sud. Con i voti stimati di oggi riuscirebbe ad ottenere solo 30 seggi maggioritari e 69 seggi totali. Così funzionano i collegi: cambiamenti anche modesti nelle percentuali di voto tra i partiti si possono trasformare in forti variazioni di seggi. Non è un caso che Berlusconi non li voglia, come ha ripetuto per l’ennesima volta in questi giorni. È meno chiaro perché non li voglia il M5s. Ma questa è un’altra storia.

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