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Trovate bislacche, materiali sensibili

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L'Analisi|Fiuto politico & derive pericolose

Trovate bislacche, materiali sensibili

Forse è eccessivo scomodare la libertà di stampa e tanto meno porre subito questioni di democrazia per commentare la trovata bislacca di Beppe Grillo di formare giurie popolari per mettere sotto esame stampa e tg e far denunciare le “falsità” che a suo dire le infarciscono.

Sono sceneggiate da palcoscenico alla cui realizzabilità probabilmente non crede neppure il suo proponente: la richiesta di vedere direttori che si scusano a capo chino così come le accuse generiche lanciate verso tutti di mentire per mantenere al potere quelli che già ci sono lasciano il tempo che trovano e non servono a fare passi avanti verso una informazione di maggiore qualità, ma solo a guadagnare prime pagine e spazi sugli odiati giornali e telegiornali.

Sembrava invece un Grillo almeno parzialmente nuova maniera quello che nel discorso di fine anno agitava la bandiera italiana e inneggiava ad un futuro di rinnovamento del paese da trovare tutti insieme (ovviamente sotto la guida dei Cinque Stelle). Lo si leggeva come una pre-tattica in vista della prova del voto, una consapevolezza che un movimento che sfiora un terzo dei consensi elettorali deve darsi caratteristiche diverse da quello del “vaffa” delle origini.

Invece tutto si è dissolto nel giro di pochi giorni. Prima la pubblicazione di un nuovo codice etico che presenta aspetti piuttosto ambigui. Poi l’attacco a testa bassa a tutto il sistema dell'informazione italiana reo di avere condiviso una banalità come il fatto che la mitica “rete” possa essere anche un ricettacolo di bufale.

Il cosiddetto codice etico può anche avere l’obiettivo di precostituire una tattica per non essere travolti da un avviso di garanzia per la sindaca Raggi, però decidere a priori che un avviso di garanzia non è una incriminazione è semplicemente accogliere una tesi di buon senso, non fosse che fino a ieri si trattava di una proposizione impronunciabile nell’universo iper-giacobino dei tribunali di salute pubblica grillini. Così sarebbe se tutto si fermasse lì e magari si fosse riconosciuto che in precedenza si era quantomeno esagerato. Invece la faccenda è più complessa, perché in definitiva per evitare l’accusa di essersi allineati al buon senso (cosa poco sopportabile per un grillino) si è scelto di accentuare il potere dittatoriale del “fondatore”, a cui in ultima istanza si lasciano tutte le decisioni, come ad un sovrano assoluto. Perché in tutto il nuovo codice etico manca qualsiasi idea di regolamentare la democrazia interna nella vita del movimento, di strutturare ambiti garantiti di dialettica, di promuovere confronti.

Sospettiamo che Grillo abbia poco gradito sia lo scarso rilievo che l’informazione ha dato alla nuova retorica del suo messaggio di Capodanno sia le critiche di cui è stato oggetto il nuovo codice etico. Perciò ha reagito con l’unica arma che sembra conoscere: la delegittimazione dell’avversario, che ovviamente non si può considerare a priori immune da errori, ma che viene subito bollato infamandolo come agente dei poteri forti.

L’attacco al nostro sistema di informazione, al di là di ogni singola valutazione di merito, appare strumentale e per certi versi “patetico”, se non altro quando si ricordi quanto spazio esso ha dato ai pentastellati non appena questi si sono degnati di accettare di usufruirne. La proposta di costituire tribunali del popolo con cittadini estratti a sorte per esaminare e denunciare quel che appare sui giornali o nei Tg, così come l’obbligo di gogna per direttori e giornalisti ritenuti colpevoli ricorda solo la cosiddetta “rivoluzione culturale” cinese con lo scatenarsi delle Guardie Rosse: un periodo che neppure in Cina considerano una bella pagina della loro storia.

È questo il futuro radioso che Grillo vuole preconizzare per l’Italia? Ci sembrerebbe di far torto se non alla sua intelligenza al suo indubbio fiuto politico se non pensassimo che si tratta di un diversivo tattico per mantenere da un lato una centralità mediatica più positiva e dall’altro per rinserrare le fila di un movimento che mostra qualche segno di cedimento a fronte di un buon numero di disavventure politiche.

Infatti più si discuterà del modo di sistemare le regole di comportamento per i militanti, meno si darà attenzione ai molti guai in cui si infilano suoi esponenti di prima fila, spostando il tema della discussione da quel che è oggetto di critica nei loro comportamenti a quel che si deve fare o non fare alla luce di regole che poi alla fine sono ampiamente discrezionali e nelle sole mani del “fondatore” e del collegio dei suoi “cardinali”. D’altro canto in movimenti orientati all’estremismo radical-utopico la battaglia per il ritorno all'ortodossia delle origini è sempre una ottima tattica per contenere le pulsioni critiche e per emarginare quelli che vogliono mantenere uno spirito critico.

Insomma abbiamo assistito più che altro a fuochi d’artificio per tenere vivo uno spettacolo e al tempo stesso ad aggiustamenti tattici per far convivere la blindatura di personaggi scomodi con il mantenimento del controllo nelle mani di un sovrano assoluto.

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