Commenti

Fondo di emergenza Ue poco utile senza flessibilità

  • Abbonati
  • Accedi
L'AZIONE DELL'EUROPA

Fondo di emergenza Ue poco utile senza flessibilità

II Commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici (Ap)
II Commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici (Ap)

Se per gli interventi di prima emergenza si attiva il fondo di solidarietà europeo, per gli stanziamenti diretti alla messa in sicurezza del territori devono scattare i margini di flessibilità previsti dalla “Comunicazione” della Commissione del gennaio 2015. Il terremoto che da agosto colpisce l’Italia centrale non può più essere qualificato come fenomeno di carattere eccezionale.

E dunque può essere attivata la seconda tranche della clausola per investimenti, di cui l’Italia ha fruito nel 2016 per lo 0,25% del Pil. Altri 4,1 miliardi in sostanza, cui andrebbero aggiunte le risorse necessarie alla salvaguardia del territorio, al contrasto del dissesto idrogeologico e alla messa in sicurezza soprattutto degli istituti scolastici. Nel totale, se si comprendono i 6,2 miliardi indicati dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nell’audizione alla Camera del 4 novembre scorso, si raggiungerebbe la cifra di 10,3 miliardi comprensivi dello 0,2% (3,4 miliardi) inserito in manovra.

L’apertura di Jean Claude Juncker («la Ue non lascerà sola l’Italia a fronteggiare il terremoto»), va dunque ora tradotta in atti concreti. Come si concilia tutto ciò con la richiesta appena recapitata al Governo di operare una correzione dello 0,2% del Pil sui conti 2017? Argomento oggetto del colloquio di ieri tra Padoan e Pierre Moscovici a Davos. Nessun via libera al deficit spending. La premessa è che non paiono esservi alternative a quella che resta la via maestra per ridurre il debito: agire sul denominatore, dunque sulla crescita, in primis attivando la leva investimenti pubblici e privati. E il premier Paolo Gentiloni fa bene a porre in luce le contraddizioni di una flessibilità «a corrente alternata», rigida sui decimali di deficit e ampia sulla gestione del fenomeno dei migranti.

In poche parole, si dovrà individuare una via di compromesso (correzione più limitata e da affidare per gran parte a un’operazione di manutenzione contabile), e sblocco dei fondi (via flessibilità) per la ricostruzione e la messa in sicurezza dei territori colpiti da cinque mesi di devastanti fenomeni tellurici. L’Italia – si obietterà soprattutto da parte dei “falchi” della Commissione – ha già fruito di flessibilità per riforme, investimenti, spese per immigrati e sicurezza in misura pari a 18,8 miliardi nel biennio 2015-2016. E ora, con la legge di Bilancio di cui si chiede la correzione, vengono prenotati altri 12 miliardi attraverso l’incremento del deficit nominale al 2,3%, in presenza di un peggioramento del deficit strutturale di 0,4% punti percentuali rispetto al 2016, a fronte di una richiesta di aggiustamento dello 0,6 per cento. Vero, ma una politica di bilancio pro-crescita non può che passare (almeno nella fase della convalescenza) anche attraverso l’utilizzo intelligente dei margini di flessibilità consentiti dalle regole europee, in presenza di un deficit nominale comunque al di sotto del 3% e di un consistente avanzo primario (dal 2,1 al 3,4% del Pil nell’arco temporale 2017-2019). Non a caso si chiama «Patto di stabilità e di crescita».

© Riproduzione riservata