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L’industria creativa vale 48 miliardi di euro

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L’industria creativa vale 48 miliardi di euro

Cultura e creatività come miniere da sfruttare e far fruttare, con benefici per l’economia, per l’occupazione, per tutto il Sistema Paese. Ieri a Milano, alla presentazione di “Italia Creativa” – studio realizzato da EY con il supporto delle principali associazioni di categoria espressione della creatività, guidate da Mibact e Siae – dichiarazioni e interventi hanno fatto trasparire certamente la preoccupazione legata alla necessità di vincere quelle che sono ritenute minacce allo sviluppo presente e futuro. Ma l’orgoglio per numeri e risultati dell’industria culturale e creativa era evidente ed è stato evidenziato a più riprese per un settore che, ha ricordato il presidente di Siae Filippo Sugar, con oltre un milione di occupati fra diretti e indiretti, «è il terzo in Italia per occupazione dopo il settore edile e quello alberghiero». Anche a guardare al valore economico con 48 miliardi di euro, pari al 2,96% del Pil, l’industria della cultura e della creatività ha un posizionamento di tutto rispetto, dietro alla chimica (50 miliardi) e davanti alle telecomunicazioni (38 miliardi di euro). Il tutto con un trend in crescita: +2,4% dei ricavi diretti (+951 milioni di euro) contro un Pil salito dell’1,5%, oltre a un +1,7% di occupati, contro una variazione complessiva degli occupati in Italia che nel 2015 ha segnato un +0,8 per cento. È chiaro: non tutti i settori stanno vivendo un’età dell’oro. La musica, con il suo +10% a 4,7 miliardi, ha registrato la maggiore crescita. All’estremo opposto ci sono quotidiani e periodici con il loro -8,3% di valore fra 2015 e 2014: unico settore a registrare un segno meno.

Quello presentato ieri in Triennale a Milano, alla presenza del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, è il secondo studio sull’industria della cultura e della creatività, con dati riferiti al 2015. Ad assistere alla presentazione c’erano tutti i vari componenti di questa squadra che rappresenta un’industria eterogenea, ma che nel suo complesso ha un peso specifico di tutto rispetto e che potrebbe addirittura aumentare, e non di poco. «Il valore potenziale – ha ricordato Donato Iacovone, ad di EY in Italia – è di 72 miliardi di euro. Ci sono circa 24 miliardi di euro di potenziale inespresso».

Viste così, le stime effettuate da Ey mostrano come il valore economico dell’Industria della creatività sia pari a solo due terzi di quanto si potrebbe effettivamente generare. Un’opportunità, dunque, ma allo stesso tempo una fotografia che lascia l’amaro in bocca, con due minacce evidenti alla tenuta e all’espansione del settore: la pirateria e il cosiddetto “value gap”. Nel primo caso lo studio quantifica il fenomeno fra i 4,6 e gli 8,1 miliardi di euro. Nel secondo caso, nel mirino finisce lo scarto remunerativo fra quanto viene generato dai contenuti creativi in rete e quanto viene restituito a chi ha creato quei contenuti. I beneficiari di questo scarto sono quegli “intermediari tecnici” che ieri sono finiti inevitabilmente sul banco degli imputati. Il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, ha così parlato della necessità di «una uguaglianza di trattamento» per gli Over-the-top, e soprattutto con riferimento a Google e Facebook, in modo che «si giochi tutti con le stesse regole. Ancora oggi sono regolamentati da una direttiva sull’e-commerce e non come qualcosa che ha responsabilità editoriali e sul copyright».

Di certo il lavoro da fare è ancora tanto e non solo per combattere i pericoli esterni, ma anche nella consapevolezza dell’importanza di questo settore. In questo quadro, però, è sicuramente un risultato oggi parlare di cultura e creatività come di «un tema che permea tutta la nostra industria, non è parte separata dalla capacità di fare dell’industria manifatturiera italiana. L’antagonismo fra manifattura e cultura non è più contemporaneo. E la presenza del ministro Franceschini all’ultima assemblea di Confindustria lo ha dimostrato», ha detto il vicepresidente di Confindustria Antonella Mansi.

È tuttavia altrettanto vero che le minacce allo sviluppo del settore restano lì, come tagliole. Prima fra tutte, come detto, la pirateria che, come sottolineato anche da Manuel Agnelli intervenuto alla tavola rotonda cui ha preso parte anche il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, «è un problema culturale, che andrebbe affrontato a scuola, nelle famiglie». Approfittando quindi della presenza del ministro Dario Franceschini, 26 associazioni di categoria hanno presentato una lettera indirizzata al Governo in cui chiedono «un impegno nella protezione dei diritti dei titolari dei contenuti creativi e culturali in Europa. Il nostro obbiettivo - si legge nella lettera - è far sì che in Italia e in Europa si possa continuare a creare, contribuendo alla crescita dell’economia: un obbiettivo che vogliamo perseguire e condividere con il nostro Governo».

Queste richieste, ha risposto il Ministro Franceschini, sono «al centro del nostro semestre europeo: la tutela del diritto d’autore e il contrasto della pirateria sembrano scontati, ma non è un argomento condiviso da tutti, bisogna che un nucleo di Paesi forti porti avanti la battaglia per il riconoscimento del diritto d’autore». Il settore però non ha solo bisogno di regole e sostegno, perché «il lavoro principale è ampliare il consumo culturale». In questa direzione, il Ministero ha varato iniziative come la prima domenica del mese gratuita al museo «che ha avuto un effetto traino, facendo aumentare gli incassi e gli ingressi dei paganti», o la card ai diciottenni, «la cui copertura costa 290 milioni l’anno, quasi un altro Fus», o i mercoledì al cinema a 2 euro «importanti perché riavvicinano le persone alle sale». Il ministro incontrerà in settimana produttori e distributori per fare il punto. E vorrebbe far proseguire l’iniziativa per altri sei mesi.

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