In una recente audizione parlamentare il Presidente dell’Istat Giorgio Alleva ha comunicato alcune cifre (ufficiali) sull’entità della evasione fiscale in Italia relativi al 70% delle imposte e contributi complessivi: si tratta di 108,7 miliardi, il che fa ritenere che la cifra complessiva sia (almeno) intorno ai 140 miliardi. Inoltre Alleva sottolineava un «tendenza alla crescita (dell’evasione) tra il 2012 e il 2013», in linea con l’aumento dell’economia sommersa dall’11,4% del Pil nel 2011 al 12% nel 2014. Inoltre il Tax Gap complessivo risulta del 24%, quello dell’Irpef per i redditi di lavoro e di impresa del 55,9%, quello dell’Ires del 36,8% e quello dell’Iva del 30%.
Questi sono i dati; e finché, anno dopo anno, queste cifre non risulteranno ridotte e in diminuzione non si potrà parlare di successo nella lotta all’evasione che in realtà, contrariamente a quanto sostiene il Governo, sta aumentando. Ogni riferimento ai 15 o 17 miliardi di recupero derivanti dalla normale attività di accertamento è quindi fuori luogo, come più volte è stato sottolineato da chi scrive anche su questo giornale.
Alla base dell’attività di evasione c’è, per ragioni logiche e contabili, l’evasione dell’Iva che poi si riverbera sulle imposte dirette. E proprio l’evasione di questa imposta è stata esaminata a fondo da un rapporto Nens del giugno 2014 che conteneva numerose proposte che avrebbero potuto ridurre di molto il fenomeno. Tra queste proposte il governo ne ha adottate due di cui mena sistematicamente ampio vanto: lo split payment e il reverse charge, ignorando le altre, almeno fino all’ultima legge di bilancio in cui è stata introdotta una misura potenzialmente molto efficace, vale a dire la comunicazione obbligatoria dei dati delle fatture che potrebbe consentire il monitoraggio effettivo del comportamento fiscale dei contribuenti. Tuttavia le modalità di attuazione del provvedimento sono tali da ridurne fortemente l’efficacia. Ciò peraltro era già successo in passato: basti pensare alla trasmissione dei dati relativi ai conti finanziari dei contribuenti attuata in modo da renderli pressochè inutilizzabili dall’amministrazione, o all’introduzione obbligatoria del Pos per la quale si “dimenticò” di prevedere qualsivoglia sanzione.
Nel caso in esame i problemi sono, molto schematicamente, i seguenti:
- è prevista la comunicazione trimestrale (per il primo anno semestrale) delle sole fatture registrate; mancheranno quindi i dati relativi alle operazioni fuori campo di applicazione dell’Iva, e (soprattutto) di quelle indetraibili. Inoltre non va dimenticato che è possibile registrare cumulativamente le fatture di importo inferiore ai 300 euro. Ciò provocherà notevoli complicazioni sia per i contribuenti che per l’amministrazione, soprattutto perché chi acquista è tenuto a registrare le fatture solo se, e al momento in cui, le porta in detrazione. La proposta Nens, invece, prevedeva (esclusivamente) la trasmissione dei dati delle fatture relative alle cessioni e un controllo puntuale da parte del cliente, fattura per fattura, della effettiva trasmissione dei dati da parte del fornitore e della loro correttezza. Quindi la nuova normativa invece di semplificare, complica.
- Salvo che per i distributori automatici, non è prevista la comunicazione obbligatoria dei corrispettivi di chi non è obbligato ad emettere fattura (esercizi commerciali, bar, ristoranti, parrucchieri, ecc.), rinunciando così a qualsiasi controllo diretto sull’evasione al consumo finale. Già nella prima legge finanziaria del secondo governo Prodi era stato invece previsto un programma di sostituzione graduale dei registratori di cassa con registratori elettronici collegati telematicamente con l’Agenzia delle Entrate, programma poi abolito dal Governo Berlusconi. Il provvedimento nasce quindi monco e carente.
- Le sanzioni previste sono irrisorie: 2 euro per ciascuna fattura non trasmessa con un massimo di 1.000 euro a trimestre, con riduzione alla metà in caso di adempimento successivo (15 giorni). La soluzione corretta sarebbe stata quella di introdurre sanzioni rilevanti e commisurate anche all’entità delle fatture.
- Viene introdotta una dichiarazione Iva trimestrale che rappresenta un nuovo e pesante adempimento per i contribuenti che richiederà altre elaborazioni di acquisizione e controllo da parte dell’Agenzia in un continuo scambio di comunicazioni tra le controparti. La proposta Nens prevedeva invece di utilizzare semplicemente il mod. F24 sdoppiando il dato dell’Iva a saldo in Iva a debito e Iva a credito, risolvendo così il problema in maniera molto semplice soprattutto per il contribuente.
- La nuova normativa prevede solo che l’Agenzia delle Entrate controlli la tempestiva effettuazione dei versamenti periodici dell’imposta, il che significa che si ritiene di poter affidare il successo dell’operazione al solo invio di segnalazioni “bonarie” al contribuente. Ciò rischia di vanificare o indebolire l’intera operazione. Sarebbe stato necessario invece prevedere: a) l’accertamento parziale automatico della maggiore imposta a debito non dichiarata dai fornitori le cui cessioni risultino inferiori agli acquisti comunicati dai clienti; b) l’accertamento parziale automatico dei crediti inesistenti riportati all’anno successivo desunti in base alle fatture di acquisto comunicate; d) l’accertamento definitivo retroattivo dell’imposta a debito derivante dalle fatture passive non registrate dal venditore sulla base di quelle trasmesse entro il triennio successivo dai clienti (in modo da tener presente il termine massimo si registrazione); e) l’accertamento induttivo nel caso in cui alla dichiarazione di maggiori acquisti non corrisponda un analogo incremento dei ricavi, e quindi il mark up dichiarato risulti inferiore da quello ricavabile dalle precedenti dichiarazioni del contribuente.
In conclusione, si potrebbe dire “too little, too late”. Tuttavia va riconosciuto che si tratta comunque di un passo avanti importante che in presenza di miglioramenti sostanziali potrebbe portare risultati importanti in futuro. Nel breve periodo le nuove misure possono produrre sia un maggiore gettito, anche superiore a quello previsto, sia un aumento dell’evasione qualora i contribuenti finali decidessero di correre il rischio di esibire livelli di mark up inferiori a quelli abituali.
Più in generale, va ribadito che il contrasto all’evasione, se fatto seriamente, implica l’assunzione di rischi (politici) da parte di un governo veramente motivato ad affrontare la questione.
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