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Diritto d’autore a trazione Siae

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Diritto d’autore a trazione Siae

Anche in Italia il diritto d’autore si prepara a indossare vesti europee. È, infatti, in dirittura d’arrivo il recepimento della direttiva che riforma la gestione collettiva dei diritti d’autore e di quelli connessi, nonché le licenze multiterritoriali per le opere che viaggiano online. Camera e Senato hanno dato i rispettivi pareri e ora il decreto legislativo con le regole europee si prepara a ricevere il via libera definitivo del Consiglio dei ministri. Si tratta di novità che hanno da tempo innescato un vivace dibattito, in particolare sul futuro ruolo della Siae, l’organismo che qui da noi ha in esclusiva la gestione dei diritti d’autore. Scambio di vedute condito dalla presa di posizione di alcuni artisti. Per esempio,il rapper Fedez ha deciso di abbandonare la Società autori ed editori e far rotta su Soundfree (si veda anche l’articolo a fianco).

Le regole della Ue

La direttiva 2014/26/Ue, conosciuta come direttiva Barnier, dal nome del relatore (Michel Barnier, all’epoca commissario europeo per il mercato interno), nasce dalla necessità di mettere ordine nella gestione dei diritti d’autore, sistema caratterizzato da notevoli differenze tra Paese e Paese. L’obiettivo delle nuova normativa è, pertanto, quello di armonizzare il settore, in modo da garantire più efficienza e trasparenza da parte delle società di collecting nei confronti dei loro associati, introducendo anche una maggiore liberalizzazione.

Le direttrici di intervento della direttiva sono tre. La gestione collettiva dei diritti d’autore, ovvero il compenso che ciascun artista matura per la riproduzione delle proprie opere. Il caso più significativo ed economicamente più ragguardevole è quello della musica: ogni passaggio di una canzone per radio o su un altro mezzo di diffusione, fa scattare il diritto d’autore, che in Italia viene “contabilizzato” dalla Siae in un regime di monopolio. La Società nel 2015 ha fatturato 782 milioni di euro, di cui 574 generati dal diritto d’autore (472 dalla musica). Rispetto al fatturato complessivo, agli autori sono stati distribuiti 617 milioni; il resto è la provvigione che rimane alla Società (in media il 15,3% degli incassi). Il secondo settore d’intervento della direttiva è la gestione dei diritti connessi al diritto d’autore: è il caso, per esempio, dell’attore di teatro che recita un testo non suo o di un musicista che esegue il brano di un altro. Ultimo ambito della riforma è la concessione delle licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali riprodotte online: per esempio, su youtube.

Il Governo avrebbe dovuto recepire le nuove regole Ue entro il 10 aprile 2016, ma è andato lungo, incorrendo in una procedura d’infrazione. Ritardo dovuto anche al fatto che il recepimento della direttiva, prima previsto nella legge di delegazione europea 2014 (la ex Comunitaria), è stato poi spostato all’anno successivo, soprattutto per dar modo all’Esecutivo di ragionare meglio sulle aperture al mercato chieste dall’Europa.

Maggiore liberalizzazione

L’articolo 5 del testo comunitario prevede, infatti, che «i titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di gestione collettiva a loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, di residenza e di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti». Una previsione che cozza con l’esclusiva accordata dal nostro Paese, con l’articolo 180 della legge 633 del 1941, alla Siae. Anche se dalla Società sottolineano che lo scopo della direttiva non è tanto quello di liberalizzare, quanto piuttosto di favorire le aggregazioni delle società di collecting e che anche la Corte di giustizia europea, con una decisione del 2014, ha ritenuto che l’esclusiva a una società di intermediazione non vìoli la concorrenza.

Sta di fatto che, a giugno 2016, l’Antitrust nostrana ha scritto al Parlamento e al Governo rilevando che «il valore e la ratio stessa dell’impianto normativo europeo risultano gravemente compromessi dalla presenza, all’interno dell’ordinamento nazionale, di una disposizione ormai isolata nel panorama degli Stati membri, che attribuisce a un solo soggetto (Siae) la riserva dell’attività di intermediazione dei diritti d’autore». Osservazioni riprese nel parere rilasciato dal Senato il primo febbraio, con il quale si invita il Governo a una maggiore apertura alla concorrenza.

Diverso il caso dei diritti connessi, dove la liberalizzazione c’è stata nel 2012 e l’ex monopolista Imaie (Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori) si è ricostituito in Nuovo Imaie e ora lavora insieme ad altre otto società di intermediazione. Passaggio che non è stato indolore e ha anzi generato un notevole contenzioso. Guasti a cui si tenta di porre rimedio con il decreto legislativo in arrivo.

Il nuovo quadro

Il tira e molla legislativo alla fine non ha prodotto, almeno per quanto riguarda la liberalizzazione, risultati: alla Siae rimane il monopolio della gestione dei diritti d’autore in ambito nazionale e resta ferma la possibilità per l’artista di rivolgersi, quando le opere sono eseguite o riprodotte all’estero, a un altro intermediario. Al di là di questo, rimangono gli altri aspetti della riforma, che si possono riassumere nell’esigenza di rafforzare i requisiti di oggettività e trasparenza delle società di collecting, in modo da garantire un’effettiva partecipazione dei propri associati ai processi decisionali.

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