Disse Mao Zedong al termine dell’incontro con Su Zhenhua, comandante politico della Marina cinese: «La nostra flotta è grande solo così», e mostrò il mignolo della mano sinistra. Gao Xiaoxing ricorda questo aneddoto datato oltre trent’anni fa nel libro dedicato al People’s Liberation Army (PLA) e aggiunge che il Grande Timoniere profetizzò per la Cina una flotta potente. Da giovane aveva assistito a troppe esercitazioni di navi da guerra straniere lungo il fiume Xiangjiang, le cose dovevano cambiare.
Quel senso di rivalsa ha accompagnato l’evoluzione straordinaria della strategia militare cinese, da quando nel 1956 il Paese ha aperto le porte invitando per la prima volta una flotta straniera (sovietica) a Shanghai, fino alle esercitazioni congiunte, sempre con la Russia, l’alleato per eccellenza, lo scorso settembre, una settimana intera nei Mari del Sud della Cina, epicentro degli interessi di Pechino.
Da quei mari passano 5 miliardi di dollari di merci al giorno, l’economia cinese è sempre più legata ai Paesi Asean, solo lì è possibile creare un baluardo a difesa di interventi americani.
Per il Governo cinese la supremazia su quei mari è fuori discussione, oggi però – si veda l’intervento di Fu Ying basato sulle idee-cardine della politica estera cinese – Pechino l’ha inserita al centro di una visione più ampia, ribadita dal presidente Xi Jinping prima al G20, poi direttamente dal podio di Davos 2017. La supremazia va difesa, e non solo dalle rivendicazioni territoriali filippine o vietnamite. Una Marina forte è il presupposto necessario.
I grandi progressi realizzati in quest’area delle Forze armate non potevano, ovviamente, essere messi in mostra sulla Tian An men durante la parata militare del 2015 per i 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, ma l’evento è stato un esemplare sfoggio di tutto il resto, dalla forza in termini di tank (8mila-12mila) e artiglieria (30mila unità). Certo, elicotteri e difesa missilistica vanno rafforzate, ma il Fighter Jet Su-35 russo potrebbe essere l’ultimo ad esserre importato, perché la Cina punta sui suoi J-20.
La Marina ormai è lanciatissima, già nel 1990 ci fu la svolta con il lancio di sottomarini, fregate e corvette.
La portaerei Liaoning, l’unica della Cina (per il momento), costruita con tecnologia russa a parire dal 2012 e costata 25 milioni di dollari, è la punta di diamante di una flotta che ormai può dominare il Pacifico. Entro il 2020 ha in programma di sfornarne altre made in China.
La Liaoning ha attraversato - per la prima volta, di ritorno da esercitazioni nei Mari del Sud - lo stretto di Taiwan, a ruota dopo l’incidente telefonico tra la presidente di Taiwan Tsai Ing-Wen e il presidente designato Donald Trump, gettando il panico a Taipei, ossessionata da sempre dal demone dell’invasione cinese al punto che si dice che la città vecchia ha strade strette per non lasciar passare i tank.
A metà dicembre, poi, la cattura del drone sottomarino americano, sempre nelle acque dei Mari del Sud, lanciato dal vascello oceanografico statunitense Bowditch in acque neutrali. Ma si è trattato dell’episodio più inquietante degli ultimi anni, il presidente eletto americano ha parlato di furto sottomarino del drone. La Cina non ha fatto una piega.
Nell’era dei twitter del presidente ormai insediato Donald Trump in grado di mandare in fibrillazione mezzo mondo, la Cina ha deciso che non c’è tempo da perdere.
Prima del Capodanno cinese, infatti, il vice ammiraglio Shen Jinlong, 60 anni, che ha condotto le operazioni nei Mari del Sud incluso un tour con Kyle P. Higgins l’ufficiale di comando della Settima flotta americana Blue Ridge, ha preso il comando della Marina rimpiazzando l’ammiraglio Wu Shengki, 71 anni, artefice della rinascita della marina cinese, da una flotta vecchia ereditata nel 2004, ridicola rispetto a quella Usa e del Giappone, l’ha portata ad essere la più grande dell’Asia in un disegno geopolitico preciso, perché questa flotta è in grado di muoversi anche in ben altri contesti e di bloccare manovre di attacco anche complesse. L’introduzione di nuove tecnologie nell’artiglieria e difesa missilistica, sposa la tattica.
La mossa è stata fondamentale per Xi Jinping, comandante in campo delle Forze armate, che ha voluto il cambio al vertice (sembra rimosso anche l’ammiraglio Sun Jianguo numero due del PLA joint staff department).
Il core leader ha voluto l’incremento della capacità di difesa contenuta nel 13esimo piano quinquennale. Ha preteso il taglio di 300mila forze non combattenti portando a due milioni il personale. Si tratta pur sempre della forza più grande al mondo, gli Usa vantano 1,4 milioni, l'India 1,3, la Russia poco meno di 767mila unità.
In questo contesto la Marina cinese non è più il mignolo della mano sinistra di Mao Zedong, ma un elemento di riflessione per gli Stati Uniti nel Pacifico. Condiziona i negoziati con Filippine e Vietnam. Evidenzia le opposte posizioni di Usa e Cina nei Mari del Sud della Cina. In campagna elettorale Trump ha detto di voler portare non a caso la flotta americana da 272 a 350 entro il 2030 e, come si sa per il momento sta dando seguito a tutto ciò che ha annunciato.
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