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L’Unione di nuovo in balìa di Parigi

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L'Analisi|l’europa di domani

L’Unione di nuovo in balìa di Parigi

Gli opposti estremismi vincenti e forse allo spareggio finale del 7 maggio per la conquista dell'Eliseo. “Rupture” e insubordinazione al potere: in versione destra-patriottica con Marine Le Pen o sinistra-solidarista anti-capitale con Jean-Luc Melenchon. Abiura delle scelte strategiche e delle politiche economiche imperanti. Storia controcorrente: contro l’Europa, l’euro e ogni forma di globalizzazione.

In breve, la Francia a ritroso, per conto proprio.

Una bomba sull’Europa. Scenario realistico? Di sicuro è l’incubo che sta agitndo i mercati e facendo salire gli spread con il bund. L’Europa tace ma trema: altro che Brexit e Trump alla Casa Bianca. Da solo lo strappo francese manderebbe al macero 60 anni di integrazione comunitaria.

Ci ha messo meno di 100 giorni Donald Trump a sterzare sulle promesse contro-rivoluzionarie: la sua America First sta cambiando pelle. Dal neo-isolazionismo all’interventismo militar-umanitario con il gran ritorno sui teatri delle crisi regionali, dalla Siria alla Corea del Nord, ricucendo il dialogo con la Russia. E con la Cina, con la quale ora i negoziati hanno preso il posto degli editti protezionistici.

Ci mise invece due anni François Mitterrand a rimangiarsi la rivoluzione rosa con la quale era entrato nel 1981 all’Eliseo. Banche e grandi industrie nazionalizzate, tassa patrimoniale, settimana lavorativa ridotta a 39 ore con aumento del 10% del salario minimo, pensione a 60 anni. Fu il disastro. Due svalutazioni non bastarono a rimettere in piedi l’economia. Alla fine, da dirigismo e keynesismo d’assalto la sua Francia tornò nell’ovile dell'austerità che allora imperava in Europa.

Ci ha messo nove mesi la Gran Bretagna a prendere le misure dello shock che si è auto-inflitta con la decisione di uscire dall’Ue. Però non intende rinnegare Brexit, anche se non sembra ancora aver chiaro dove vuole andare a parare.

L’Europa reagisce più lentamente degli Stati Uniti ai propri errori, perché è più ideologica, meno pragmatica, soprattutto in Francia. Con quasi la metà dei francesi stregata dal populismo anti-sistema, il Paese oggi appare l’incarnazione delle contraddizioni in termini.

Al contrario di altri nell’eurozona, Parigi non è stata una vittima del rigore ma piuttosto il campione della violazione delle regole anti-deficit e debito del patto di stabilità. Ciò nonostante, in nome della superiore ragion di Sato europea nell’interpretazione tedesca, ha beneficiato e beneficia sui mercati della protezione dello scudo di Berlino, che le regala immeritati tassi di interesse bassi.

Il suo anti-europeismo, dunque, non solo è puro autolesionismo ma è molto diverso da quello mediterraneo. Nasce da un’ansia sovranista e identitaria che affonda le radici in una storia nazionale antica e, in questo senso, è l’esatta fotocopia di quello britannico sfociato in Brexit. Entrambi i Paesi restano più o meno sottilmente anti-tedeschi, dietro la patina di un’integrazione europea che va loro stretta.

Le Pen e Melenchon parlano alla pancia recondita di un popolo che per questo potrebbe a sua volta, in modo del tutto irrazionale e contro i propri interessi, interpretare il distacco dall’Europa come una guerra di liberazione: il grande riscatto nazionale dopo la fine della Grandeur travolta dalle macerie del Muro di Berlino e dalla riunificazione tedesca.

Naturalmente c’è anche l'altra Francia, dei Macron, Hamon e Fillon, che vede in Brexit non l’esempio da emulare ma lo strappo in grado di ricostruire un’Europa più forte, riformata e coesa, a misura delle attuali sfide globali. La loro però è una Francia molto divisa: per questo può a sua volta creare un grosso rischio per la tenuta della stabilità europea, favorendo con le sue fratture la vittoria dei propri nemici giurati.

Quando oltre 30 anni fa Mitterrand decise di abbandonare gli schemi europei per giocare una partita solitaria e disastrosa, il mondo era spaccato in due blocchi, l’Europa immobile e afflitta da euro-sclerosi ma ancora poco interdipendente al suo interno. Con la sua sbandata il presidente fece dunque più male a se stesso e al suo Paese che al resto del club. Solo dopo divenne l’ardente europeista che con il tedesco Helmut Kohl realizzò l’incredibile: mercato unico, euro e Schengen.

Il mondo di oggi è molto diverso, gli equilibri globali spezzati, le crisi regionali proliferano, l’instabilità alle frontiere alimenta insicurezze, immigrazione incontrollata e terrorismo, l’interdipendenza europea è cresciuta a dismisura: nessun Paese Ue può risolvere i suoi problemi da solo ma ciascuno può crearne di devastanti a tutti gli altri. Grecia docet.

La Francia può tornare ad essere una grande promessa per la rinascita europea oppure trasformarsi in un micidiale rischio collettivo. Forse non tutti i francesi lo sanno ma il futuro dell’Europa dipende fin troppo da loro.

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