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Le sfide del fisco nell’economia digitale

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LE VIE DELLA CRESCITA

Le sfide del fisco nell’economia digitale

Larga parte dell’economia dei Paesi Ocse è ormai digitale e lo sarà sempre di più. Essa rappresenta adesso circa il 10% del Pil dell’area Ue, in poco tempo sarà il 30-40% del Pil dei paesi avanzati. Facebook ha 2 miliardi di utenti, la Cina 1,4 miliardi di abitanti, l'India 1,3, WhatApp e Youtube più di un miliardo di utilizzatori, Twitter, Amazon e Skype sono vicine al numero di abitanti degli Usa e della Ue. È ormai chiaro che stiamo parlando di veri e propri stati “virtuali”.

L’economia digitale ha tre dimensioni specifiche: a) il commercio elettronico; b) le piattaforme multiparti (multi-sided platform) come Airbnb, Uber, Foodora, Blablacar, ecc. che hanno soppiantato settori economici tradizionali (agenzie di viaggio, catene alberghiere, agenzie immobiliari, trasporti); c) le attività degli over the top (Ott), ovvero i grandi portali web come Google, Facebook, Twitter, Youtube etc. In questo caso, gli utenti accedono gratuitamente al sito web ma in cambio conferiscono ai portali informazioni personali preziose che sono il nuovo valore aggiunto (linfa) dell’economia digitale. Gli Ott riescono a finanziare la costruzione e la gestione dei portali innanzitutto tramite la vendita di pubblicità on line, secondo il numero di contatti. L’attività davvero cruciale dei portali web è però l’utilizzo dei big data, ovvero la profilazione degli utenti e la vendita dei loro dati ad operatori interessati ai contenuti commerciali di questi profili. Quindi al beneficio dell’uso gratuito di un portale per gli utenti corrisponde l’offerta non remunerata di una quantità impressionante di informazioni che è la base dell’economia digitale. Essa ha rivoluzionato il processo di creazione del valore aggiunto (chain value) che adesso ha in larga parte natura immateriale (digitale o virtuale). La forza e la portata della rivoluzione industriale ed economica in atto è ancora largamente incompresa e sottostimata.

L’economia digitale ha implicazioni importanti per la crescita economica e della produttività ma pone sfide evidenti ai sistemi fiscali. La concezione del sistema tributario e la definizione delle basi imponibili vanno completamente ripensate e adattate alla nuova situazione: ad esempio, ha ancora senso il concetto di stabile organizzazione? Vi è un’ovvia e crescente difficoltà a ricondurre a tassazione queste nuove basi imponibili digitali. Abbiamo due rischi: quello di un’evaporazione delle basi imponibili più mobili e quello di una riduzione dell’autonomia degli Stati nel tassare quelle domestiche. Tutto ciò ha, se si vuole enfatizzare, un carattere eversivo per la democrazia.

L’economia digitale nel suo complesso pone ai sistemi tributari diverse questioni. Oltre al commercio elettronico (B2B, B2C) e alla riscossione dell’Iva nel luogo di consumo finale del bene, c’è la tassazione delle piattaforme multi parti. Qui vi sono due dimensioni rilevanti: a) la base imponibile (reddito) che deriva dall’offerta di nuovi servizi tramite le piattaforme (ad esempio, le entrate derivanti dall’affitto di appartamenti, o quelle dai servizi di trasporto privato con auto etc); b) la tassazione dei ricavi ottenuti dalle stesse piattaforme. Una possibile soluzione può essere l’introduzione di forme di ritenuta alla fonte sui ricavi delle diverse piattaforme digitali (una Airbnb tax, una Uber tax etc) anche se l’applicazione sul piano operativo non è scontata e semplice.

Nel caso dei portali web, una web tax (bit tax) “pura” sembra difficile sul piano tecnico e politico (si veda la recente rivolta in Ungheria). Perciò si può pensare a forme di misurazione (contatori digitali) che rendano possibile il rilevamento statistico del numero di utenti, la natura e l’intensità dei contatti – sono questi sono i parametri chiave che determinano i ricavi dei grandi operatori web. Per realizzare tale misurazione è cruciale usare le grandi infrastrutture nazionali di rete che rendono possibile l’accesso al web. Vanno studiati i dettagli tecnici della misurazione, le possibilità di elusione (l’accesso tramite proxies e Vpn), le implicazioni sulla privacy e la delicatezza di conservare archivi digitali di questa natura e dimensione. Si tratterebbe di definire uno “studio di settore” per l’economia digitale, dove le differenti forme di utilizzo degli utenti (click) possano essere trasformate in parametri precisi per definire classi di ricavi delle varie imprese sul piano nazionale. Vi sono anche altre proposte: usare il settore bancario per applicare forme di prelievo nel momento del pagamento, oppure l’introduzione di un prelievo compensativo (equalization levy, come in India) per garantire identità di trattamento tra operatori domestici ed esteri. La ricerca delle nuove basi imponibili e la definizione di un fisco digitale è appena cominciata e sarà cruciale per il futuro dei sistemi fiscali.

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