Si sta muovendo l’asse delle politiche sull’energia e sul clima del mondo. Non sembra più l’Europa la bussola che suggerisce la via al resto del mondo. La rotta delle politiche sull’energia e sul clima pare indicata da quella Cina che fino a qualche anno fa era la fabbrica inquinatrice del mondo. E c’è un condensarsi di avvenimenti e di idee attorno alle strategie. Con il G7 l’Italia potrebbe essere il catalizzatore che aiuta a indirizzare gli intenti verso l’obiettivo. Potrebbe: modo condizionale, tempo presente. Potrebbe. Dopo il G7 Energia di Roma, fra un mese a Bologna ci sarà il G7 Ambiente.
Riassunto delle ultime puntate. Secondo le nuove rilevazioni, nell’aria l’anidride carbonica è arrivata allo 0,04% (in aprile era stimata allo 0,04091%) contro lo 0,031 degli anni ’70. Il clima si scalda, anche se meno del previsto.
L’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha tenuto a Milano un lungo intervento appassionato sull’importanza delle politiche a tutela del clima, politiche che egli stesso in due mandati non ha adottato, come già era avvenuto anche nel ’99 a Bill Clinton con il Protocollo di Kyoto bocciato dal Senato.
A Washington il presidente Donald Trump ha rafforzato le scelte a favore dello sfruttamento delle risorse energetiche fossili nazionali, come carbone, petrolio e metano.
Il segretario di Stato, Rex Tillerson, al vertice di ExxonMobil fino a cinque mesi fa, giovedì al contrario ha ribadito un impegno forte a tutela del clima e dell’Artico, aggiungendo nebbia sulla posizione ondivaga degli Usa.
A Washington ha sfilato una manifestazione di protesta degli ambientalisti, con una presenza rilevante di scienziati.
A Parigi il presidente Emmanuel Macron — ancora risuonavano le note della Marsigliese per l’elezione — ha invitato gli scienziati statunitensi del clima a rifugiarsi nella più accogliente Francia.
A Pechino Xi Jinping ha sollecitato Trump a sostenere gli impegni dell’Accordo di Parigi del dicembre 2015 sul clima, e può parlare da un Pil pro capite inferiore di 5 volte a quello Usa con investimenti 2015 nelle rinnovabili doppi rispetto agli Usa.
Fino al 18 maggio a Bonn i negoziatori internazionali cercheranno di fissare le regole applicative dell’Accordo di Parigi del dicembre 2015, che prevedeva un impegno condiviso di tutto il mondo per ridurre le emissioni di anidride carbonica accusate di cambiare il clima dell’intero pianeta.
Su scala nazionale, i ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente (Carlo Calenda e Gian Luca Galletti) hanno presentato la Strategia energetica nazionale, riedizione del documento congiunto che fu presentato una prima volta nel marzo 2013 dagli allora ministri Corrado Passera e Corrado Clini. La nuova strategia italiana dice di ridurre le emissioni di anidride carbonica, di abbandonare l’uso del carbone (oggi concentrato soprattutto in due grandi centrali dell’Enel, cioè Civitavecchia e Brindisi), di ricorrere a una migliore efficienza energetica e a più fonti rinnovabili di energia.
Qui finisce il riassunto dei principali avvenimenti dei giorni scorsi sul clima del mondo.
Il problema è che per ridurre le emissioni di anidride carbonica bisogna ridurre la disponibilità di energia. Oppure bisogna produrre energia in modo differente.
Con le tecnologie oggi disponibili, ciò potrebbe penalizzare il benessere di quella larga parte del mondo che è appena uscita dalla miseria nera, quei miliardi di esseri umani che finalmente non soffrono più la fame. In alternativa, l’onere di pagare la riduzione delle emissioni potrebbe essere fatto gravare sulle sole economie industrializzate. L’Accordo di Parigi non dice come raggiungere l’obiettivo climatico senza impoverire le economie emergenti o quelle industrializzate.
Quali strumenti allo studio? Quello in apparenza più verosimile è una carbon tax mondiale, un prezzo del carbonio, che riduca le distorsioni fra i diversi Paesi. Una carbon tax può essere per esempio l’accisa sui carburanti che noi paghiamo già in misura pesante e che altrove è sconosciuta.
L’altro strumento potrebbe arrivare da una svolta sorprendente sulle tecnologie energetiche. I cinesi con la Global energy interconnection, un sistema per trasportare l’elettricità a lunga distanza che pare rivoluzionario, oppure uno sviluppo inatteso della fusione fredda, tutt’altro che fantasioso, potrebbero essere esempi interessanti di cambiamento di scenario. Potrebbero, modo condizionale.
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