Lo stallo sulla vendita dei diritti tv della Serie A mette a repentaglio l’equilibrio economico di tutto il calcio italiano Spa. Anche le serie minori, infatti, attraverso il complicato (e criticato) meccanismo della mutualità, dipende dalle entrate televisive. Dal 2000 a oggi gli introiti annuali assicurati dai broadcaster sono saliti da circa 500 milioni a 1,2 miliardi. Una crescita del 140% che ha annebbiato le strategie dei padroni del football tricolore, troppo impegnati a litigare per spartirsi queste risorse per preoccuparsi dello sviluppo industriale del settore. A parte qualche isola felice (come la Juventus) in questi anni sono mancati investimenti sugli stadi, sulle reti commerciali, sui canali digitali, sui prodotti collettivi rendendo il calcio italiano sempre meno appetibile. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: mentre la Serie A arranca, la Premier League incassa 3,6 miliardi all’anno, la Liga spagnola 1,7 e la Bundesliga 1,4 miliardi.
Certo, lo spettacolo televisivo offerto dai 20 team della Penisola per la Serie A non è ancora del tutto scredidato, ma senza politiche industriali adeguate sarà difficile “estrarre” questo valore e farlo rendere al meglio. Anche realizzando un canale Tv della Lega. Il contenitore è l’ultimo dei problemi se non c’è un contenuto all’altezza. Su questo però Urbano Cairo, presidente del Torino, ma anche di Rcs e dell’emittente televisiva La7, ha voluto dire la sua con decisione, dopo il flop dell’asta: «O individuiamo una nuovo sistema di vendita o ci facciamo un nostro canale. E comunque un dato è certo: il calcio italiano vale molto di più. Non solo di quello che è stato offerto, anche di quello che prendevamo».
Fatto sta che né Mediaset (che pure ha contestato il bando all’Antitrust), né Tim (che da parte sua aveva fatto intendere già da un paio di settimane almeno che a queste condizioni non avrebbe offerto ritenendo pacchetti inadeguati al costo) hanno presentato offerte per alcuno dei pacchetti messi a bando per la Serie A. Anche Discovery (con la sua Eurosport) è rimasta alla finestra. A presentare offerte per la massima serie sono stati solo Sky e Perform, sports media company globale con sede in Uk che nel 2015 ha fondato una piattaforma di live sports streaming denominata “Dazn”. Come da bando, si sapeva che se anche solo un pacchetto fosse andato invenduto l’asta sarebbe potuta andare a monte. Così è stato. Ma è importante rilevare che Sky ha sì puntato sul pacchetto satellitare (30 milioni in più rispetto alla base d’asta), ma sul D (27% della tifoseria) ha precisato che il valore non poteva essere quello richiesto (400 milioni), presentando un’offerta ampiamente sotto soglia. Per quanto riguarda Perform, sui pacchetti C1 e C2 ha offerto un quarto del valore richiesto da Lega e Infront.
Due segnali che fanno capire che, a queste condizioni, il calcio italiano non è poi ritenuto così profittevole lato broadcaster. Si vedrà. È chiaro del resto che è in atto una partita che un impatto non potrà non averlo come dimostra il botta e risposta a caldo sabato: Sky è intervenuta subito in maniera abbastanza critica dopo le esternazioni dell’ad Infront Luigi De Siervo, che si era detto non preoccupato anche perché «la situazione complessa di Vivendi, Telecom e Mediaset a un certo punto arriverà a maturazione e al colosso Sky si contraporrà quello Vivendi-Mediaset-Telecom». Parole che per la media company di casa Murdoch segnalano una volontà di attendere che si arrivi a «un ipotetico nuovo assetto solo per contrastare la nostra azienda».
Lega e l’advisor (cinese) Infront hanno intanto deciso ieri di avviare il percorso di vendita dei diritti della Serie A all’estero. Non si farà più un’asta generale, ma si darà luogo ad aste per territori omogenei per elevare i ritorni dai 187 milioni di media annuale versati da Mp&Silva per lo scorso triennio a 3-400 milioni, facendo leva sul boom del mercato calcistico asiatico e nordamericano. Resta il fallimento dell’asta dello scorso weekend in territorio italico cui ha di certo contribuito non solo la crisi sistemica del calcio, ma anche la peculiare situazione della pay tv in Italia, fra abbonati che non crescono (anche perché uno degli attori, Mediaset Premium, non se l’è vista proprio bene negli ultimi tempi) e grande lotta fra broadcaster con un nuovo entrante, Vivendi, sui cui da quasi un anno si concentrano interrogativi sulle reali intenzioni. Una schiarita sulle dinamiche industriali in corso tra broadcaster, telco e le cosiddette “over the top” potrebbe venire dall’assegnazione dei diritti italiani della Champions e dell’Europa League per la quali ieri la Uefa ha chiuso l’asta. Quantomeno si capiranno le munizioni che rimarranno ai broadcaster per la battaglia sulla Serie A, quando si riaprirà. Al momento non sono stati resi noti né i partecipanti né tantomeno i vincitori. Unica indiscrezione che circola: alla Uefa sarebbe arrivata un’offerta monstre per la Champions. Indiziati Sky, Mediaset, ma anche Vivendi. Discovery dovrebbe aver puntato sull’Europa League.
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