Oggi si svolge il secondo turno delle elezioni legislative francesi, ma ancora prima di conoscerne i risultati è cominciata una riflessione critica sul sistema elettorale. Niente di nuovo sotto il sole. Sarkozy in un passato più lontano, Hollande più recentemente avevano già parlato della necessità di correggere un sistema che penalizza pesantemente i partiti più piccoli e soprattutto quelli più estremi. Ma alle parole non sono mai seguiti i fatti. E così nelle elezioni legislative del 2012 si è visto il Front National prendere il 13,6% dei voti al primo turno e soltanto due seggi. Sondaggi e proiezioni ci dicono che anche questa volta andrà più o meno così.
Nei mesi scorsi, lo stesso Macron ha sollevato il problema e il suo primo ministro ha ripetuto questa settimana che all’inizio del prossimo anno si farà la riforma elettorale. E insieme ad essa molto probabilmente verrà proposta anche la riduzione del numero dei deputati da 577 a 400. D’altronde in queste elezioni potremmo assistere a una tale distorsione della rappresentanza, che anche un dispropozionalista convinto come il sottoscritto avrebbe qualche dubbio a sostenere la tesi che il sistema non vada in parte corretto per ristabilire un equilibrio più giusto tra ricerca della governabilità e della stabilità e diritto alla rappresentanza per le minoranze.
Come si vede nel grafico in pagina, le proiezioni danno alla coalizione di Macron un numero di seggi oscillante tra i 400 e i 455. Se si dovesse effettivamente verificare un risultato simile saremmo di fronte a un premio di maggioranza di oltre 40 punti percentuali. Infatti i seggi stimati rappresentano una quota compresa tra il 70 e il 75%, a fronte di una percentuale di voti al primo turno pari al 32,3. Mai nella storia della Quinta Repubblica si è verificata una simile disproporzionalità a favore di un singolo partito. Nemmeno nel 1993, quando la coalizione di centro-destra arrivò a ottenere l’84% dei seggi. Ma aspettiamo questa sera per trarre conclusioni certe. Al momento limitiamoci a registrare quali sono i termini del dibattito sulla correzione dell’attuale sistema elettorale.
I 577 seggi dell’Assemblea nazionale sono assegnati in altrettanti collegi uninominali maggioritari. Se un candidato raggiunge la maggioranza assoluta dei voti al primo turno è eletto. Se nessuno arriva a questa soglia i candidati che hanno ottenuto un livello di consenso pari al 12,5% degli aventi diritto accedono al secondo turno. Il più votato conquista il seggio. Ci sono pochi dubbi che la riforma non modificherà la sostanza di questo sistema che, insieme alla elezione presidenziale, ha assicurato alla Francia una invidiabile stabilità, anche in tempi come questi, di crisi dei partiti e di grande volatilità elettorale.
Senza il maggioritario a due turni delle legislative, e senza il ballottaggio delle presidenziali, non ci sarebbe il fenomeno Macron e la Francia assomiglierebbe molto all’Italia con cui condivide un livello elevato di frammentazione partitica e di polarizzazione ideologica.
Questa è la differenza sostanziale tra Macron e Renzi. Il primo ha potuto sfruttare un sistema istituzionale efficiente. Il secondo no. Renzi ha provato a dotare se stesso e l’Italia di un sistema più efficiente, ma non ce l’ha fatta. E così noi siamo nel pantano. La Francia no.
Se la riforma a Parigi si farà, molto probabilmente comporterà l’introduzione di una quota di proporzionale dentro l’attuale sistema. Una specie di mattarellum italiano. Con due differenze significative: il mattarellum aveva una quota del 25% di proporzionale, probabilmente troppo alta per i francesi, e prevedeva l’elezione dei candidati nei collegi in un turno solo. I francesi non rinunceranno - giustamente – al secondo voto. Cosa potrebbe succedere con una iniezione di proporzionale si vede bene nelle simulazioni riportate nei grafici in pagina.
Le simulazioni sono due e utilizzano i dati del primo turno delle legislative di questo anno. Nel primo caso si ipotizza l’introduzione di una proporzionale integrale. Il risultato sarebbe una situazione italiana. Macron avrebbe 163 seggi. Per arrivare alla maggioranza di 289 dovrebbe allearsi con i Repubblicani, insieme al suo attuale alleato MoDem. Uno scenario da grande coalizione. Molto simile a quello che potrebbe succedere da noi alle prossime elezioni, con Berlusconi al posto dei Repubblicani. L’alternativa sarebbe una impossibile grande ammucchiata da Melenchon a Bayrou passando per Hamon. Insomma, la Francia come l’Italia.
Il secondo scenario prevede l’iniezione di una quota del 25% di proporzionale. In questo caso Macron conserverebbe la maggioranza assoluta dei seggi, anche senza MoDem. A beneficiare del cambiamento sarebbe soprattutto il Front National che otterrebbe 26 seggi mentre questa sera potrebbe averne meno di 10. In questo scenario quindi la modifica del sistema di voto non metterebbe a rischio la formazione di una chiara maggioranza di governo.
Occorre tener conto però che queste elezioni sono eccezionali. Difficile immaginare la ripetizione di una performance come quella del movimento di Macron. Per questo è probabile che la riforma si limiterà a introdurre una quota minore di proporzionale. E tutto ciò senza che i giudici, come invece è avvenuto e avviene in Italia, interferiscano.
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