Commenti

Dossier La progressività resta cruciale

  • Abbonati
  • Accedi
    Dossier | N. 19 articoliFlat tax

    La progressività resta cruciale

    Da una condivisibile critica al sistema tributario italiano Nicola Rossi, in un articolo pubblicato su questo giornale (25 giugno) fa discendere la proposta di istituire in Italia la flax tax che servirebbe a migliorare il sistema fiscale e a rendere più giusta la tassazione delle persone fisiche.

    Queste le premesse. «Il sistema fiscale italiano costituisce un freno non più sostenibile per l’economia italiana, per la sua straordinaria complessità, per il suo peso eccessivo, per la strutturale inefficienza e per la sua limitata proposta distributiva». Dalle critiche al sistema che si possono condividere, non mi pare discenda l’indicazione di una tassazione ad aliquota unica. Rossi si preoccupa di delineare i profili tecnici di tale imposta che mi pare ragionevole. Ma il problema non è di tecnica legislativa. Il problema è di carattere costituzionale e attiene al principio di progressività che alcuni Paesi hanno codificato (Italia e Spagna) mentre altri lo hanno ricavato dal principio della parità di trattamento (Francia e Germania).

    Anche noi abbiamo criticato il sistema vigente. «Le cose fiscali in Italia non vanno bene: l’evasione e la eccessiva elevatezza delle aliquote e, per quelli che pagano, sono i due profili contraddittori di una realtà che va messa in ordine». Ma dalla critiche al sistema non abbiamo dedotto che, dunque, bisogna superare il principio di progressività. Certo non è sufficiente una progressività puramente formale. Il disegno in vigore di aliquote, deduzioni, detrazioni deve perseguire lo scopo di una tassazione equa e sopportabile. Una tassazione è insopportabile sia quando diventa causa di propensione all’evasione sia quando neutralizza l’interesse della produzione di un maggiore reddito. Ma la progressività va conservata e migliorata soprattutto per il rispetto della parità di trattamento: un reddituario che ha 10 non si può dire che abbia la stessa forza economica di chi ha 100 e ciò per il principio economico della utilità marginale.

    I meno abbienti devono essere ragionevolmente più avvantaggiati dall’imposta rispetto alle persone più ricche.

    Ma c’è un argomento forte che si oppone alla introduzione di una flat tax: non esiste in nessun Paese del mondo, né viene proposta in termini persuasivi se non in Italia per ragioni elettorali da parte della Lega. La progressività è principio indiscusso in tutta l’Europa e in America?

    Certo la proposta è allettante per i grandi reddituari ma allora non si venga a parlare di poveri.

    Ma poi non si può pensare a una flat tax con la situazione economica che ci troviamo. L’inadeguatezza della proposta è dimostrata dalla valutazione dell’aliquota che tale imposta dovrebbe avere (35%, 40%) se volesse mantenere i conti in ordine; due aliquote che oltre che discutibili in se sarebbero fortemente punitive per i piccoli reddituari.

    Una flat tax non fa i conti con la realtà. Con i dati del bilancio italiano; con la parità di trattamento; con la scelta fatta in tutti i Paesi d’Europa. E soprattutto non fa i conti con una classe politica che non si pone il problema della politica fiscale e che è la meno adatta a introdurre una riforma che richiede chiarezza di idee non solo nel campo fiscale ma in tutti i settori della vita da quelli economici a quelli sociali.

    Tutte le persone di buon senso vogliono una tassazione che incentivi a produrre, che sia sopportabile e che crei anche sotto questo profilo le basi di una società bene organizzata e dove l’evasione non sia una rendita aggiuntiva che falsa la concorrenza nel mercato. In uno Stato democratico che voglia continuare a riposare sulla proprietà privata, sulla libertà economica e sulla libertà politica e quindi non voglia ricorrere ad altri criteri incompatibili con quella libertà il problema fiscale non è soltanto tecnico, ma è un problema politico e morale, perché si tratta di dare a ciascuno il suo e di creare le basi di una società onesta nella quale la selezione avvenga secondo il criterio del merito e non secondo la maggiore capacità di procurarsi, complici leggi mal fatte, una rendita fiscale. Chi conosce la storia sa che alla progressività come tale non corrisponde nessun assetto politico sociale determinato per cui oggi sia consentito di demonizzarla con sbrigative analisi storiche che solo in Italia sembrano trovare credito.

    Una guerra di tutti contro tutti in nome del fisco farebbe fare al nostro Paese un passo indietro di decenni. Una imposta unica con aliquota del 25% può esistere solo nella mente di persone non attente (come ci aspetteremmo) alla realtà. La stravaganza dell’accoglimento per l’Italia è dimostrata dal fatto che essa non esiste in nessuna delle indicazioni finora fatte nella prospettiva dell’armonizzazione per l’Europa.

    © Riproduzione riservata