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Dossier Un contributo per fare ripartire i consumi

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    Dossier | N. 19 articoliFlat tax

    Un contributo per fare ripartire i consumi

    In tempi non sospetti, con Matteo Salvini, abbiamo lanciato la Flat Tax al 15% con uno studio dettagliato, supportato anche dal più autorevole esperto mondiale sull’argomento, il professor Alvin Rabushka.

    Il tema è stato sdoganato nel dibattito politico e la nostra proposta è stata dapprima ignorata, poi combattuta e infine condivisa da diversi ambienti che, come nel caso di Forza Italia, già in passato avevano provato a imporre l’argomento, ma senza successo.

    Ora stiamo assistendo alla diversificazione dell’offerta fiscale da parte di forze politiche e ambienti accademici a vario livello. I distinguo cominciano a farsi spazio e la percentuale dell’aliquota unica è diventata la terra di conquista che fonda la sua discriminante sulla sostenibilità economica del progetto.

    Così, se Salvini lancia l’aliquota unica famigliare al 15%, è facile dire che non è sostenibile o che è troppo bassa. Bisognerebbe però entrare nel merito, se si fosse davvero in buona fede e non si volesse solo fare marketing di prodotto.

    Se assumiamo come base di riferimento coloro che oggi pagano il 43% d’imposta diretta di sicuro può sembrare uno sconto fin eccessivo. Questa è considerata la platea di contribuenti più “ricca” e stiamo parlando di circa 300 mila italiani su 40 milioni di contribuenti (0,75%). Poi ci sono tutti gli altri.

    L’attuale sistema prevede già un’aliquota minima al 23% e la tassazione effettiva diretta per questa fascia di reddito e quella successiva (27%) si attesta tra il 5,9% e il 15,13% per effetto delle varie detrazioni e deduzioni in vigore. Sostenere un’aliquota unica per tutti al 23%, come propone Forza Italia, o al 25% come sostiene l’Istituto Bruno Leoni, significa escludere dal vantaggio fiscale più di 20 milioni di contribuenti.

    Non basta prevedere una “no tax area”, come propone Forza Italia, a 12mila euro per scongiurare profili di incostituzionalità (l’art. 53 Cost. impone criteri di progressività) o assicurare effettivo ristoro fiscale a tutti i contribuenti. La maggior parte rischierebbe di pagare di più, nonostante una deduzione ampia come prevede la proposta a 7mila euro presentata dal prof. Nicola Rossi dell’Istituto Bruno Leoni.

    Occorre poi ricordare che la Flat Tax non è solo un provvedimento di giustizia fiscale, ma un’iniziativa fondamentale per far ripartire i consumi e uscire dalla stagnazione in cui ci troviamo da quasi 10 anni. L’obiettivo è che milioni di contribuenti – in particolare le fasce medie che riversano in consumi le disponibilità economiche aggiuntive – si trovino più soldi in tasca da spendere per stimolare la produzione e quindi nuova occupazione.

    È vero, come ha affermato Berlusconi, che il lavoro si crea se le imprese possono investire, ma ancora prima lo si crea se riparte la domanda interna, altrimenti si rischia l’effetto Jobs Act.

    Il contributo di coloro che si battono per l’introduzione della Flat Tax in Italia è prezioso e fondamentale. È importante però lavorare sull’obiettivo comune, che preveda al contempo giustizia sociale e l’esigenza di dare un forte impulso ai consumi.

    La nostra proposta di Flat Tax al 15% con deduzioni fisse a 3mila euro sulla base di due scaglioni di reddito famigliare (come già trattata dal sottoscritto sulle pagine di questo giornale lo scorso 15 maggio) è il risultato di uno studio che concilia le esigenze di finanza pubblica con il massimo ristoro possibile per i contribuenti di tutte le fasce di reddito, a partire da quelle più basse.

    Si potrebbe discutere di aumentare l’aliquota, ma si dovrebbero modulare le deduzioni a scapito della semplificazione, che è un caposaldo della nostra riforma assieme all’abolizione dell’onere di inversione della prova e la pacificazione fiscale sul pregresso.

    La disponibilità al confronto è totale, però occorre essere d’accordo sulla finalità: stimolare la risposta immunitaria del sistema economico fino ad oggi tenuto ai minimi vitali da interventi solo sintomatici. I consumi ripartono e con essi la produzione e il lavoro, solo se nelle tasche della maggior parte dei contribuenti ci saranno maggiori risorse che consentano a ciascuno di progettare un futuro di rinnovata prosperità.

    (Armando Siri è consigliere economico di Matteo Salvini)

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